-  Anceschi Alessio  -  14/01/2016

QUANDO I SERVIZI SOCIALI RAPISCONO I MINORI - Alessio ANCESCHI

Il 23 dicembre le luci brillavano nelle strade, la gente correva forsennata a comprare gli ultimi regali. Le favole e le storie di Natale riempivano i palinsesti televisivi. Ma tra tutte le storie di Natale alla sig.ra Olga (nome di fantasia) è capitato purtoppo (non di vedere alla televisione ma) di vivere la storia del "pifferaio magico". Sua figlia di 17 anni è uscita di casa per l'ultimo giorno di scuola e non ha più fatto ritorno. 

L'orco cattivo in questo caso non è un mostro orrendo ma niente di meno dei Servizi sociali del distretto di Sassuolo. In tarda mattinata la sig.ra Olga viene chiamata a presentarsi ai servizi sociali dove le viene notificato un provvedimento di allontanamento disposto dagli stessi Servizi sociali ai sensi dell'art. 403 c.c. che dispone il collocamento della figlia presso una comunità protetta in conseguenza di presunti e non meglio precisati "pregiudizi" subiti dalla figlia.

La sig.ra Olga cade letteralmente dalle nuvole e chiede disperata cosa abbia fatto, cosa sia successo. Il collocamento eterofamiliare previsto dall'art. 403 c.c. si applica infatti nei confronti dei minori "in stato di abbandono morale o materiale" oppure allevati in "locali insalubri o pericolosi oppure da persone che per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi, siano incapaci di provvedere all'educazione" del minorenne. 

La sig.ra Olga, benché straniera, risiede in Italia da molti anni ed è ben integrata nel tessuto sociale. Lavora ed ha un buon reddito, vive con la figlia in un bell'appartamento arredato di recente. Non ha mai fatto mancare nulla alla figlia che è fors'anche fin troppo viziata, la quale frequenta regolarmente la scuola superiore. Una famiglia normale quindi.

L'art. 403 c.c., norma oramai residuale del nostro ordinamento a seguito dell'introduzione della legge sulla tutela dei minori del 1983, si applica nei casi in cui l'Autorità abbia conoscenza di minori abbandonati, allevati forse in stalle o bordelli, da prostitute o deficienti. Non è quindi questo certamente il caso.

Peraltro, nessun assistente sociale è mai entrata in casa della sig.ra Olga, nessun assistente sociale, carabiniere o nessun'altro esponente di una Pubblica autorità le ha mai parlato, nessuno le ha mai chiesto nulla. Il provvedimento notificatogli alla previgilia di Natale le cade dal cielo come una stella cometa in mezzo ai denti.

A seguito di reiterate richieste, formulate anche per tramite di un legale, il 28 dicembre i Servizi sociali rispondono che il provvedimento è stato adottato a seguito di una segnalazione proveniente dalla scuola ed un colloquio con la ragazzina, verificatisi ad inizio dicembre, dai quali sarebbero emersi non meglio precisati  "maltrattamenti".

Viene quindi eccepito ai servizi sociali che in caso di maltrattamenti, i provvedimenti di allontanamento dei minori vengono adottati, anche inaudita altera parte, dall'Autorità giudiziaria e non certo dai servizi sociali. Sia che i provvedimenti siano adottati in sede penale, come misure cautelari (artt. 282 bis e 288 c.p.p.) oppure in sede civile ex artt. 330, 333 e 336 c.c., tali procedimenti prevedono sempre che il genitore, ancorché violento, pedofilo o assassino, compaia davanti ad un giudice per poter spiegare le sue ragioni dopo che gli venga contestata l'abuso, la violenza od il pregiudizio subito dal minore.

Questo diritto hanno anche i genitori pedofili e violenti perché il nostro ordinamento dovrebbe essere uno Stato di diritto, dove vige il principio costituzionale del contraddittorio (art. 111 Cost.) e dove viene tutelato il diritto alla salvaguardia dei rapporti parentali (art. 30 Cost. etcc...). Questo diritto hanno tutti tranne la signora Olga, che certamente non ha mai torto un capello alla figlia, nè le ha mai fatto mancare nulla.

