-  Redazione P&D  -  02/06/2016

Responsabilità e danno da trasfusione con sangue infetto - Trib. Firenze 24.05.2016 - P. Frisani - E. Rosanò

Trasfusione con sangue infetto: oltre un milione di euro ai congiunti della vittima per danni iure proprio da perdita del rapporto parentale e per danni iure hereditatis

Il Tribunale di Firenze nella persona del Giudice dott. Luca Minniti, con la sentenza n. 1978/2016 pubblicata il 24 maggio 2016, ha condannato il Ministero della Salute, la Gestione Liquidatoria della ex USL 12 di Pisa e la Regione Toscana in solido tra loro al risarcimento del danno non patrimoniale iure proprio e iure hereditario in favore dei congiunti di una vittima CONTAGIATA DA EPATITE C a seguito di TRASFUSIONE CON SANGUE INFETTO : OLTRE UN MILIONE DI EURO ai congiunti della vittima per danni iure proprio da perdita del rapporto parentale e per danni iure hereditatis (danno biologico terminale e danno catastrofale patiti dal de cuius e rivendicati dagli eredi).

L"azione proposta dallo Studio Legale -omissis- (avv. Pietro Frisani e avv. Emanuela Rosanò) aveva ad oggetto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dalla moglie e dai due figli della vittima del contagio nei confronti del Ministero della Salute, della Regione Toscana e della Gestione Liquidatoria della ex USL 12 di Pisa, per i tutti i danni subiti in conseguenza del decesso del loro congiunto avvenuto nel 2010 per epatocarcinoma contratto in conseguenza delle trasfusioni dallo stesso effettuate nell"anno 1986 nel corso della propria degenza presso l"Ospedale Cisanello di Pisa.

L'uomo, nel 1986, subì un intervento cardiochirugico in occasione del quale fu sottoposto a trasfusione di nove unità di sangue. Nel 2001 i primi sintomi dell'Hcv. Tre anni più tardi il Centro di medicina legale di Firenze, nel corso della procedura per la richiesta di indenizzo poi ottenuto, riconobbe il nesso di causalità tra la trasfusione a cui l'uomo era stato sottoposto e l'epatite C contratta.

Il Tribunale di Firenze, nella sentenza in commento che tratta una tematica di rilevante impatto sull"intero territorio nazionale essendo decine di migliaia i soggetti che hanno contratto il virus a causa degli omessi controlli del Ministero sui donatori , evidenzia come il caso di specie si distingua dalle più comuni cause aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti a infezione da HCV per emotrasfusioni in quanto, solitamente, la domanda viene avanzata soltanto contro il Ministero della Salute, mentre nel giudizio sottoposto all"esame del Tribunale di Firenze è stata avanzata sia nei confronti del Ministero della Salute, in forza dell"art. 2043, che contro la Regione Toscana e la Gestione Liquidatoria, quali soggetti legittimati dal lato passivo per i debiti delle pregresse UU.SS.LL., per la violazione di obblighi su di esse gravanti per "responsabilità da contatto sociale".

Secondo il Tribunale fiorentino : "Siamo di fronte ad un caso in cui l"evento dannoso è stato causato da due diverse condotte, la prima, del Ministero che è venuto meno ai propri obblighi di vigilanza e, la seconda, addebitbile alla ex USL 12 di Pisa che ha omesso di eseguire i necessari controlli sull"adeguatezza dei prodotti emoderivati utilizzati per la emotrasfusione...Il danno che si è verificato nel caso di specie è sicuramente conseguenza del concorso delle condotte colpose del Ministero e della USL 12 di Pisa in quanto se il Ministero avesse adempiuto correttamente al proprio obbligo di supervisione certamente prodotti emoderivati infetti non sarebbero circolati, allo stesso tempo tuttavia, qualora il personale della USL avesse prestato le opportune cautele il prodotto emoderivato difettoso non sarebbe stato utilizzato e il danno non si sarebbe verificato. Le due condotte si pongono pertanto sullo stesso piano e, non essendo possibile effettuare distinzioni in merito alla gravità delle singole violazioni, le singole colpe devono essere presunte di pari entità".

All"esito di una complessa ed articolata istruttoria svolta previa ammissione di CTU medico-legale, è emersa una chiara violazione, da parte dei soggetti pubblici coinvolti, delle norme inerenti la scelta e la classificazione dei donatori, oltre che un"evidente omissione di tutte quelle cautele aggiuntive che verosimilmente avrebbe permesso di scongiurare l"utilizzo di emoderivati infetti : il CTU dott. Alberto Grossi ha spiegato che all"epoca non esistevano test di identificazione di un"avvenuta infezione da HCV,

essendosi reso disponibile un metodo di identificazione soltanto tra il 1989 e il 1990. Si conosceva però l"importanza di un test di laboratorio ( determinazione delle transaminasi, in particolare la transaminasi glutammico-piruvica -SGPT-) nel segnalare una possibile infezione virale epatica .

Ed, infatti, per quanto i test sierologici per l"identificazione dell"epatite da virus dell"HCV furono sviluppati soltanto nel 1989, tuttavia, già fin dalla metà degli anni settanta, erano conosciute le relazioni tra l"incremento delle transaminasi e il virus conosciuto come "non A non B" e, conseguentemente, era possibileescludere in via indiretta i donatori a rischio.

