-  De Giovanni Cristiano  -  31/07/2012

RIDUZIONE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI ORDINARI - CONSIGLIO DEI MINISTRI N. 38 DEL 5 E 6 LUGLIO 2012 - Cristiano De Giovanni

 

Una delle più recenti ed innovative modifiche al sistema giudiziario del nostro Paese è costituita dall"adozione dello schema di decreto legislativo recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, in attuazione dell"articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148» come approvato dal Consiglio dei Ministri n. 38 del 5 e 6 luglio 2012 dando attuazione alla delega al Governo attribuita dalla legge per la stabilizzazione finanziaria n. 148 del 2011 approvata dal precedente Esecutivo.

Trattasi di provvedimento che è frutto di una gestazione ultraventennale che ha visto luce in un momento particolarmente delicato nella vita delle nostre Istituzioni dal momento che la ridefinizione degli Uffici giudiziari ordinari e la ridistribuzione delle relative risorse incidono sull"intero sistema della giustizia.

Allo stato il legislatore ha voluto adottare una soluzione improntata all"ottica del "taglio alle spese" che in termini anche meno invasivi di quelli auspicati dalla stessa Associazione Nazionale Magistrati in tema di riduzione delle sedi giudiziarie ha, comunque, dato una risposta alla necessità di ridisegnare la mappa giudiziaria interna.

Risposta che è contenuta nell"art. 1 dello schema laddove è previsto che l"intervento di riduzione concerne la soppressione dei tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e delle procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al provvedimento legislativo in commento.

Quanto alle sorti dei magistrati e del personale amministrativo in servizio presso le sedi soppresse è previsto che essi entrino di diritto a far parte dell"organico dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze: regola applicabile anche ai magistrati onorari ma non in soprannumero.

Quanto ai magistrati titolari di funzioni dirigenziali (presidente di tribunale, presidente di sezione, procuratore della Repubblica e procuratore aggiunto) il disposto di cui all"art 5 del provvedimento in commento prevede che essi possano chiedere, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto e in deroga al disposto dell"articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, l"assegnazione a posti vacanti pubblicati o in alternativa, anche subordinando gli effetti della domanda al mancato conferimento del suindicato posto, di essere destinati all"esercizio di funzioni,

anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze, quali consigliere di corte di appello nel distretto da essi scelto ovvero giudice di tribunale o sostituto procuratore della Repubblica in una sede da essi scelta.

In sede di disciplina transitoria il legislatore delegato ha poi regolamentato quello che è l"aspetto pratico fondamentale che deriva dalla soppressione e cioè la gestione del contenzioso.

Vi è da premettere che secondo le intenzioni del legislatore delegato, al fine di assicurare la gestibilità di una riforma che porta con sé molteplici difficoltà pratiche (si pensi al trasferimento del personale con conseguente ampliamento della pianta organica e dei luoghi necessari ad ospitarla ovvero al trasferimento dei fascicoli) è previsto che la disciplina sulla soppressione delle sedi giudiziarie acquisti efficacia decorsi diciotto mesi dall"entrata in vigore del decreto salva la deroga per le circoscrizioni giudiziarie dell"Aquila e Chieti nonché delle relative sedi distaccate. Ne deriva che nell"ottica del legislatore gli Uffici giudiziari potranno avvalersi di tale termine massimo per porre in essere tutti i necessari adempimenti amministrativi e logistici per assicurare che la riforma vada a pieno regime.

Un aspetto fondamentale connesso alla riforma in commento ed immediatamente percepibile tanto dagli operatori del settore quanto dall"utente del servizio giustizia, per quanto qui interessa, riguarda però la trattazione degli affari civili innanzi alle nuove sedi giudiziarie ordinarie.

Il legislatore ha, quindi, previsto con la specifica disposizione di cui all"art 8 -che trova immediata applicazione con l"entrata in vigore del decreto- che le udienze fissate dinanzi ad uno degli uffici destinati alla soppressione per una data compresa tra l"entrata in vigore del decreto e quella relativa alla previsione dei diciotto mesi (art. 10, primo e secondo comma) siano tenute presso i medesimi uffici tanto che il processo si considera pendente davanti all"ufficio giudiziario destinato alla soppressione. Mentre le udienze fissate per una data successiva si terranno innanzi alla nuova sede individuata come da tabella allegata al decreto in commento.

Lo schema di riordino delle sedi giudiziarie ordinarie come sopra indicato porta con sé alcune brevi riflessioni:

- un primo problema pratico concerne le nuove iscrizioni delle cause presso la sede soppressa. Dalla lettura dello schema legislativo sembrerebbe emergere che fino alla effettiva soppressione della sede non solo gli affari pendenti debbano essere trattati presso la stessa ma eguale sorte sia riservata alle cause di nuova iscrizione che dovranno poi essere trasferite presso la nuova sede. V"è da chiedersi quanto sia utile consentire l"iscrizione di controversie presso una sede destinata alla soppressione con ulteriore aggravio dei costi di gestione e di trasferimento.

- una seconda riflessione più generale involge la necessità che il sistema giustizia italiano veda affermarsi l"idea della specializzazione nella funzione del giudice attraverso la istituzione di sezioni con giudici addetti ad uno specifico settore della materia civile (o penale) presso le sedi giudiziarie ordinarie.

Si vuol dire che la visione del giudice "tuttologo" a cui è attribuito il peso di gestire affari di qualsiasi natura risulta anacronistica e contraria alle finalità di efficienza ed utilità che debbono riconoscersi come caratteri primari e fondamentali del servizio di amministrazione della giustizia.

Trattasi, infatti, di una visione che poteva sostenersi in una economia di tipo rurale ed in cui il livello della legislazione generale e settoriale era gestibile con criteri di ordinaria organizzazione e con una certe logicità da parte del giudice. Oggi tutto questo non è concepibile a fronte di un mondo che è in continua evoluzione per effetto della rivoluzione tecnologica e comunicativa e dei continui mutamenti geo- sociali che lo interessano e di una legislazione sempre più specifica, settoriale ed ipertrofica che si dimostra, poi, quasi sempre essa stessa non adatta a soddisfare bisogni che sono in continuo mutamento; appare, quindi, insostenibile continuare a concepire il giudice come una sorta di macchina erogatrice di soluzioni che superano, spesso, la soglia minima di resistenza di un essere umano.

E, infatti, non si può dimenticare che il giudice è sempre una persona che nello svolgere la propria funzione abbisogna di tutti gli strumenti per soddisfare con celerità e serietà la domanda di giustizia ma che proprio per fare ciò deve essere messo in condizione ed essere dotato degli strumenti per farlo tanto a livello gestionale ma soprattutto organizzativo e, quindi, attraverso la individuazione di specifiche aree di competenza dell"esercizio della propria funzione. Pensare che il giudice possa rispondere a tutto lo scibile giuridico in tempi istantanei come spesso è richiesto, allo stato, quasi o meglio riducendo la gestione dell"amministrazione della giustizia ad una sorta di "bancomat", risulta essere frutto di una visione contraria allo spirito di efficienza che deve animare il servizio di erogazione della domanda di giustizia; trattasi, comunque, di un modello gestorio destinato ad implodere in un tempo che sarà pari alla velocità con cui la realtà che lo circonda si evolve.

Sarebbe sufficiente richiamare il concetto darwiniano che "solo chi si adatta non soccombe" per capire che il sistema giudiziario deve adattarsi attraverso strumenti duttili e pratici all"evoluzione dei bisogni sottesi alla domanda di giustizia onde evitare di essere travolto dagli stessi.




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