-  Redazione P&D  -  25/05/2012

RIFLESSIONI SUL CALO DELLE ADOZIONI NAZIONALI - Maria Elisabetta CAPUTO

 

Sabato pomeriggio durante la Messa prefestiva, proprio di fronte al banco dove ero seduta, si è sistemata una coppia e, in mezzo a loro, vi era un bambino molto olivastro. Conosco personalmente questi coniugi e sono al corrente dei vari tentativi che hanno fatto per concepire un figlio frutto del loro amore. Ma, evidentemente, la vita aveva in serbo una scelta d'amore diversa da quella tradizionale.

 Dopo averli visti, confesso che la mia attenzione si è spostata tutta su di loro. Ho osservato subito il bambino: guardava il papà adottivo e non staccava mai lo sguardo da lui; poi ho osservato il papà: l'ho trovato un po' impacciato, ma in grado di trasmettere al piccolo un senso di sicurezza e protezione; infine ho osservato la mamma adottiva: sicura di sé, mi è parso abbia inteso che il bimbo, in questo momento, abbia molto bisogno del riferimento maschile, così l'ho notata composta, pronta a mettersi da parte per far emergere la figura paterna.

Terminata la Messa, mi sono avvicinata ai neo-genitori per felicitarmi con loro. Mi hanno subito presentato il loro bambino: è bulgaro, ha undici anni, ha vissuto da sempre in un istituto ove la figura predominante era quella femminile, hanno potuto portarlo in Italia due giorni prima di Pasqua.

 L'incontro con questa famiglia ha rinnovato nella mia testa alcune domande che mi pongo da diverso tempo: perché vi è una prevalenza delle adozioni internazionali rispetto a quelle nazionali? perché gli aspiranti genitori preferiscono adottare un bambino straniero? perché tanti minori italiani rimangono negli istituti in attesa di qualcuno che li ami? cos'è che non funziona? perché è più difficile rendere felice un bimbo italiano abbandonato o non riconosciuto dai propri genitori?

Mi sono ricordata di aver ritagliato, qualche mese fa, una pagina del Corriere della Sera in cui veniva affrontato proprio il "tema adozioni". L'ho trovata nel mio raccoglitore alquanto disordinato. È datata 14 gennaio 2012 e questo è il titolo: Ma non è solo questione di crisi. Senso di incertezza sociale e iter penalizzante. Perché una coppia su tre rinuncia. L"allarme delle associazioni.

La giornalista, Anna Tagliacarne, facendo sue le riflessioni e i dati forniti dal Presidente del Tribunale dei Minori di Milano, denuncia un calo del numero delle richieste presentate dalla coppie, per ottenere dai Tribunali dei Minori l"idoneità che consente di diventare genitori adottivi. La flessione a livello nazionale a far tempo dal 2004 fino ad oggi, è pari al 32%, vale a dire che una coppia su tre non se la sente più di affrontare il percorso e rinuncia in partenza.

 La giornalista prosegue affermando che i motivi che hanno generato tale preoccupante situazione sono diversi e potrebbero sintetizzarsi nei punti che seguono. 1) La situazione di incertezza sociale, il senso di precarietà diffuso, la paura per il futuro, sembrano andare contro la progettualità di avere un figlio, a maggior ragione se adottivo. La responsabile del settore adozione del CIAI - Centro Italiano Aiuti all"Infanzia – ha dichiarato che ultimamente si sono persino registrati casi di sospensione delle pratiche di adozione per motivi economici. Il costo di un"adozione, infatti, ruota intorno ai quindicimila euro, un impegno economico che di questi tempi può scoraggiare. 2) I bambini adottabili sono sempre più caratterizzati da bisogni speciali, provengono cioè da famiglie con forti disagi psichici oppure hanno patologie e malformazioni che rendono indispensabili svariati interventi chirurgici. 3) Problemi di natura procedurale: afferma Marco Griffini, presidente e fondatore dell"Ai.Bi. Associazione amici dei bambini, che le coppie dopo aver ottenuto l"idoneità dal Tribunale dei Minori, si trovano a dover sostenere anche quindici colloqui con psicologi, giudici e assistenti sociali, che si comportano come selezionatori del personale, tanto da mettere in difficoltà i potenziali genitori che, quasi, si sentono "messi sotto inchiesta". E tutto ciò non fa che scoraggiare l"adozione.

