-  Redazione P&D  -  07/12/2014

REVOCA DI FONDI PUBBLICI: GIUDICE COMPETENTE - Giuseppe MORANO

La questione del riparto di giurisdizione in tema di contributi pubblici, ha subito molte oscillazioni giurisprudenziali, sino all" intervento dell" Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato avvenuto il 29 Gennaio 2014.

L" indirizzo giurisprudenziale prevalente, individuava il giudice competente a conoscere le controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi pubblici, attraverso il generale criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata:diritto soggettivo - giudice ordinario, interesse legittimo - giudice amministrativo.

Quando il finanziamento pubblico è riconosciuto al privato direttamente dalla legge e la pubblica amministrazione deve soltanto verificare l" effettiva esistenza dei presupposti richiesti dalla norma, competente a conoscere le relative controversie sarà il giudice ordinario. In tal caso, in capo al privato, sorge una situazione di diritto soggettivo, a fronte della quale la P.A. non ha alcun potere discrezionale.

Quando, viceversa, la legge attribuisce alla P.A. il potere di conoscere il contributo previa valutazione comparativa degli degli interessi pubblici e privati insorgenti, a fronte dell" interesse pubblico primario, la giurisdizione dovrà essere del giudice amministrativo.

Sulla base di tale interpretazione normativa, qualora la controversia concerna la fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un inadempimento del beneficiario alle condizioni stabilite in sede di erogazione, la giurisdizione spetta al giudice ordinario anche se gli atti amministrativi si intitolano formalmente come revoca, decadenza o risoluzione. In tal caso, infatti, il privato è titolare di un diritto soggettivo visto che la controversia concerne la fase esecutiva del rapporto di sovvenzione. La giurisdizione spetterà invece al giudice amministrativo se è configurabile una situazione di interesse legittimo in quanto la controversia, al di la del nome dell" atto emesso dalla P.A., si riferisce ad una fase procedimentale precedente il provvedimento discrezionale di concessione del beneficio economico.

Un" altro filone giurisprudenziale, invece, individua sempre il giudice amministrativo quale giudice competente a conoscere la domanda di impugnazione della revoca di contributi o sovvenzioni pubblici erogati alle imprese private.

Si argomenta tale tesi, evidenziando come il potere di autotutela dell" amministrazione, esercitato attraverso un atto di revoca o decadenza, incide sempre su posizioni di interesse legittimo. Si nota, infatti, che l" art. 12 della legge 241 del 1990, in tema di provvedimenti attributivi di vantaggi economici, disciplina la "concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari" e quindi l" attribuzione di vantaggi economici di ogni genere, a persone ed enti pubblici economici. In tal modo la 241/1990, attribuirebbe il nomen juris di "concessione" a qualsiasi provvedimento che disponga l" erogazione di denaro pubblico.

Sotto tale profilo,diverrebbe dunque rilevante l" art. 133 del codice del processo amministrativo, il quale statuisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (che permette al G.A. di decidere sia su diritti soggettivi che su interessi legittimi in determinate e particolari materie previste dalla legge, derogando al classico riparto di giurisdizione), per le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici.

Il denaro , in quanto bene mobile fungibile pubblico (erogato da una P.A.) rientrerebbe in tale previsione normativa.

Inoltre, tale tesi, evidenzia che l" art. 7 del codice del processo amministrativo attribuisce alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie riguardanti " provvedimenti e atti riconducibili anche mediatamente all" esercizio del potere pubblico". Gli atti di revoca o decadenza, in quanto provvedimenti di ritiro di un precedente atto autoritativo, sarebbero a loro volta di natura autoritativa.

Infine, tale corrente di pensiero (Cons. St. 517/2013), fa notare come la concentrazione della tutela presso un unico giudice deve essere preferita per i principi costituzionali e comunitari di certezza del diritto ed economia dei mezzi processuali.

In tale contesto giurisprudenziale oscillante, è intervenuta l" Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la recente sentenza n. 6 del 29 Gennaio 2014.

Attraverso essa, si rifiuta l" idea che le controversie in materia di attribuzione di contributi pubblici rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista in materia di concessioni di beni pubblici ai sensi dell" art 133 del codice del processo amministrativo. Facendo proprio un percorso argomentativo già seguito dalla Corte di Cassazione, il Consiglio di Stato esclude l" equiparabilità tra concessione di beni pubblici ed erogazione di denaro. Si sostiene che anche se il denaro è un bene pubblico mobile e fungibile, in tale caso, esso ha funzione di finanziamento. Si dice che, mentre nelle concessioni di beni pubblici , strictu sensu intesi, vi è una interconnessione di posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo (concessioni-contratto) che giustifica la giurisdizione esclusiva del G.A., ciò quasi mai accade nei rapporti di finanziamento pubblico.

Inoltre si evidenzia che sempre l" art 133 codice del processo amministrativo, alla lettera b, riserva alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le questioni meramente patrimoniali inerenti a compensi vantati dal concessionario (canoni, corrispettivi ed indennità).

Si cita anche il riferimento alla legge n. 234 del 2012.

