-  Mazzon Riccardo  -  08/06/2013

RESPONSABILITA' OGGETTIVA E GENITORI: I PROBLEMI CONNESSI ALL'AVVICINARSI DELL'ETA' MAGGIORE - RM

L'interessante nonché attualissima, quanto ai contenuti, pronuncia identificata in epigrafe scaturisce da fattispecie processuale originata da atto di citazione 27.3.1992, attraverso il quale erano convenuti, avanti il Tribunale di Siracusa, due coniugi, in proprio e quali genitori esercenti la potestà sul figlio minore, con richiesta di risarcimento dei danni (nonché convalida del sequestro conservativo dei beni dei convenuti, ottenuto prima della causa) per aver il figlio causato un omicidio, nel corso di una lite:

"i convenuti hanno resistito alla domanda, contestando la responsabilità. Nel corso del giudizio il Tribunale ha respinto con sentenza parziale la domanda di convalida del sequestro, ritenendo insussistente il periculum in mora. Il processo è stato poi interrotto e riassunto a seguito del raggiungimento della maggiore età da parte di L.J." Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012.

Premesso che la sentenza di primo grado (previa separazione delle domande proposte contro il figlio minore, a causa di un vizio della notifica dell'atto di riassunzione) condannava i genitori, in via fra loro solidale, a pagare L. 250 milioni ciascuno ai genitori della vittima, nonché L. 50 milioni ad ognuna delle tre sorelle di quest'ultima, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma, riduceva ad Euro 77.500,00 la somma spettante ad ognuno dei genitori della vittima, e ad Euro 20.660 la somma spettante a ciascuna delle sorelle (oltre agli interessi ed oltre ai due terzi delle spese dell'intero giudizio, con convalida, altresì, del sequestro conservativo).

La Suprema Corte veniva, successivamente, interessata con atto notificato a mezzo posta il 12.1.2005, atto contenente tre motivi di ricorso, illustrati da memoria, cui seguiva la resistenza, con controricorso, da parte degli intimati (i quali proponevano, altresì, due motivi di ricorso incidentale).

E' proprio con il primo motivo che i ricorrenti principali denunciavano contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto inammissibili, perché generiche e tali da demandare ai testi giudizi e valutazioni, le prove testimoniali da essi dedotte a dimostrazione di avere impartito al minore una sana e corretta educazione; a loro avviso, infatti, le prove avrebbero dovuto essere ammesse, considerato anche il prestigio dei testimoni indicati, fra i quali figuravano la suora - che aveva seguito l'educazione religiosa del ragazzo - nonché stimati colleghi dei ricorrenti - che avevano sempre frequentato la famiglia -:

"lamentano poi che la Corte di appello abbia loro imputato la responsabilità per il comportamento del figlio sulla base di fatti successivi al raggiungimento della maggiore età da parte di lui, fra cui i comportamenti descritti nella relazione redatta dai responsabili della Casa del Sorriso, dove L.I. era stato accolto dopo il reato; senza tenere conto che L.I. aveva diciassette anni e mezzo, al momento del fatto, e che la responsabilità dei genitori si affievolisce via via che il figlio si avvicina alla maggiore età; che abbia imputato a loro negligenza il fatto che L.I. non avesse completato l'obbligo scolastico, mentre ciò dipendeva dal fatto che il ragazzo era stato avviato al lavoro presso il mobilificio di famiglia fin da giovanissimo ed ivi collaborava con i genitori" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

Con il secondo motivo, inoltre, deciso dalla Suprema Corte unitamente al primo, deducevano ancora vizi di motivazione, nella parte in cui la sentenza impugnata aveva trascurato di considerare che la sentenza penale aveva riconosciuto all'allora minorenne l'attenuante della provocazione, per avere egli agito in un incontrollabile impulso d'ira determinato dal comportamento della vittima:

