-  Miceli Carmelo  -  22/02/2015

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: LIBERA CIRCOLAZIONE DI SAPERE- Ad Plen. 1/2015- C. MICELI

- Accesso università

- Test di ingresso per medicina

- Libera circolazione di studenti

La sentenza posta alla vostra attenzione sviluppa considerazioni degne di rilievo in materia di istruzione, nella nuova dialettica tra autorità del potere e libertà dell'individuo, sulla cui sintesi si muove l'ultima frontiera del diritto amministrativo.

L' Adunanza plenaria, nella spiegazione del suo ruolo nomofilattico, nell'iter motivazionale pone in essere linee argomentative, che si confrontano con la contemporaneità del diritto pubblico, la cui misura è data dall'in fieri dell'integrazione del diritto nazionale con il diritto dell'unione. Cosicchè i modi dell'agire autoritativo conoscono più stringenti limiti, generati dalla sostanza garantistica (per dirla con Benvenuti) che connota la posizione del soggetto che con il potere dialoga. La manifestazione della funzione pubblica, la forza delle cose, le esigenze che si adunano aldilà dei confini territoriali, hanno ormai superato quello spazio vuoto di diritto in cui si muoveva, come ricordava Cammeo, l'intuito dei buoni funzionari. Nel passaggio dall'amministrazione d'ordine (ove principale garanzia del cittadino era la coscienza e la religione dell'uomo apparato) all'amministrazione di prestazioni, il diritto pubblico soggettivo secondo l'accezione di Jellinek oggi restituita a miglior vita, non deve più soffrire di tutele dimezzate. Semmai, si nutre di confronti di utilità, su scala internazionale, che hanno consentito l'abbandono del "mito dai piedi di argilla dinnanzi a cui, anche chi ne sia largamente provvisto, rinuncia di solito di ricorrere alla ragione".

Andiamo adesso a fotografare da vicino i passi salienti della decisione in commento, rinviando, anche per la disamina delle preliminari questioni di rito, all'interessante lettura del testo allegato.

La fattispecie riguarda la richiesta di quegli studenti che, iscritti in corsi di laurea di medicina presso università straniere, hanno chiesto il trasferimento, con riconoscimento delle carriere e la iscrizione ad anni di corso successivi al primo, presso atenei italiani. A ciò deve aggiungersi che essi non si erano sottoposti ai tests di accesso, che non di rado riempiono le italiche cronache quotidiane, sui sogni di ingresso in medicina di giovani appena diplomati.

Il Supremo Consesso ritiene come debba essere rimodulato l'orientamento tradizionale, in base al quale la programmazione a livello nazionale degli "accessi" non opererebbe distinzioni fra il primo anno di corso e gli anni successivi, con il risultato che, a siffatta stregua, il rilascio di nulla osta al trasferimento da atenei stranieri richiederebbe comunque il previo superamento della prova nazionale di ammissione.

Invero l'Adunanza Plenaria, con una approfondita interpretazione letterale e sistematica del quadro normativo interno e comunitario, evidenzia la necessità di superamento di tale indirizzo restrittivo, svuotando anche quella preoccupazione di evitare condotte elusive, che curava gli allarmi nazionali con la rigidità dei tests di ingresso.

Il revirement della sentenza in questione riposa, a ben vedere, su solide premesse che permettono la distribuzione di risorse ed energie nel quadro comunitario, evitando paradossi allocativi che ricordano vagamente il teorema del "secchio bucato" di Okun.

Il tenore degli artt. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264e 6 del D.M. n. 270/2004 induce a concludere come le prove preselettive in discussione siano rivolte ai diplomati, da iniziareagli studi universitarii, in un logico continuum temporale, al fine di verificare la sussistenza in essi di requisiti di cultura pre-universitaria. Mentre per quelli già inseriti nel sistema (e quindi già iscritti ad università italiane o straniere) non si tratta più di cogliere l'esistenza di una predisposizione di tal fatta, "quanto piuttosto, semmai, di valutarne l'impegno complessivo di apprendimento ( v. art. 5 del D.M. n. 270/2004 ) dimostrato dallo studente con l'acquisizione dei crediti corrispondenti alle attività formative compiute" (a dire dell'Adunanza, in questa logica si inscrivono i commi 8 e 9 dell'art. 3 del D.M. 16 marzo 2007, i quali sottolineano, in sede di trasferimento di studenti da un'università ad un'altra, il riconoscimento di crediti già maturati dallo studente, "secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea magistrale di destinazione").

