-  Valeria Cianciolo  -  25/07/2016

Quanto possono ferire le ultime volontà del marito defunto? – di Valeria Cianciolo

Tanto. Possono rivelarsi così dolorose da indurre la vedova a chiedere di cancellarle.

E" questo il caso prospettato nella sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 12 febbraio 2015.

Il fatto. A Reggio Emilia la vedova di un aitante signore che in vita evidentemente, si era dato molto da fare, aveva appreso all"apertura del testamento, stilato dal marito tre anni prima della morte, che il congiunto avrebbe voluto al funerale uomini e donne che lo avevano «conosciuto in intimità».

Non era precisato il quando. Ma bastava.

La signora andava su tutte le furie e faceva ricorso in tribunale: necessario eliminare frasi e nomi che tutti avrebbero potuto leggere quando sarebbe diventato pubblico per legge, dando adito a interpretazioni malevole, sospetti, ironie.

Inutilmente. Secondo il collegio dei giudici quelle parole non sono ingiuriose nè calunniose, e nemmeno violano l"intimità della donna e dei terzi.

Cosa c"era scritto nel testamento olografo ? Il notaio ha letto queste parole imbarazzanti: «Voglio che al mio funerale vengano invitate e presenti e in forma più che amichevole fra chi mi ha conosciuto in intimità le seguenti persone», ed ecco un primo elenco con nomi e cognomi di donne e uomini.

Poi un"altra frase: «e per profonda amicizia», e un secondo elenco, di persone di entrambi i sessi.

"Madamina il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio" avrebbe detto il Leporello mozartiano.

Come uscirne?

In base all"articolo 620, ultimo comma, c.c., per giustificati motivi, su istanza di chiunque vi abbia interesse, il tribunale può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellate dal testamento.

Secondo la norma in esame, il legislatore ha inteso ovviare agli inconvenienti che potrebbero derivare da una pubblicazione integrale della scheda testamentaria nella quale il testatore potrebbe (ad esempio per giustificare alcune disposizioni testamentarie, la mancanza di disposizioni o piuttosto per dare espressione ad animosità e rancore) ledere il decoro di determinate persone con frasi calunniose, offensive o ingiuriose.

La norma però non specifica  le caratteristiche delle disposizioni da cancellare, lasciando ampio margine di valutazione e la giurisprudenza si è occupata dell"applicazione di questa norma solo una volta.

In proposito la stessa sentenza ricorda che costituisce una delle rare pronunce, quella della Pretura di Roma del 29 gennaio 1952 in cui viene fatto riferimento a "disposizioni non patrimoniali che contengono divulgazione di fatti di carattere intimo".

Il Giudice riconosce la massima importanza che riveste il principio di rispetto della volontà del testatore, che limita fortemente i poteri d"intervento su quanto dallo stesso espresso.

Proprio tale ultima considerazione, in uno con l"esclusione che le espressioni affidate alla scheda testamentaria integrino offesa al buon costume, è posta alla base del rigetto dell"istanza della donna.

Cerchiamo di capire meglio lo strumento dell"ultimo comma dell"art. 620 c.c., oggetto della sentenza reggina.

Come accennato, tale norma consente a chi sia interessato, e invochi giustificanti motivi, di chiedere al giudice la cancellazione di frasi, recanti disposizioni non patrimoniali, dalla scheda testamentaria e dalle copie redatte successivamente alla sua pubblicazione.

Oggetto di tale istanza, quindi, possono essere, esclusivamente, le disposizioni testamentarie non patrimoniali. Ma non tutte le disposizioni di carattere non patrimoniale possono essere cancellate.

Devono sopravvivere, a prescindere dal contenuto offensivo, quelle che, pur prive di diretta rilevanza patrimoniale, possano determinare l"insorgenza di situazioni o rapporti giuridici. Ad esempio, la nascita di un figlio da una relazione extramatrimoniale.

Questa è una disposizione che non può cancellarsi.

Nella Relazione della Commissione Parlamentare e la Relazione Ministeriale al Re sul testo definitivo del Codice civile si dà rilievo, da un lato, alle "frasi direttamente ingiuriose, calunniose o integranti reato", e, dall"altro, a quelle "espressioni che possono ledere il buon costume".

Altra dottrina amplia il novero delle statuizioni suscettibili di cancellazione dal testamento come le espressioni recanti accuse, ingiurie o apprezzamenti poco rispettosi, ma anche quelle frasi, che possano determinare liti o rancori tra gli aventi causa, o  svelare rapporti intimi e delicati, che si reputa opportuno rimangano riservati, o che ledano il buon costume.

Il giudice dovrà valutare, discrezionale, l"effettivo grado di offesa, o di inopportunità, della disposizione, della quale gli sia stata chiesta la cancellazione, e considerare l"interesse dell"istante, raffrontandolo con quello alla conservazione del testamento nella sua integrità di contenuti e di significato.

Altro problema. Come cancellare le disposizioni ingiuriose? Deve essere effettuata sulla scheda testamentaria originale, oppure sul verbale di pubblicazione?

Non è espresso dalla norma. La norma fa testuale riferimento alla circostanza che i periodi siano "cancellati dal testamento e omessi nelle copie che ne fossero richieste". Ciò sembrerebbe deporre per il la cancellazione dal testamento, dovendosi così andare ad intervenire, direttamente, sul documento testamentario.

In soccorso viene anche il comma 3 dell"art. 620 c.c. che impone che il verbale di pubblicazione riproduca il contenuto del testamento: ciò determina che l"opera di espunzione dovrà essere riprodotta anche sul verbale redatto dal notaio




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