-  Mazzon Riccardo  -  18/01/2013

RESPONSABILITA' DEL GENITORE PER IL DANNO CAGIONATO DA FATTO ILLECITO DEL FIGLIO MINORE - Riccardo MAZZON

Anche la normativa afferente il danno cagionato dall'incapace tout court è sovente utilizzata al fine di rappresentare la responsabilità del genitore, in occasione di danni provocati da fatto illecito posto in essere dal figlio; in tal frangente, peraltro, è opportuno significare come risulti necessario, qualora s'intenda fondare detta responsabilità sul disposto dell'articolo 2047 del codice civile, affermare e dimostrare l'incapacità del minore al momento del fatto

"nel caso in cui l'attore agisca nei confronti del convenuto anche nella qualità di genitore esercente la potestà sul figlio minore danneggiato occorre preliminarmente accertare se il minore era al momento del fatto capace di intendere: se si reputasse il minore incapace troverebbe applicazione l'art. 2047 c.c. mentre se non lo si reputasse incapace la norma di riferimento sarebbe l'art. 2048 c.c" (Trib. Gela, 11 gennaio 2007, Mer, 2007, 25 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012),

giacché, altrimenti, la disciplina di riferimento dev'essere quella di cui all'articolo 2048, stesso,

"la responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore trova fondamento, nell'art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione "iuris tantum" di difetto di educazione. La prova liberatoria richiesta ai genitori dall'art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore capace di intendere e di volere consiste nella dimostrazione non del mero fatto materiale della lontananza, bensì di avere - in adempimento dell'obbligo imposto ad entrambi i genitori dall'art. 147 c.c. ed indipendentemente pertanto dall'esercizio della potestà - impartito al minore un'educazione ed un'istruzione consona alle proprie condizioni familiari e sociali" (Trib. Cagliari 21 giugno 2001, RGSarda, 2002, 407, conforme Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2001, n. 7270, NGCC, 2002, II, 326, conforme Trib. Frosinone 12 giugno 2002, GIUS, 2002, 2365),

dove la responsabilità dei genitori può concorrere con quella degli stessi minori,

"la responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli minori ai sensi dell'art. 2048 c.c. può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull'art. 2043 c.c. se capaci di intendere e di volere. Del pari, il vincolo di solidarietà sussiste anche tra la responsabilità dei genitori da un lato e quella dei precettori dall'altro, fondate rispettivamente sulla culpa in educando e sulla culpa in vigilando, quando sia stata accertata una inadeguata educazione del minore alla vita di relazione" (Cass. civ., sez. III, 13 settembre 1996, n. 8263, GCM, 1996, 1278),

semprecché, ben s'intende, sia stato commesso un fatto illecito, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando:

"l'art. 2048 c.c. postula l'esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto la responsabilità dei genitori o tutori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore, mentre entrambe restano escluse nell'ipotesi di caso fortuito che come tale elimina l'ingiustizia del danno" (Cass. civ., sez. III, 3 marzo 1995, n. 2463, GCM, 1995, 513).

 

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Le indicate ipotesi di responsabilità sono tra loro alternative - e non concorrenti -, in dipendenza dell'accertamento, in concreto, dell'esistenza o meno della capacità del minore; in altri termini,la responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell'art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell'art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza:

"le indicate ipotesi di responsabilità presunta pertanto, sono alternative - e non concorrenti - tra loro, in dipendenza dell'accertamento, in concreto, dell'esistenza di quella capacità" (Cass. civ., sez. III, 25 marzo 1997, n. 2606, GCM, 1997, 452, conforme Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 1979, n. 5122, GCM, 1979, 10).

Anticipando quanto si dirà al successivo paragrafo 9.5., è bene sin d'ora ricordare come, nei casi in cui la responsabilità del genitore trovi fondamento nell'articolo 2047 del codice civile, incombe sul genitore medesimo la prova di aver affidato ad altro soggetto della sorveglianza dell'incapace;

"nel caso in cui un fatto dannoso sia cagionato da un soggetto incapace di intendere e di volere, si deve applicare l'art. 2047, secondo il quale il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace, salvo che provi di non avere potuto impedire il fatto. In questo modo, pertanto, il codice vigente ha voluto distinguere tra responsabilità, ex art. 2048, dei genitori, tutori ed insegnanti, i quali sono responsabili per i fatti dannosi compiuti dai minori capaci di intendere e di volere (quindi, responsabili in proprio) e la responsabilità, ex art. 2047, di chi è tenuto alla sorveglianza di persone incapaci di intendere e di volere (invece, esenti da responsabilità proprio in ragione della loro incapacità)" Bianca, Diritto civile, La responsabilità, V, Milano, 1994, 702

nella pronuncia che segue, ad esempio, relativa all'infortunio occorso ad un minore colpito con un ceppo di legno da altro fanciullo di sette anni, che giocava con lui, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva escluso la responsabilità dei genitori del danneggiante, essendo presente al gioco il padre del danneggiato, assumendo che la madre del primo, allontanatasi, aveva ritenuto tacitamente delegata all'altro adulto rimasto la sorveglianza del proprio figlio minore:

"qualora la responsabilità del genitore per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore trovi fondamento, essendo il minore incapace di intendere e volere al momento del fatto, nella fattispecie autonoma di cui all'art. 2047 c.c. e non in quella di cui all'art. 2048 c.c., incombe sul genitore del danneggiante la prova dell'affidamento ad altro soggetto della sorveglianza dell'incapace. Detta prova è particolarmente rigorosa, dovendo egli provare di non aver potuto impedire il fatto e quindi dimostrare un fatto impeditivo assoluto" (Cass. civ., sez. III, 20 gennaio 2005, n. 1148, GCM, 2005, 1).




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