Interessi protetti  -  Anna Berghella  -  15/01/2022

Riflessioni di un'avvocata

C'è un filo invisibile che lega alcune donne nel loro rapporto con il partner. Un vincolo che esplode in tutta la sua gravità quando la coppia si separa.
Ogni crisi familiare ha la propria unicità, ma quando emerge il filo invisibile mi prende un gran male al cuore.

E di solito accade col tempo, dopo i racconti, il pianto, i “se avessi saputo”, quando la fiducia con l’avvocato diventa solida, massiccia e radicata tra un sentimento di amicizia e la sicurezza del confessore.

"Ma allora avvocato, secondo lei, non sono stupida? No perché mio marito mi dice sempre che non capisco niente". 

Lui l’ha sempre  considerata un minus, sottilmente un ottuso, poco intelligente, lento a capire, banale, insignificante soggetto: insomma una stupida. 

"Lascia stare, ci penso io", "ma che ne vuoi capire tu", “ma che dici?ahahah” e via dicendo.

Il problema più grave è che di solito questi commenti avvengono se la donna prova ad occuparsi di argomenti clou per la famiglia: acquisto di un'auto, stipula di un mutuo, investimento dei risparmi. 

E allora vai, forza a motivare le donne per liberarsi da fardelli centenari di cui non abbiamo nemmeno la consapevolezza. È sufficiente fare loro un po' di sicurezza.

Il figlio a cui risolvere tutti i problemi, da scarrozzare tra basket, inglese, il pediatra, il colloquio con i professori, alla ricerca del vestitino per la recita proprio come lo vuole la maestra, risentire la poesia, occuparsi del calzino nuovo perché il piedino cresce alla velocità della luce, a cui far trovare il piatto pronto.

Ma anche il ragazzone, quello maggiorenne a cui anche se lavora, seppur ancora convivente, non si ha il coraggio di chiedere un contributo nella conduzione domestica, figuriamoci uno economico per le bollette. 

Gli anziani - che comportano ore di lavoro, di preoccupazione e di non sempre piacevoli attività di accudimento - sono sulle spalle delle donne anche quando sono i geneticamente legati al marito.

Sono tutte attività gratuite, che non hanno retribuzione alcuna e, dobbiamo dircelo, anche poca gratificazione. 

Allora il filo invisibile che unisce tutte queste donne, siano esse con la quinta elementare o dirigenti, casalinghe o donne in carriera, finisce per preoccuparmi, perché non è una questione di substrato culturale, né di estrazione sociale: è l'atteggiamento mentale della donna che, cercando atavicamente protezione sotto l'ala maschile, si convince che “ a stare sotto” si sta bene, finendo per essere un oggetto manovrabile, la cui gestione sostanziale è solo nelle mani del maschio.

È il momento in cui la donna smette di avere paura di stare sola, coraggiosamente preferendo se stessa alla compagnia di una pesante zavorra, affrontando una vita da ricostruire, che scatta la ribellione dell’uomo, fino agli epiloghi più violenti del padrone che non accetta l'affrancazione del suo schiavo e, nei casi che vi riporta la cronaca, non raramente uccide.

Il problema è che a fronte dei noti fatti violenti,  molte, troppe sono le schiavitù psicologiche, più subdole, meno consapevoli, sicuramente invisibili, mimetizzate per anni nella banale quotidianità.




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