Responsabilità civile  -  Giuseppe Piccardo  -  05/02/2022

Responsabilità civile da cose in custodia e ammissibilità della prova testimoniale negativa

Con la recente ordinanza 18 novembre 2021 n. 35.146,  la Corte di Cassazione ha precisato alcuni importanti profili relativi all’onere della prova, con particolare riguardo alla prova testimoniale, con riferimento a  fattispecie di responsabilità da cose in custodia, di cui all’articolo 2051 c.c..

In particolare, la Suprema Corte ha statuito che, in assenza di altre prove, si può dare rilevanza alle dichiarazioni testimoniali riferite alla ricostruzione della dinamica del sinistro. Inoltre, i Giudici di legittimità hanno precisato che nessuna norma prevede un divieto di formulazione di capitoli  di prova testimoniali negativi, riferiti al non accadimento di un fatto, cosicchè la circostanza che il capitolo di prova sia formulato in tal modo non lo rende, per ciò solo, inammissibile. Tale inammissibilità, tuttavia, rilevano gli Ermellini, non può essere oggetto di censura di legittimità, in quanto attinente a profili di merito, a meno che il  giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale o la valutazione della prova sia viziata sul piano della logica.                   

La sentenza trae origine dalla caduta di una signora dal proprio motociclo, a causa del dissesto del manto stradale, con conseguenti gravi lesioni. Il Comune, citato in giudizio, quale custode della strada, ai sensi dell’articolo 2051 c.c., si difendeva in giudizio, sostenendo l’insussistenza del  nesso causale tra le condizioni della strada e la caduta che aveva procurato le lesioni all’attrice; tesi che veniva accolta dai giudici di primo e secondo grado.                                                                                                               

Innanzi la Corte di Cassazione, la ricorrente lamentava la non ammissione di prove rilevanti ed il rigetto della domanda in forza di tale non ammissione.

I giudici di legittimità, sul punto, rilevano che la consolidata giurisprudenza ritiene che il giudizio di merito  in punto valutazioni istruttorie, sia insindacabile in sede di legittimità, atteso che si tratta di una scelta discrezionale del giudice di merito. Tuttavia, tale regola subisce eccezioni in due casi specifici:

* nel caso di violazione di regole processuali, mediante decisione sulla prova;

* nel caso di vizio logico della sentenza, qualora la valutazione della prova, in relazione alle altre statuizioni, appaia contraddittoria o arbitraria, se:

a)  il giudice non prenda in considerazione le richieste istruttorie della parte, per poi rigettarne la domanda sul presupposto che non sia stata provata, come nel caso in oggetto;

b) il giudice rigetti le richieste istruttorie senza dare alcuna motivazione di tale rigetto; 

c) il giudice rigetti le uniche prove richieste, reputandole superflue, senza però avere altre prove che possano confutare le tesi delle parti;

d) quando il giudice rigetti le richieste istruttorie in quanto inutili, sebbene relative, nella prospettazione delle parti, a circostanze decisive.

Per meglio comprendere i termini della doglianza della ricorrente, si riporta, testualmente, il capitolo di prova ritenuto inammissibile dai giudici di primo e secondo grado, in quanto, come più volte precisato, formulato negativamente e, quindi, generico e irrlievante: “Vero che allo scattare del verde (semaforico) l'esponente riavviava la marcia, ma dopo pochi metri la ruota anteriore del motorino veniva intercettata da una buca non visibile sul manto stradale che causava lo sbandamento del mezzo e la successiva caduta a terra del motorino in prossimità della suddetta buca e della conducente stessa”.

La Cassazione, ritenendo erronea la non ammissione del capitolo di prova sopra riportato, precisa che non è rinvenibile alcuna norma o alcun principio, desumibile in via interpretativa, impeditivo della prova per testimoni su circostanze relative al non accadimento di un fatto (nel caso di specie la non visibilità della buca), così come già statuito in precedenti conformi, che i Giudici richiamano (da ultimo Cass. 19171/2019). Inoltre, argomenta la Cassazione, con la dichiarazione di inammissibilità del capitolo di prova in oggetto, si farebbe dipendere la prova non da ciò che si intende dimostrare, ma da quanto ci si attende di conoscere dal testimone. Inoltre, la formulazione del capitolo di prova in forma positiva sarebbe del tutto inutile, in quanto relativo a conferma di un fatto (la caduta del ciclomotore nella buca) non rilevante per il giudizio, considerato che il corretto oggetto istruttorio deve essere il nesso eziologico tra la cosa (la buca stradale) e il danno (le lesioni subite).

Circa l’inammissibilità della prova per genericità e natura valutativa, come ritenuto dai Giudici di merito, la Cassazione rileva che chiedere e riferire se un oggetto reale fosse visibile o meno non è un giudizio, e nemmeno una valutazione, ma una percezione del testimone. E sul punto, come evidenziato nella sentenza in oggetto, la giurisprudenza è costante nel ritenere che i testi possono essere ammessi a deporre su circostanze che cadono “sotto la comune percezione sensoriale”, mentre non possono esprimere giudizi di natura tecnica.

La sentenza in commento, ad avviso dello scrivente, fa chiarezza su questioni che hanno rilevanza non solo giuridica, ma anche pratica, in quanto sempre più di frequente si assiste ad una riduzione eccessiva dell’istruttoria, a beneficio di una (presunta) necessità di celerità del processo civile; celerità che, tuttavia, non può e non deve limitare o andare a discapito del diritto di difesa e di allegazione delle parti, nell’ottica di un processo effettivamente giusto ed equo, come previsto dalla Costituzione.




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