In particolare, con le circolari n. 50 del 28 marzo 1966 che disponeva l"esclusione dalla possibilità di donare il sangue di coloro i cui valori delle transaminasi e delle GPT indicatori della funzionalità epatica fossero alterati rispetto ai ranges prescritti e 95 del 09 giugno 1970 ove si prescriveva la ricerca dell"antigene Australia nei donatori di sangue da eseguire in aggiunta a quella delle transaminasi ai fini "della profilassi delle epatiti post trasfusionali", il nostro ordinamento sin dagli anni "60 aveva previsto la ricerca da parte dei servizi trasfusionali dei cd. "indicatori collaterali" al fine di individuare i donatori affetti dalla epatite nonA-nonB (poi definita "C"). Quindi i centri trasfusionali avrebbero dovuto:

a) effettuare la determinazione sistematica e periodica delle transaminasi sieriche nei donatori e nel caso di risultati abnormi (GOT superiore a 40 U.I. e GPT superiore a 30 U.I.) non utilizzare il sangue pertrasfusione dirette;

b) effettuare un controllo clinico – anamnestico dei donatori;

c) effettuare il test di positività all"HBV

Anche in assenza di un test identificativo del virus HCV, quindi, il Ministero aveva comunque l"obbligo di controllare che i centri trasfusionali sottoponessero il sangue utilizzato a fini terapeutici a determinati controlli, controlli che lo stesso Ministero individuava come indispensabili per eliminare o quanto meno ridurre il rischio di veicolazione di virus pericolosi per la salute dei pazienti; attività di controllo puntualmente omessa atteso che la pratica di raccolta di prodotti di incerta provenienza e qualità era diffusa e tollerata.

Si tratta di una condotta omissiva qualificata in termini di colpa specifica intrinsecamente idonea, alla luce del giudizio di contraffattualità che caratterizza l"illecito omissivo, a costituire causa efficiente della lesione (rivelatasi purtroppo fatale) patita dal dante causa degli attori in conseguenza della somministrazione di sangue infetto.

Sulla argomentazione della difesa della Gestione Liquidatoria secondo la quale la ex USL 12 di Pisa non avrebbe commesso alcuna violazione in quanto si sarebbe limitata ad utilizzare emoderivati già controllati dal Ministero, il Giudice del Tribunale di Firenze ha osservato che "tale impostazione non può essere accolta, ma essa anzi denota l"elevata superficialità con cui la USL ha agito, utilizzando i prodotti emoderivati senza eseguire analisi o controllo alcuno per valutarne la buona conservazione e l"assenza di alterazioni e/o infezioni".

Ben poteva, infatti, il personale sanitario, sulla base di più datati parametri scientifici, verificare che il sangue trasfuso al paziente fosse stato soggetto ai controlli all"epoca vigenti necessari per accertare l"idoneità del sangue alla terapia emotrasfusionale. A tale riguardo, la Corte di Cassazione ha, in più occasioni, affermato che "l'Ospedale risponde dei danni subiti dal paziente per inosservanza della diligenza richiesta ex art. 1176 c.c., non avendo controllato il sangue utilizzato (come pure sarebbe stato possibile) a prescindere dalla circostanza che lo avesse raccolto con una propria struttura o lo avesse reperito aliunde" (cfr ex multis, Cass. civ. Sez. III, Sent., 20-01-2015, n. 820).

La sentenza del Tribunale di Firenze merita segnalazione anche per l"interpretazione cd "costituzionalmente orientata" della L.R.T. (n. 75/1997) : se ad avviso della Regione Toscana essa attribuirebbe l"esclusiva legittimazione processuale per i rapporti attivi e passivi della estinta US.L. in capo al Direttore Generale della A.S.L., in qualità di liquidatore, con totale estromissione della Regione , per il Tribunale di Firenze la stessa va interpretata , pena il sospetto di incostituzionalità , attribuendo ad essa il significato – non di estinguere (per legge) i debiti della Regione – bensì di regolamentare all"interno della finanza regionale le poste di bilancio destinate a coprire i debiti delle pregresse USL.

Il Tribunale di Firenze conclude, dunque, dichiarando la responsabilità extracontrattuale del Ministero della Salute per violazione del principio del neminem laedere sancito dall"art. 2043 c.c. e per la responsabilità contrattuale della Regione Toscana e della Gestione Liquidatoria della ex USL 12 di Pisa in solido tra loro per inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di spedalità.

In particolare il giudice ha condannato in solido Ministero, Regione Toscana e Gestione liquidatoria della ex USL 123 di Pisa a pagare 350.000 euro di danni alla vedova e 250.000 euro a ciascuno dei due figli. A ciò si aggiungono i circa 163.000 euro che Regione e Gestione liquidatoria dovranno ai tre eredi per danni jure hereditatis.

"Una sentenza di fondamentale importanza - commenta l'avvocato Rosanò - che rende giustizia alle vittime delle omissioni dello Stato e che evidenzia la gravità delle condotte tenute proprio dai soggetti istituzionalmente deputati alla tutela della salute pubblica". "Lo Stato Italiano con la legge 210/1992 ha creato un simulacro di risarcimento riconoscendo una indennità di importi spesso risibili alle vittime - spiega

l'avvocato Frisani - con ciò ingenerando il convincimento di aver ottenuto l' integrale ristoro dei danni subiti. I danni effettivi invece a titolo di integrale risarcimento ammontano agli importi liquidati dal tribunale di Firenze".




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