-  Rossi Rita  -  21/06/2013

RIFIUTO DI CURE, AUTODETERMINAZIONE, MALATTIA: QUALE SCELTA ? - Rita ROSSI

Una giovane afflitta da un serio disturbo psichiatrico (schizofrenia), per di più anoressica, rifiuta le cure volte a salvarle la vita: aveva 19 anni e pesava 31
La fede religiosa, la convinzione di una salvezza che sarebbe arrivata dall'Alto sono le ragioni profonde che hanno determinato la giovane a rifiutare le cure.
Forte di questo 'credo' e spalleggiata da madre e nonna, la giovane si oppone alle cure, anche in tribunale.
Era stato il padre ad invocare l'intervento del giudice, per riuscire a salvare la vita alla propria fragile figlia. Né hanno avuto la meglio le decisioni del tribunale, sulle quali tuttavia non si dispone di informazioni precise.

 

Dopo lo sgomento per questa morte, una breve riflessione.
Fino a che punto va rispettata la 'scelta' di non curarsi, allorquando sia certo che l'interessato non è dotato di capacità di autodeterminazione in ambito sanitario?

La nostra giurisprudenza non pare avere dubbi in proposito; e mi riferisco, in particolare, alle decisioni assunte dai giudici tutelari in materia di attivazione dell'Amministrazione di sostegno.
Se risulti (ovviamente sulla base di elementi plausibili) che la persona a rischio di vita per il proprio rifiuto di alimentarsi e di venire alimentata artificialmente non è in grado – proprio a causa del disagio psichico che l'affligge – di comprendere la necessità della cura, non ci sono dubbi: la cura deve essere imposta, nell'interesse stesso della persona.
Maggiori difficoltà applicative potrebbero aversi nei casi in cui le ombre cognitive riguardo al profilo sanitario siano più difficili da decifrare, Ma, in un caso come questo, non sono configurabili dubbi di sorta.

 

Occorrerebbe, poi, dire delle responsabilità di quella madre e di quella nonna, che hanno concorso a rafforzare quella decisione viziata.
Condotte rafforzatrici di un'autodeterminazione patologica, tali dunque da giustificare una condanna risarcitoria a favore del familiare che ha agito invano per salvare la figlia e che, da qui in avanti, dovrà fare i conti con la realtà del lutto e del dolore.




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