Quest" ultima, attribuisce espressamente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo gli atti ed i provvedimenti amministrativi di recupero di quei fondi statali dichiarati aiuti di Stato illegittimi dalla Commissione europea e le questioni inerenti il recupero delle erogazioni pubbliche distribuite ai privati e non notificate all" istituzione europea. Da tale speciale disposizione normativa, si dedurrebbe che la giurisdizione in materia di contributi pubblici, è, di regola, soggetta agli ordinari criteri di riparto basati sulla differenziazione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi.

L" A.P. del Consiglio di Stato, rileva, inoltre, che, la finalità di assicurare la concentrazione e l" effettività delle tutele, può essere raggiunta anche attraverso il sistema della sospensione del procedimento dinnanzi ad un giudice quando è pregiudiziale l" analisi di questione connessa da parte di altro giudice.

Nella pronuncia in questione, si critica anche l" idea secondo cui l" atto di revoca sarebbe espressione di autotutela autoritativa, con conseguente situazione di interesse legittimo del privato in caso di inadempimento dell" impresa ai criteri stabiliti in sede di erogazione del contributo.

Secondo l" A.P. del Consiglio di Stato, in tale eventualità, verrebbe in rilievo un potere di autotutela privatistica della P.A. che non si fonderebbe sul riesame della legittimità o opportunità dell" iniziale provvedimento attributivo dei fondi, bensì sul fatto successivo e privatistico dell" inadempimento delle obbligazioni assunte per ottenere la sovvenzione.

L " atto di revoca, in tali casi, si fonderebbe su un fatto sopravvenuto cui la legge direttamente ricollega la decadenza del privato dal diritto di godere del beneficio, senza che vi sia alcun margine di nuova ponderazione discrezionale della P.A. e quindi senza che si eserciti un potere pubblicistico che giustifichi la giurisdizione del giudice amministrativo.

Secondo l" A. P. del C.d.S., dunque, nel caso di revoca del contributo finanziario dovuta ad inadempimento da parte del beneficiario delle obbligazioni assunte ( ad esempio per aver realizzato un programma d" investimento parzialmente diverso da quello approvato o e per aver ceduto la proprietà dell" azienda traendone utili non previsti dagli accordi a danno del pubblico interesse), competente a conoscere la controversia è il giudice ordinario.

Tale argomentazione conferma l" iter logico seguito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 150 del 2013 dalla quale emergeva che, in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario quando il finanziamento è riconosciuto direttamente dalla legge ed alla P.A. è demandato soltanto il compito di verificarne i presupposti senza poter procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa le modalità di erogazione.

Dunque, sussiste la giurisdizione del G.A. solo qualora sia esercitato il potere di autotutela per mancanza dei presupposti originari per la concessione del contributo o per il venir meno degli stessi in seguito a una rinnovata valutazione dell"interesse pubblico; quella del G.O. sussiste, invece, allorquando il provvedimento , comunque denominato, imputi al beneficiario l"inadempimento alle obbligazioni assunte. L"interesse a conservare il beneficio ha, in tali casi, consistenza di diritto soggettivo.

Inoltre, laddove la P.A. addivenga ad una revoca o ad un annullamento d" ufficio del provvedimento che concede i fondi pubblici, e non ad una decadenza dallo stesso per inadempimento di obbligazioni, la ragionevolezza del temine entro il quale è possibile procedere alla revoca, gioca un ruolo fondamentale in riferimento all'esigenza di contemperare l'interesse pubblico alla rimozione dell'atto illegittimo o inopportuno e l'affidamento del privato.

Ciò emerge anche dal parere del Consiglio di Stato reso nell'adunanza del 13.7.2011, con il quale viene rilevato, a questo proposito, che è illegittima la revoca di un finanziamento destinato all'esecuzione di un certo programma agricolo, dopo sei anni dall'ammissione al programma e di esecuzione del programma stesso, sulla base di una contestazione circa l'ammissibilità della domanda, non effettuata al momento della valutazione della stessa e senza la previa valutazione della preminenza dell'interesse pubblico alla rimozione dell'atto.

Pertanto è illegittima quella revoca che interviene dopo il decorso di un "termine ragionevole" che ha consolidato l'affidamento del privato.

Inoltre, l"art. 21 quinquies della legge 241/1990, stabilisce che, se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti privati interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In caso di revoca legittima di un provvedimento di concessione di fondi pubblici, spetterà ,dunque, al privato che abbia subito un pregiudizio da tale provvedimento, un ristoro pari al danno emergente. In caso di revoca illegittima del provvedimento concessorio, con comportamento colpevole della P.A. (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere), spetterà , invece, al privato, il risarcimento del danno subito, ovvero il danno emergente ed il lucro cessante. Invero, il nuovo comma 1 bis dell'art. 21 - quinquies della legge n. 241/1990 prescrive anche che, ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico , sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico. Dunque, in caso ad esempio di revoca del provvedimento che dispone il finanziamento pubblico, motivata da comportamenti colposamente o dolosamente mendaci o retinenti del soggetto privato nei confronti della P.A. concedente, al fine di indurla all" erogazione di tali contributi, non spetterà alcun indennizzo al privato, anzi , egli sarà responsabile civilmente e penalmente per tali condotte.




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