"Ed invero In.Fi., omosessuale, da tempo importunava L.I. con profferte amorose, minacciando in caso di rifiuto di diffondere la voce che era anch'egli omosessuale, ed in particolare di dirlo alla ragazza di lui; con allusioni al fatto che correva voce che l' I. avesse avuto in passato una relazione con il padre di L.I.. Rilevano i ricorrenti che uno scatto d'ira suscitato dall'altrui provocazione, in un giovane vicino alla maggiore età e lontano dal controllo dei genitori, non può essere imputato a responsabilità educative, ma esclusivamente ai comportamenti dell'autore e della vittima dell'illecito. Nè troverebbero riscontro nelle prove acquisite agli atti gli episodi di comportamento arrogante, erroneamente attribuiti a L.I. dopo il delitto. I due motivi - che vanno congiuntamente esaminati, perchè connessi - non sono fondati" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

La complessa argomentazione attraverso la quale la Suprema Corte respinge le lagnanze riportate, prende le mosse dall'affermazione secondo cui, tali censure, attengono alla valutazione dei fatti e delle prove, in base ai quali la Corte di appello aveva ritenuto di dovere imputare ai genitori la responsabilità per il delitto compiuto dal figlio diciassettenne:

"il concetto di culpa in educando ed in vigilando viene, così, ad essere adattato, a seconda delle circostanze con le quali si è verificato l'illecito" Carbone, Non rispondono i genitori per gli incidenti causati dal minore in motorino, in DResp, 2001, 502.

Tali responsabilità, in effetti, venivano ravvisate non in un difetto di vigilanza, data l'età del figlio, ma nell'inadempimento dei doveri di educazione e di formazione della personalità del minore, in termini tali da consentirne l'equilibrato sviluppo psicoemotivo, la capacità di dominare gli istinti, il rispetto degli altri e tutto ciò in cui si estrinseca la maturità personale.

Trattasi, naturalmente, di valutazioni del giudice di merito non suscettibili di riesame in sede di legittimità, se non sotto il profilo degli eventuali vizi di motivazione, da ravvisarsi nell'eventuale incoerenza od illogicità dell'iter logico, in base al quale il giudice sia pervenuto al suo convincimento (oppure, nel manifesto contrasto fra i dati di fatto posti a fondamento della decisione e le risultanze probatorie acquisite agli atti):

"la sentenza impugnata non presenta alcun vizio di tal genere. Appare logica e congruente la decisione di non ammettere le prove dedotte dai ricorrenti, prove articolate in capitoli che appaiono effettivamente generici, in quanto demandano ai testi giudizi e valutazioni, senza specificare i fatti che sarebbero idonei a giustificare quei giudizi. Nè la qualità o il prestigio dei testimoni può valere a sanare l'erronea formulazione dei capitoli di prova" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

Soprattutto, secondo il Supremo Consesso, fondamentale, nella fattispecie oggetto del contendere, è chiarire come la circostanza che il minore fosse vicino ai diciotto anni non escluda affatto che il suo comportamento possa aver manifestato un fallimento educativo, quanto alla capacità di frenare i propri istinti o di incanalarli in modalità espressive meno gravi e violente: reazioni che, peraltro, paiono al giudice di legittimità aver tratto origine proprio da comportamenti dei genitori (ed in particolare del padre) che, unitamente all'atteggiarsi del contesto sociale in cui la famiglia si trovava a vivere, avevano probabilmente ferito la sensibilità del minore, nelle sue corde più profonde e meno controllabili.

La Corte di appello, pertanto, ad avviso della Corte Suprema aveva giustamente rilevato che, di fronte alle dicerie sulle sue frequentazioni omosessuali con la vittima, il padre del omicida non chiarì mai la propria situazione con il figlio, ma lo lasciò in balia delle maldicenze, che tanto nefasta influenza possono esercitare sulla personalità ancora fragile di un minorenne:

"questo è probabilmente il punto centrale della vicenda. L'educazione è fatta non solo di parole, ma anche e soprattutto di comportamenti e di presenza accanto ai figli, a fronte di circostanze che essi possono non essere in grado di capire o di affrontare equilibratamente. L.I. è stato lasciato praticamente solo di fronte alle provocazioni della vittima e dell'ambiente, in relazione a comportamenti, veri o presunti, di un genitore, in relazione ai quali si è trovato indifeso. Donde la reazione di ribellione e di violenza" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

E' proprio con l'avvicinarsi dell'età maggiore, afferma il giudice dei legittimità, allorché acquista la capacità di fare del male tanto quanto un adulto – serbando, però, quell'inettitudine a dominare i propri istinti e le altrui offese che caratterizza l'età immatura -, che il minore ha particolare bisogno di essere sostenuto, rasserenato ed anche controllato: soprattutto in relazione a vicende, presenti e passate, quali quelle in esame.