L'interpretazione spiegata dal Supremo Consesso, si pone inoltre in armonia con i dettati fondamentali del diritto dell'Unione. Al riguardo, va rammentato il prioritario principio di libertà di circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati comunitarii(art. 21 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), che trova uno dei suoi maggiori campi elettivi proprio nell'istruzione,in uno dei pensieri animatori del Trattato stesso, per"favorire la mobilità degli studenti ..., promuovendo tra l'altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio".

L'Ad. Plen., inoltre, ci ricorda come la stessa Corte di Giustizia sostenga tale tesi, con la sentenza 13 aprile 2010, n. 73 resa nel procedimento C-73/08, affermando che, "se è pur vero che il diritto comunitario non arreca pregiudizio alla competenza degli Stati membri per quanto riguarda l'organizzazione dei loro sistemi di istruzione e di formazione professionale - in virtù degli artt. 165, n. 1, TFUE, e 166, n. 1, TFUE -, resta il fatto, tuttavia, che, nell'esercizio di tale potere, gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario, in particolare le disposizioni relative alla libera circolazione e al libero soggiorno sul territorio degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze 11 settembre 2007, causa C-76/05, Schwarz e Gootjes-Schwarz, Racc. pag. I-6849, punto 70, nonché 23 ottobre 2007, cause riunite C-11/06 e C-12/06, Morgan e Bucher, Racc. pag. I-9161, punto 24)".

Significative si appalesano, altresì, le riflessioni sviluppate nella parte finale della sent. n 1/2015, con cui viene risolto il problema "elusione", cui era legato, come detto sopra, l'indirizzo restrittivo per la larga applicazione dei tests di ingresso in medicina. Con una lezione di politica sociale (si ripropone volutamente, uno dei maggiori titoli del compianto Einaudi), si rimarca come i problemi non possano ripianarsi"con la creazione di percorsi ad ostacoli volti ad inibire la regolare fruizione di diritti riconosciuti dall'ordinamento", ma predisponendo e realizzando un puntuale e serio controllo, rimesso alla regolamentazione degli Atenei, sull'iter formativo dello studente che chieda il trasferimento provenendo da altro Ateneo; controllo che guardi agli esami sostenuti, agli studii intrapresi, alla qualità delle esperienze applicative.

Siamo alla conclusione, ma prima di lasciarvi (e nella speranza che voi non abbiate già lasciato questo scritto) lanciamo in ordine sparso considerazioni legate al tema trattato. Nella modernità liquida che viviamo, come attenzionato da grandi scrittori, l'individuo ha sostituito il cittadino, che pure chiede più sfera pubblica. Ma le ragioni e gli effetti dell'intervento pubblico non devono transitare mediante ingessate regole burocratiche, prive di confronti di utilità. Lo spazio vuoto di diritto come osservato in dottrina (A. Romano Tassone) è divenuto il complesso di relazioni oggettivanti, razionali e riproducibili, in cui la partecipazione legittima della persona è costitutiva dell'organizzazione amministrativa. Il comando unilaterale cede il passo alla effettiva dignità di chi chiede o si oppone al potere pubblico: ed è questa la parola chiave che deve guidare il marmo della legge nell'esperienza del caso concreto, poiché, come ci ricorda la Suprema Corte Canadese, fine della garanzia d'uguaglianza è la promozione della dignità umana. E sono proprio le esigenze di piena tutela di tale valore omerico (nelle sue varie proiezioni, nell'imprenditoria come nell'istruzione) che presidiano le predisposizioni di regole omogenee e uniformi in ambito internazionale, cosicchè l'uomo nelle aree private e istituzionali possa poter agire, prevedere e controllare senza cadere in isolate trincee d'apparato. Non voglio tediarvi sul miglioramento del benessere sociale alla luce di una ritrovata funzione benthaniana o rawlsiana, né spingere ancora sul senso della metafora per ritrovare la nostra Itaca oltre la nebbia dell'agire pubblico: è tutta una questione di effettività, per evitare parole piene di vento...il resto è solo conversazione.




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