-  Todeschini Nicola  -  05/07/2013

RESPONSABILITA' MEDICA: L'ENNESIMA PROPOSTA DI LEGGE. CHE SIA UNO SCHERZO? - Nicola TODESCHINI

 

Con la proposta di legge num. 262 presentata alla Camera dei Deputati d'iniziativa del deputato dott. Benedetto Francesco Fucci, laureato in medicina e chirurgia e specializzato in ginecologia ed ostetricia, nonché primario ospedaliero, si compie, per così dire, un ulteriore passo verso la definitiva presa d'atto dell'inguaribile dilettantismo con la quale viene affrontato il tema della responsabilità medica.

Il testo, a disposizione di chiunque in allegato, già nelle disarticolate premesse promette effetti speciali, poiché si fonda su quattro considerazioni principali.

La prima riguarda la quantità, in aumento, del contenzioso e, in particolare, di quello che coinvolge ginecologi ed ostetriche (guarda caso proprio la specialità dell'estensore la proposta), come a dire che è meditata, obiettiva e per nulla influenzata dall'esperienza strettamente personale.

La seconda, veramente incredibile, poggia sulla circostanza, secondo l'estensore assodata, del "marcato aumento delle componenti del danno". Già tale affermazione, dopo la forzata unificazione sotto l'egida del danno non patrimoniale voluta dalle quartine autunnali delle sezioni unite lascia sbigottiti. Non si comprende a quale marcato aumento delle componenti del danno possa far riferimento il dott. Fucci, anche se il seguito lo vorrebbe chiarire: ammette palesemente di riferirsi al "danno biologico ed al danno morale", asserendo che si tratta "evidentemente di componenti molto aleatorie e di difficile definizione", dal che ne scaturirebbe l'enorme delicatezza della loro disamina!

Certo, ad un amministratore di condominio la pancreatite, piuttosto che l'emorroidectomia, possono apparire altrettanto aleatorie e delicate ma ciò non significa che l'ignoranza dell'amministratore di condominio in materia di patologie dello stomaco piuttosto che del tratto finale del retto, possano avere la sorte d'essere elencate tra i fondamenti di una singolare proposta di legge.

La terza premessa consiste nell'affermazione secondo la quale "già prima dell'avvio di un procedimento nei confronti del medico, di fatto la carriera di quest'ultimo subisce un danno d'immagine pesantissimo che rischia di non essere sanato anche da una sentenza a lui favorevole". Se è certamente vero che la diffusione di notizie non corrette sull'operato di un medico ovvero l'enfatizzazione, senza comprenderla, di sentenze, soprattutto penali, possano arrecare danno a chiunque ne sia vittima, e non solo quindi ad un medico, è anche vero che è difficile ipotizzare, come fa il deputato Fucci, che la carriera del medico sia finita prima ancora che venga avviato il procedimento. Per contro, se il procedimento (e non il processo!) non è nemmeno avviato, non si comprende bene di quale notizia si debba discutere. Se ne deduce, ancora una volta, che è affrontato un tema non conosciuto.

La quarta premessa, invece, riguarda l'ammissione d'inadeguatezza, in particolare negli ospedali pubblici del Mezzogiorno, di strutture amministrative e legali in grado di gestire il contenzioso, tanto da lasciare "il sanitario completamente da solo nel momento in cui deve prendere decisioni delicate e di enorme importanza per i suoi pazienti, nel termine di pochi minuti o nel peggiore dei casi di pochi secondi". Che l'estensore si senta particolarmente coinvolto in qualità di medico è comprensibile, ma che trasformi la proposta di legge in un discorso sindacalizzato sulla difficoltà della professione medica è quantomeno inopportuno.

Possiamo invece tutti essere d'accordo su alcune osservazioni, poste come ulteriori rispetto alle promesse fondanti di cui sopra si è detto, e che riguardano i turni spesso difficili da sostenere, una realtà del Mezzogiorno in cui la gestione della sanità pubblica è a rischio, l'inadeguatezza degli strumenti per adempiere alla prestazione.

Non poteva mancare, come in tutte le lagnanze di parte che si rispettino, il paventato rischio della c.d. medicina difensiva; si tratta di un argomento forte, anche per coloro che nulla sanno di responsabilità medica, perché offre l'apparenza di uno spreco di denaro pubblico, facendo apparire i presunti utilizzatori di tale soluzione difensiva, che asseritamente sarebbe strumentale ad evitare conseguenze sul piano civile e penale, come vittime di un sistema e costretti a violare il patto quando, in tutta sincerità, pare proprio che l'unico utilizzo strumentale della medicina difensiva sia quello mass-mediatico e partigiano.