 A questo punto appare utile un breve cenno sulla procedura che deve seguire una coppia di coniugi che intende adottare un minore italiano. L'iter si suddivide in quattro tappe.

 

Prima tappa: presentazione della "domanda di adozione"

In realtà si parla di "dichiarazione di disponibilità" all'adozione, in quanto gli aspiranti all'adozione non vantano un "diritto" ad ottenere un bambino, ma possono solo esprimere la loro "disponibilità" ad adottarne uno.

Le domande possono essere presentate contestualmente in più Tribunali. Ogni Tribunale potrà richiedere diverse tipologie di documenti: dai certificati medici alla dichiarazione, da parte dei genitori viventi degli adottanti, di assenso all"adozione.

I coniugi interessati all'adozione devono in primo luogo rispondere ai requisiti previsti dall'art. 6 della Legge N. 184/1983 così come modificata dalla Legge N. 149/2001: la coppia deve essere regolarmente coniugata; deve essere coniugata da almeno tre anni (la stabilità del rapporto può ritenersi realizzata anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo, per un periodo di tre anni, prima del matrimonio); non deve avere in corso alcuna separazione sia essa di fatto o pronunciato dall'AGO; deve essere capace di educare, istruire e mantenere il figlio adottivo (requisiti che saranno oggetto dell'indagine dei Servizi territoriali, dopo il primo controllo da parte del Tribunale); l'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto anni ma non più di quarantacinque anni, l'età dell'adottando.

Se il Tribunale per i Minorenni dovesse ravvisare la manifesta carenza di uno dei requisiti sopra descritti, pronuncia immediatamente un decreto di inidoneità; diversamente, entro quindici giorni dalla presentazione della dichiarazione di disponibilità, trasmette ai Servizi Sociali degli Enti Locali, la documentazione relativa alla coppia aspirante. La dichiarazione di disponibilità ha un valore di tre anni dalla data di presentazione.

 

Seconda Tappa: l'indagine dei servizi sociali

Ricevuta quindi la domanda di adozione, il Tribunale dispone l"esecuzione (art. 57, L. 184/1983) di adeguate indagini da effettuarsi tramite i servizi sociali e gli organi di pubblica sicurezza.

 L"indagine dovrà riguardare in particolare:

a) l"attitudine a educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l"ambiente familiare;
b) i motivi per i quali gli adottanti desiderano adottare un minore;

c) la personalità del minore;

d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità degli adottanti e del minore.
La ASL della zona di residenza della famiglia avvierà, tramite i propri Psicologi e Assistenti Sociali dei consultori, una serie di colloqui preliminari e, al termine, verrà redatta una relazione psico-sociale riguardante gli aspiranti genitori adottivi, che metterà in evidenza i seguenti punti:

- la storia individuale di ciascuno dei coniugi (informazioni sulla famiglia d"origine, la carriera scolastica, il contesto lavorativo, gli eventi critici della propria vita);

- la storia di coppia: il momento in cui i coniugi si sono conosciuti, il matrimonio, la vita insieme, i rispettivi ruoli all"interno della coppia, gli interessi culturali e sociali, le caratteristiche del rapporto con gli eventuali figli, l"eventuale sterilità;

- l"organizzazione attuale della vita familiare;

- gli atteggiamenti della coppia nei confronti dell"adozione: chi ha avuto l"idea per la prima volta, quali informazioni hanno ricevuto e da chi, la conoscenza di altre famiglie adottive, le motivazioni della scelta adottiva, le aspettative e le preferenze, le eventuali divergenze d"opinione, le risorse che ritengono di possedere;

- gli atteggiamenti dei familiari, conviventi e non conviventi, nei confronti dell"adozione;
- le previsioni dell"adattamento della coppia all"evento: come i coniugi pensano di affrontare i cambiamenti nell"organizzazione familiare, la rivelazione al bambino della condizione di figlio adottivo, le differenze biologiche ed etniche.