Ancora oggi,  a distanza di più di 20 giorni dall'allontanamento della figlia, la sig.ra Olga non sà quali maltrattamenti abbia arrecato alla figliao quali pregiudizi quest'ultima abbia lamentato. Anche la scuola, non glielo dice.

Ma sorgono fin da subito i primi sospetti. Tra la madre e la figlia erano recentemente sorti alcuni contrasti. Nulla di strano o straordinario trattandosi di una giovane adolescente che come molti altri ragazzi della sua età, stà affrontando una fase della vita particolarmente propensa alla ribellione. La madre rimproverava la figlia di abusare dei social network (startphone e computer) dove la figlia avrebbe fatto strane amicizie (tra le quali, in particolare, una giovane maggiorenne disadattata, già seguita dai servizi sociali), isolandosi sempre più dalle sue normali compagnie e divenendo sempre più scontrosa, introversa, disordinata e maleducata.

Ultimamente la madre aveva scoperto che la figlia le raccontava spesso delle bugie, dicendole di essere a casa a studiare mentre in realtà era fuori casa a fare non si sà cosa. Da cui sono scaturiti contrasti che certamente chi ha avuto figli adolescenti o chi adolescente lo è semplicemente stato, ben conosce. Sorge perciò il fondato sospetto che la giovane figlia possa aver raccontato ai Servizi sociali chissà quali falsità, unicamente al fine di sottrarsi all'Autorità materna. Peccato che nessuno abbia ritenuto di sentire previamente la madre, prendendo come oro colato le dichiarazioni della giovane adolescente (supportate poi da cosa ?). Dal che, se fosse così, oltreché illecito, illegittimo ed abusivo, il provvedimento assunto dai Servizi sociali di Sassuolo sarebbe anche profondamente diseducativo.

Ben vengano quindi ai servizi sociali i giovani adolescenti ribelli che abbiano subito un qualche rimprovero dai genitori, accolti con una gran pacca sulla spalla ed un occhiolino. W il diritto a far ciò che ci pare. Chissa se anche il pifferaio magico delle fiabe conduceva i bambini rapiti nel Paese dei balocchi, come hanno fatto i servizi sociali !!

Paese dei balocchi che deve essere lì vicino dalle parti della comunità protetta in cui la giovane è ospitata perché quando è riniziata la scuola dopo le festività natalizie, in più occasioni la giovane (ancora collocata nella strttura protetta) non si è presentata a scuola. Dalla comunità protetta in cui la giovane è ospitata, contro il consenso della madre (espressamente manifestato ai servizi sociali), la giovane accede con molta frequenza ai social network, esattamente come voleva fare ed esattamente come la madre voleva educarla a non fare. Che i servizi sociali siano sponsorizzati da facebook ?

Ma sorgono anche altri sospetti. Se veramente i lamentati pregiudizi erano così gravi (conosciuti ai servizi sociali dal 23 novembre e comunicati alla procura minorile il 9 dicembre) allora perché il provvedimento di allontanamento non è stato adottato prima e semmai, più opportunamente, non dall'Autorità giudiziaria ? Perché quindi proprio a ridosso delle festività natalizie, dove, si sà, tra ponti e festività anche le istituzioni sono praticamente chiuse ? Non sarà che occorra riempire qualche comunità per il tornaconto di qualcuno ? Ma questo possono certamente pensarlo solo i malfidenti.

Alla madre non rimane che fare denuncia per sottrazione di minori e rivolgersi lei stessa al Tribunale per i minorenni per riavere a casa la figlia minore (cosa che forse avrebbero dovuto fare prima, per allontanarvela, i servizi sociali), non potendo far altro che confidare nella Giustizia italiana. 




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