Sconcerta, seppur sia perfettamente in linea con le premesse, l'ulteriore osservazione secondo la quale "in tale contesto è anzitutto necessario avere una compiuta definizione della materia attraverso un'organica disciplina diretta a stemperare l'approccio sanzionatorio dell'errore". Al di là delle incertezze tecnico-linguistiche, sulle quali invito altri, magari gli elettori, a riflettere, è chiaro che l'obiettivo della legge è quello -cercando di interpretare il virgolettato sopra riprodotto- di non colpire più l'errore! Ma stiamo forse scherzando? Forse l'estensore, preoccupato anche per il proprio quotidiano, intende far riferimento all'apparato sanzionatorio penale, alludendo quindi al paradiso rappresentato dalla depenalizzazione della colpa medica, sulla quale spesso s'è già detto. Ma, per come espressa, l'idea offre l'occasione di credere che invece sia tutto l'apparato sanzionatorio, e quindi anche quello civile, a dover essere stemperato, ma non si sa bene perché e con quali giustificazioni riguardo al necessario criterio di uguaglianza nei confronti degli altri professionisti.

Per offrire quindi risposte a tali emergenze, o presunte tali, secondo la proposta sono necessari i seguenti interventi.

Art. 1 "definire la natura del rapporto tra medico e paziente, mediante l'introduzione (sul modello di quanto avviene già da tempo nella vicina Francia) di un contratto che espressamente non comporti per il medico l'obbligo di guarire il paziente, bensì quello di prestargli le cure appropriate e necessarie, in conformità con le conoscenze scientifiche acquisite".

Lo dico in questa occasione, al dott. Fucci ed a quanti altri ritengano che nel nostro sistema esistano regole diverse: finiamola di creare confusione asserendo che sarebbe utile una norma giuridica per ricordare a medici e pazienti che il medico non è obbligato, ad ogni costo, a guarire ma semplicemente ad adempiere in modo diligente alla sua prestazione, mettendo in campo prudenza, attenzione e perizia medie, con riferimento ad uno standard, per l'appunto, medio di conoscenze e capacità suggerito proprio da linee guida, letteratura, buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica. Quindi, per come proposto, l'art. 1 è perfettamente inutile e denuncia un'incompetenza in materia che lascia sbigottiti, considerando che si tratta di una proposta di legge che ci si augurerebbe fosse redatta con cognizione di causa.

L'art. 2 prevede invece l'introduzione dell'obbligo per tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private, di stipulare una copertura assicurativa per la responsabilità civile pure a vantaggio del personale medico, sanitario ed infermieristico. Circa tale premura non si può che manifestare pieno consenso.

La conseguenza che se ne vorrebbe però trarre, sic et simpliciter, è che "di conseguenza, colui che si ritenga danneggiato da un intervento sanitario e che giudichi tale violazione contraria a quanto stipulato nel contratto, deve obbligatoriamente rivolgersi all'assicuratore". Vorrebbe, in altri termini, ma senza rendersene conto, proporre l'introduzione di una sorta di azione diretta nei confronti dell'assicuratore che abbisogna certo di altri contenuti (ma, in fondo, perchè pretendere tanta attenzione dal redattore di una poposta di legge?). Di fatto, quando un patrocinatore invia una diffida alla struttura ospedaliera ed all'Asl di appartenenza, quest'ultima non fa che denunciare il caso alla propria compagnia di assicurazione, lasciando poi che tra patrocinatore e compagnia di assicurazione si verifichino le basi per una soluzione transattiva. Quando viene chiamata in giudizio l'Asl, ove la soluzione non sia stata rinvenuta, di fatto essa si costituisce in giudizio con il patrocinio dell'avvocato pagato dalla compagnia di assicurazione e, pertanto, il meccanismo è in parte già attuato. Ciò non esclude che l'ipotesi dell'azione diretta nei confronti della compagnia non vada necessariamente respinta.

All'art. 3 viene suggerita l'obbligatorietà della conciliazione stragiudiziale che, come sappiamo, di recente è stata nuovamente introdotta.

Art. 4: è previsto l'obbligo di istituzione nelle azienda sanitarie locali di uffici legali, che supportino il sanitario "sul piano legale nel momento in cui questo debba prendere, nell'arco di poco tempo, decisioni di estrema delicatezza per la necessità di intervenire in situazioni di emergenza. Di conseguenza ove si è accertato che il sanitario ha seguito tali indicazioni, esso non può essere accusato o subire penalizzazioni sul piano disciplinare o economico".