Neppure, in tal ottica, è suscettibile di censura il giudizio della Corte di appello, nella parte in cui ha addebitato ai genitori il fatto di non avere indotto il figlio a completare la scuola dell'obbligo:

"trattasi di comportamento che - pur se motivato dalle migliori intenzioni - ha privato il giovane dell'apporto di socializzazione, amicizie, ampliamento dei riferimenti culturali oltre il contesto familiare e di paese, che bene o male la scuola favorisce" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

L'interesse che la complessiva vicenda suscita impone all'interprete, anche in questa sede, di verificare come la Suprema Corte valuti le critiche, espresse dai ricorrenti, circa il fatto che, nel caso di specie, i danni siano stati liquidati in importi rilevanti e non giustificati, senza tenere conto della provocazione da parte della vittima, che dovrebbe invece comportare un'attenuazione del risarcimento, ai sensi degli articoli 62 del codice penale, nonché 1227 e 2046 del codice civile (d'altro canto, il primo motivo di ricorso incidentale muove alla sentenza impugnata una censura uguale ed opposta, cioè quella di avere ingiustificatamente ridotto le somme liquidate dal Tribunale in risarcimento dei danni morali, senza considerare che non vi è prezzo che possa ripagare la vita di un figlio).

La Corte adita, a tal proposito, rigetta entrambi i motivi, sulla base della considerazione secondo la quale la Corte di appello avrebbe proceduto alla liquidazione dei danni morali con implicito riferimento alla motivazione del Tribunale (che ha fatto propria), ritenendo tuttavia di dovere equitativamente apportare una riduzione agli importi liquidati; trattasi, peraltro, di valutazione non suscettibile di censura sotto il profilo della legittimità, in relazione alla quale i ricorrenti prospettano censure del tutto generiche, che attengono essenzialmente al merito della decisione e che pertanto sono inidonee a giustificare la riforma della sentenza impugnata, sotto il profilo dei vizi di motivazione:

Quanto al richiamo dei ricorrenti principali, alla provocazione esso è giudicato esser

"non in termini. La provocazione attiene all'elemento soggettivo del reato - di cui attenua la gravità, giustificando una riduzione della pena - ma è in linea di principio irrilevante in ordine all'accertamento del nesso causale fra illecito e danno e dell'entità dei danni. Sicchè non ricorrono i presupposti per l'applicazione degli artt. 2046 e 1227 c.c., richiamati dai ricorrenti. Vero è che, ai fini della liquidazione dei danni non patrimoniali, il giudice può tenere conto - fra le molteplici circostanze rilevanti ai fini della valutazione equitativa - anche della gravità dell'offesa e dell'intensità dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa, sicchè l'omessa considerazione della provocazione potrebbe assumere rilievo sotto il profilo della violazione dell'art. 2059 c.c.. La sentenza impugnata, tuttavia, ha effettivamente ridotto le somme liquidate dal Tribunale in risarcimento dei danni non patrimoniali, in relazione alle censure proposte in appello dai ricorrenti ed, avendo (inevitabilmente) dovuto procedere alla quantificazione dei danni con valutazione equitativa, la decisione non è suscettibile di censura, non sussistendo parametri precisi a cui commisurare l'entità della riduzione applicabile in relazione alle varie peculiarità della fattispecie, ivi inclusa la provocazione" Cassazione civile, sez. III, 28/08/2009, n. 18804 A.L. e altro c. F.I. e altro Dir. famiglia 2010, 2, 654.

 




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