-  Anceschi Alessio  -  07/03/2016

QUELLI CHE ... RIDETERMINANO UNILATERALMENTE IL PREZZO DOPO LA VENDITA ... - Trib. Modena 24.2.2015 - Alessio ANCESCHI

Nel giugno 2005 la società xxx stipula un contratto di fornitura di latte con il caseificio yyy per ottenere la fornitura di latte ad un presso unitario predeterminato dal contratto scritto, con pagamento mensile a fine mese.

A partire dal giugno 2008 le fatture del caseificio yyy presentano una modificazione al rialzo del prezzo unitario di fornitura del latte. 

Tra le fatture che risulterebbero emesse nell"anno 2008 ve ne sarebbe una, rimasta impagata, del luglio 2008 (emessa, diversamente da tutte le altre a metà piuttosto che alla fine del mese) in cui viene richiesto il pagamento della maggiorazione del prezzo (effettivamente applicato dal giugno 2008) con effetto retroattivo e precisamente dal gennaio 2007 al maggio 2008. 

(Solo) ai primi del 2009 il caseificio yyy sollecita il pagamento di detta fattura rimasta impagata e poi adisce l"Autorità Giudiziaria ottenendo un decreto ingiuntivo.

Tale fattura viene contestata dalla società xxx che eccepisce di averla ricevuta solo alla fine dell"anno 2008 e di essersi accorta soltanto in tale momento dell"aumento di prezzo unilateralmente (ed indebitamente) posto in essere dalla controparte. Oltre ad opporsi al pagamento della specifica fattura relativa alle maggiorazioni di prezzo con effetto "retroattivo", l"opponente richiede altresì la restituzione di quanto indebitamente pagato in più, dal giugno 2008 in poi.

Sostiene l"opposto caseificio yyy, che nel novembre 2007 si era verificato un incontro tra le parti nel quale sarebbe stato concordato l"aumento del prezzo, la cui concreta quantificazione sarebbe stata da lui (solo da lui !!) determinata successivamente sulla base dei suoi dati di bilancio 2007 (!!??). Tale assunto viene confermato anche dai loro testimoni.

Il commercialista del caseificio yyy, sentito come testimone, riferisce infatti che, a quell"incontro, il prezzo unitario "non era determinabile esattamente e quindi era più opportuno aspettare la compilazione del bilancio 2007 per avere i dati precisi".

Secondo la tesi dell"opposta, in pratica, a quell"incontro sarebbe stato concordato l"aumento del prezzo ma la sua esatta quantificazione sarebbe praticamente stata rimessa al suo arbitrio, secondo determinazioni unilaterali successive all'incontro (!!).

La società xxx non contesta che tale incontro si sia effettivamente verificato, nè che in tale circostanza la controparte abbia richiesto l"aumento del prezzo, ma nega decisamente che a tale incontro sia stato effettivamente raggiunto un quanche accordo sulla rideterminazione del prezzo di vendita del latte, tanto più tale da rimetterne la concreta quantificazione all'unilaterale (e postuma) volontà della controparte.

Ribadisce pertanto che l'unico accordo che sia stato mai raggiunto tra le parti è soltanto quello del giungo 2005.

Ovviamente, del presunto accordo del novembre 2007, non vi è alcuna prova scritta.

In giudizio è stato peraltro contestata la possibilità per l"opposta di provare tale contratto per testimoni, in violazione degli artr. 2721 e 2722 c.c. relativi ai limiti di ammissibilità della prova testimoniale per provare contratti od accordi contrari al contenuto di documenti.

Nelle difese dell"opponente si fà presente che:

a) L"art. 1325 c.c., che considera come elemento essenziale del contratto non soltanto l"incontro della volontà delle parti, bensì anche la specifica determinazione del suo oggetto (prezzo);

b) L"art. 1346 c.c., in virtù del quale l"oggetto deve essere "determinato o determinabile", anche ai fini della modifica di un accordo precedente. Si ribadisce inoltre che il prezzo è un elemento essenziale anche del contratto di fornitura (di latte, in questo caso) previsto dall"art. 1559 c.c.;

c) Secondo la giurisprudenza "il requisito della determinatezza e della determinabilità dell"oggetto dell"obbligazione esprime la fondamentale esigenza di concretezza dell"atto contrattuale, avendo le parti la necessità di sapere l"impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che può essere pregiudicato dalla possibilità che la misura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti" (Cass, civ, sez. III, 29.2.2008, n. 5513) e "l"oggetto del contratto ... può considerarsi determinabile, benché non indicato specificatamente, solo se sia con certezza individuabile in base agli elementi prestabiliti dalle parti nello stesso atto, senza necessità di fare ricorso al comportamento successivo delle parti, dovendosi, quindi, escludere la possibilità di applicazione, per la determinazione dell"oggetto del contratto, della regola ermeneutica stabilita dall"art. 1362 co. 2° c.c., che consente di tenere conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi successivo alla conclusione del contratto" (Cass. civ., sez. II, 7.3.2011, n. 5385);

d) L"art. 1355 c.c. prevede che "l"assunzione di un"obbligazione subordinata ad una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell"alienante" (c.d. condizione meramente potestativa) è radicalmente nulla;

e) Sotto il profilo della radicale nullità della condizione meramente potestativa la giurisprudenza precisa che "la condizione è meramente potestativa, con conseguente sanzione di nullità ex art. 1355 c.c., quando l"efficacia del negozio collegata non già ad una ponderata valutazione di seri od apprezzabili motivi e delinei un"alternativa capace di soddisfare anche l"interesse del soggetto obbligato – sicché l"evento dedotto dipende anche dal concorso di fattori estrinseci che possono influire sulla determinazione della volontà pur se la relativa valutazione è attribuita all"esclusivo apprezzamento dell"interessato, ma è viceversa rimessa al suo mero arbitrio, così da presentarsi come effettiva negazione di ogni vincolo obbligatorio" (Cass. civ., sez. III, 16.1.2006, n.728 ed altre);

f) Ai fini della definizione di un accordo, le parti devono raggiungere un"intesa su tutti gli elementi dello stesso, ancorché accessori e tanto più se essenziali, come il prezzo (Cass. civ., sez. I, 20.6.2006, n. 1467, Cass. civ., sez. II, 18.1.2005, n. 910).

Decidendo sulla causa, con sentenza n. 432/2015 del 24.2.2015, il Tribunale di Modena, ha accolto le considerazioni dell"opposta, respinto l"opposizione e la domanda riconvenzionale di ripetizione dell"indebito, nonché confermato il decreto ingiuntivo opposto e condannato la società xxx a rifondere le spese di procedura.

Si lascia all"interprete la valutazione delle ragioni di fatto e di diritto sottese alla vicenda in esame anche se a noi non è parso di intravedere nelle motivazioni alcun riferimento alle norme di diritto richiamate dall"opponente (artt. 1325, 1346 e 1355 c.c.).

Il Giudice di prime cure si è limitato a dare rilievo alla circostanza che la fattura opposta fosse stata contabilizzata.

Sappiano quindi d"ora in poi i venditori di beni che se alla fine dell"anno il bilancio non dovesse essere, per qualsiasi ragione, adeguato alle loro aspettative, potranno rideterminare al rialzo il prezzo delle cose vendute nel corso dell"anno e chiedere la differenza ai propri clienti con effetto retroattivo, chiamando semmai a testimoniare il proprio commercialista.




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