Non si comprende, in tutta sincerità, al di là ancora una volta dell'uso singolare della lingua italiana, a quale occasione alluda l'estensore della regola poiché, da un lato, appare del tutto utile che nelle strutture vi siano giuristi capaci e preparati che possono offrire il loro supporto, sia nella gestione del contenzioso che nell'indicazione ai sanitari della struttura; per l'altro, è incomprensibile il riferimento a presunte decisioni che si dovrebbero prendere in condizioni di urgenza come se, ricevuta la raccomandata, scattasse la corsa contro il tempo per prendere una posizione.

Interessante invece, finalmente, la proposta di cui all'art. 5, che prevede l'istituzione obbligatoria presso ogni regione e provincia autonoma di un ufficio di valutazione del rischio di responsabilità, il cui fine dovrebbe essere quello di prevenire il contenzioso.

Verrebbe da dire, tirando un momentaneo respiro di sollievo, che almeno una previsione in questi cinque articoli sembra ben orientata, e consiste nell'amplificazione delle forze in tema di risk management, di gestione, quindi, del rischio, troppo spesso lasciato nell'assoluta e spesso inefficiente gestione del fai da te delle strutture più meritevoli con l'effetto, peraltro tutto italiano, che di norma si affronta il caso solo dopo che si è manifestato e spesso nulla si fa, prima, per tentare di prevenirlo.

Poi, però, ainoi, si passa dalle premesse ai...fatti, ed ecco spuntare, all'art. 1 vero e proprio, l'articolato di cui alla lettera g), che testualmente recita "garantire il diritto dei pazienti a ricevere le migliori cure possibili e a richiedere, ove ciò sia scientificamente e giuridicamente giustificato, un adeguato risarcimento per gli eventuali danni subìti per dolo da parte del medico." Risulta quindi chiaro che il tentativo sia quello, addirittura di cancellare la colpa. Il temperamento al quale alludono le premesse è quindi piuttosto radicale, non crede dott. Fucci? Dovrebbe essere consentito al paziente danneggiato di agire contro il medico solo se quest'ultimo ha prodotto al paziente lesioni con coscienza e volontà, e non se, per esempio, ha mortificato la sua professione omettendo, per grave negilgenza, una diagnosi che avrebbe salvato la vita ad un bambino. 

Forse nemmeno il deputato Fucci vorrebbe, per il suo Paese, una regola tanto singolare, quindi è preferibile glissare, accomodando altri e più espliciti commenti ad occasioni di svago, magari all'indirizzo di un arbitro le cui decisioni, nello svolgimento di una partita di calcio, non siano del tutto assecondate.

E raggiungiamo così l'art. 4, che nella sua rubrica istituisce, probabilmente anche in questo caso al di là delle volontà -effimere- dell'estensore, i singolari "uffici legali medici" all'interno delle ASL. Forse l'estensore aveva in mente uffici di medicina legale, oppure uffici ai quali partecipano medici e legali, come parrebbe deducibile dalle premesse, ma gli si è "ingarbugliata" la lingua, o meglio la penna, come può accadere, per carità, del resto mica stiamo discutendo di una proposta di legge, nè dell'esercizio delle funzioni -come sappiamo assai ben indennizzate- di parlamentare!

Ma non è tutto, il secondo comma ci riserva un'altra chicca: "Le ASL e le strutture ospedaliere, pubbliche o private, possono avviare nei confronti dei propri dipendenti, qualora sia accertata una loro responsabilità diretta per dolo, azioni disciplinari e trattenere dallo stipendio le somme equivalenti all"aumento del costo delle polizze assicurative da essi causato. Il presente comma non si applica qualora sia accertato che il sanitario ha agito seguendo le indicazioni dell"ufficio legale di cui al comma 1."

Insomma, traducendo: Le ASL possono rivalersi sui medici solo se le loro condotte siano connotate dal dolo, e quidi se abbiano inteso, con coscienza e volontà, provocare lesioni e morte ai propri pazienti. A questi novelli medici-assassini si rivolge la regola. Tuttavia, è bene precisarlo, le ASL non potrebbero comunque rivalersi sul medico-assassino che accoltelli con dolo il paziente se, per farlo, il medico assassino si fosse prima consultato con il legale (per l'occasione nominato "maniacal advisor") interno ed abbia da questi ottenuto indicazioni compatibili proprio con quelle modalità, volontarie, d'accoltellamento.

Quali altre estemporanee proposte di legge dovremo, nel futuro, leggere?




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