-  Fabbricatore Alfonso  -  11/05/2016

Responsabilità dei precettori: la prova dell'imprevedibilità del fatto non è sufficiente - Cass. 9337/16 - di A. Fabbricatore

Cassazione, sez. I Civile, 9 maggio 2016, n. 9337, Pres. Salvago, Rel. Valitutti

Con la sentenza in epigrafe la Cassazione torna ad affrontare il tema della responsabilità ex art. 2048 c.c., precisando i criteri in base ai quali il giudizio di responsabilità deve essere effettuato.

Nel caso che oggi ci riguarda, durante l"orario di ricreazione una bambina frequentante la prima elementare viene travolta e scaraventata a terra da un alunno della quarta intento a giocare a rincorrersi con un coetaneo. A seguito dello scontro l"alunna, rovinando a terra, batte la testa e riporta lesioni personali.

I genitori dell"alunna convengono in giudizio l"Istituto, ottenendo sentenza di condanna in primo grado. Sentenza che viene ribaltata in appello.

Ricorrono pertanto in Cassazione, lamentando che, sotto il profilo della violazione dell'art. 2048 c.c., il giudice di appello avrebbe erroneamente ritenuto raggiunta la prova liberatoria a carico dell'amministrazione scolastica, prevista dal comma 3 dell'articolo citato, sotto il duplice profilo della inevitabilità dell'evento lesivo, per sua imprevedibilità, e dell'adozione delle mi­sure organizzative idonee a prevenire il verificarsi di una situazione di pericolo. Assumono, invero, gli istanti che la sorveglianza eserci­tata dalle insegnanti non sarebbe stata adeguata, in relazione al luogo (cortile interno alla scuola connotato dalla presenza di un mu­retto), al momento (ricreazione) nel quale l'incidente ebbe a verifi­carsi, nonché alla diversa fascia di età degli alunni appartenenti alle diverse classi che si trovavano insieme nel medesimo cortile.

Ora andando a ritroso e partendo da quello che è principio ormai consolidato in tema di responsabilità ex art. 2048 c.c., la Corte  ricorda che per su­perare la presunzione di responsabilità di cui alla norma testè citata, che grava sull'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, non è suffi­ciente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimo­strare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pe­ricolo favorevole al determinarsi di detta serie causale, commisurate all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze dei caso concreto, dovendo la sorveglianza dei mi­nori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età; non costituiscono idonee misure organizzati­ve, in relazione allo stato dei luoghi, connotato dalla presenza di un manufatto suscettibile di ostacolare la piena e totale visibilità dello spazio da controllare, la mera presenza delle insegnanti in loco, se non dislocate in prossimità del manufatto in questione, e l'avere le medesime impartito agli alunni la generica raccomandazione "di non correre troppo durante la ricreazione", se non accompagnata dall'adozione di interventi corretti immediati, diretti a prevenire e ad evitare il verificarsi di eventi dannosi.

Applicando tale principio al caso di specie, senza dilungarci oltremodo nell"analisi delle dinamiche del fatto in se, la Corte osserva che le misure preventive richieste a quei soggetti tenuti alla sorveglianza dei minori, così come descritti in precedenza, vanno, peraltro, commisurate all'età ed al grado di ma­turazione raggiunto proprio dai minori stessi, ovvero dagli allievi, in relazione alle circostanze del caso concreto, essendo del tutto evidente che la sorveglianza dei minori dovrà essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età (Cass. 6937/1993; 12424/1998; 2272/2005).

Tanto premesso non può ritenersi che l'impugnata sentenza abbia fatto corretta applicazione dei suesposti principi di diritto. L'impianto motivazionale della decisione non sem­bra, invero, convincente laddove, dopo avere ritenuto del tutto pre­vedibile e "normale" che, nel corso della ricreazione, i ragazzi pos­sano giocare rincorrendosi, ha poi considerato sufficiente il mero fatto della presenza in loco delle insegnanti (una per classe), non­ché la circostanza, emersa dalle testimonianze assunte, che que­ste avessero più volte raccomandato agli alunni "di non correre troppo". La decisione di appello ha, inoltre, valorizzato, del pari in maniera non convincente, ai fini di pervenire alla conclusione che l'evento dannoso non poteva essere impedito dalle insegnanti, ai sensi dell'art. 2048, comma 3, cod. civ., la circostanza in sé, costi­tuita dal fatto che l'incidente si fosse verificato "in modo improvviso e repentino, tale da non poter essere in alcun modo previsto e dunque materialmente impedito", senza porla in alcun modo in relazio­ne alle altre circostanze emerse dagli atti processuali. 
Siffatto modus operandi del giudice di seconde cure - per quanto concerne la pretesa imprevedibilità ed inevitabilità dell'evento - non gli ha, peraltro, consentito di dare il giusto rilievo, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una adeguata prova liberatoria da parte della scuola, al fatto, pure riportato dallo stesso giudicante, che il ragazzo investitore (appartenente alla classe IV A) era sbucato correndo velocemente, inseguito da un altro ragazzo di quinta, da dietro un muretto ubicato nel cortile nel quale si stava svolgendo la ricreazione. Tale circostanza evidenzia, invero, senza ombra di dubbio, che - nonostante la presenza delle insegnanti e di un'operatrice scolastica - la situazione all'interno del cortile della scuola era tutt'altro che sotto controllo. Ed è evidente che, in pre­senza di un volgere di eventi di tal fatta, il rischio che qualcuno dei bambini - soprattutto se più piccolo e fragile, come gli alunni di prima - potesse restare travolto dai più grandi, costituiva un fatto tutt'altro che imprevedibile.
Non può ritenersi, poi, sul piano delle misure disciplinari ed organizzative adottate dall'istituto scolastico, che costituisca misura idonea ad evitare eventi pregiudizievoli la raccomandazione - che, stando all'impugnata sentenza, le insegnanti avrebbero più volte rivolta agli allievi - "di non correre troppo" durante la ricreazione. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che tale generica esortazione, non poteva che essere intesa - e così è accaduto in concreto - dagli alunni come equivalente ad un'autorizzazione a correre comunque, ma senza eccedere, conferita agli stessi a priori, a prescindere dallo stato dei luoghi e dalla presenza anche di bambini di classi inferiori, notoriamente più deboli e delicati. Di fatto, poi, come si evince dalla situazione descritta dall' impugnata sentenza, si era finiti col rimet­tere agli stessi allievi l'individuazione dei limiti di detta autorizzazio­ne, non essendo stata fatta rispettare da nessuno degli adulti pre­senti la raccomandazione "di non correre troppo", mediante l'adozione di immediati ed opportuni interventi correttivi della condotta indisciplinata degli alunni. II che appare, nella specie, ancor più grave, ove si tenga conto dei fatto che la presenza, all'interno dei cortile, di un muretto che non consentiva una completa visuale alle persone addette al controllo degli allievi, avrebbe dovuto indur­re queste ultime ad una maggiore e più completa vigilanza, estesa anche alla zona posteriore al suddetto manufatto, ovvero ad impor­re ai ragazzi di astenersi dal giocare correndo, per non rischiare di fare dei male a sé stessi ed agli allievi più piccoli.

 




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