Letteratura  -  Redazione P&D  -  15/01/2023

Recensione del romanzo di Paolo Cendon: “Storia di Ina” - Enzo Gardenghi

Quel che emerge dalla scrittura di Paolo Cendon, fin dalle prime pagine, in cui gradualmente ci si inoltra nella narrazione, è una scrittura non levigata, disadorna, che procede a tratti discontinui, e che pian piano instaura un ritmo  singolare, uno suo spazio virtuale.

Se si trattasse di pittura si potrebbe dire che procede a colpi di spatola più che a pennellate, a tessere di mosaico più che a stesure di affresco. Comunque un procedere frastico, impressionistico.

La voce narrante, fuori campo, tesse la trama del ricordo dei rapporti tra il professor M. e Ina, ragazza in cerca di se stessa, attraverso i suoi incontri, le sue esperienze sentimentali, dal momento del suo affacciarsi alla porta di M. dopo una disavventura con un ragazzo mediorientale. L’interessamento di M. verso Ina si accresce man mano colorandosi di un progressivo coinvolgimento emotivo, fino a indurre una relazione affettiva tra loro. 

Attraverso una serie di flash back che si dipartono come rami laterali dal flusso narrativo, si delinea gradualmente il rapporto tra Ina e il professor M.  La scrittura procede avvolgente, a sprazzi, a “dripping”, a diverse velocità, quando si addensa in isole di memoria. Sono aperture di spazi  in cui il racconto si sofferma in ambiti circoscritti, di maggiore densità, per poi riprendere il suo flusso, come la corrente di un fiume, dopo un’ansa in cui l’acqua si sia attardata prima della svolta in cui la corrente ritrova il suo movimento.

Una scrittura non facile, non compiacente, a tratti spigolosa, dall’immersione nella quale si entra nel mondo di Ina, cogliendone le inquietudini, le incertezze, i desideri. Ma le sue vicissitudini preludono al riemergere di esperienze, tratte dal diario di M., di cui è testimone la “voce narrante”, , delle contraddizioni e dei paradossi che sorgono dall’ambito legislativo che coinvolgono lo stesso professor M., che,  per il solo fatto di avere una relazione con una giovane allieva, sarà oggetto di una denuncia di un figlio preoccupato, geloso del padre, fino a metterne in dubbio l’autonomia e il discernimento.  Il professor M.  così dovrà sottoporsi a un iter che, paradossalmente, gli destinerà proprio il figlio come amministratore di sostegno. 

Dalla vicenda esteriore del progressivo avvicinamento sentimentale tra M. e Ina, che aveva così provocato l’iniziativa del figlio, la narrazione si libra in riflessioni metagiuridiche disincantate riferite a episodi reali occorsi nell’esperienza del professor M., fino a quella che ha interessato la sua stessa persona.

Nelle memorie riferite al diario di M., l’avvocato suo amico, voce narrante, rintraccia episodi di casi giudiziari anche atroci, come quelle del potente personaggio pedofilo Belloz, in cui è possibile rintracciare  eventi reali, emersi nella cronaca triestina di molti anni fa.

Non è difficile ravvisare un riferimento alla lunga esperienza dell’autore nell’ambito giuridico che coinvolge il campo delle problematiche esistenziali, campo in cui è ancora adesso ampiamente coinvolto e attivo.

Ma qui è la sua scrittura che prevale e che eleva l’esperienza personale e la memoria storica a intensità espressiva.




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