 Lo psicologo, poi, approfondirà in modo esauriente il vissuto individuale e di coppia di fronte all"impossibilità di procreare e come ciò influisce sulla scelta adottiva.

 Gli organi di Pubblica Sicurezza, Polizia e/o Carabinieri, competenti nella zona di residenza dei coniugi aspiranti, accerteranno, invece, l'esistenza o meno di eventuali precedenti penali a carico degli adottanti.

 La relazione della ASL e quella redatta dagli organi di Pubblica Sicurezza saranno entrambe trasmesse al Tribunale per i Minorenni che ha in carico la domanda di adozione. Il Tribunale, dopo un colloquio con la famiglia aspirante, deciderà se accogliere la domanda o respingerla.

Nell'ipotesi di rigetto, emetterà decreto motivato, avverso il quale la coppia ha la facoltà (entro dieci giorni) di proporre ricorso dinanzi alla Corte di Appello.

 

Terza Tappa: l'attesa della risposta

 Se la coppia ha presentato sia la domanda di adozione nazionale sia quella di adozione internazionale ed un bel giorno riceve una chiamata dal Tribunale che li convoca per un incontro, si possono verificare le seguenti ipotesi:

 1) il Tribunale avverte che si tratta di un incontro di approfondimento per la domanda di adozione internazionale. Seguiranno ulteriori colloqui che preparano la strada per l'ottenimento del Decreto di Idoneità per un'adozione all'estero;

 2) il Tribunale non specifica nulla sulla natura della convocazione. Se l'incontro va a buon fine, la coppia sarà richiamata subito una seconda volta, seguiranno ancora altri incontri fino a giungere all"abbinamento con un bambino. La coppia si sta apprestando ad affrontare l'avventura di un'adozione nazionale.

 3) il Tribunale non chiama. In questo caso non c"è nulla da fare se non attendere. Se entro tre anni dalla dichiarazione di disponibilità la coppia non sarà mai convocata, occorrerà ripetere l"intera procedura.

 L'adozione in Italia rappresenta una sfida e una risorsa. In Parlamento, vi sono ben tredici proposte di legge presentate sulle adozioni nazionali, volte, in buona parte, a semplificare le procedure e a ridurne i tempi burocratici.

Interessanti al riguardo sono le due recenti sentenze della Suprema Corte: N. 3804 e N. 3805 del 2010 che danno applicazione a quanto già disposto nella Legge n. 149/2001 in materia di obbligo di assistenza del minore nella fase del processo inerente la sua adottabilità.

 I Giudici di merito concordano sulla nomina di un difensore d'ufficio in fase processuale solo pro-genitori e pro-parenti non pro-adottando che, pur nella sua qualifica di parte del processo, starà in giudizio con il proprio rappresentante legale (tutore o curatore speciale).

 Il tutore, investito della rappresentanza del minore fin dall'inizio del procedimento di adottabilità potrà essere destituito dal proprio incarico e nominato un curatore speciale allorquando il primo non provveda alla nomina di un difensore o nell'ipotesi più grave di conflitto d'interesse tra lui ed il minore.

 Le sentenze della Suprema Corte, definite "gemelle", si sono uniformate all'art. 8 della Legge n. 149/2001 per cui "il procedimento di adottabilità deve svolgersi, sin dall'inizio con l'assistenza legale del minore2 che, a sua volta, fa eco all'art. 10 della stessa Legge che non individua il minore tra i soggetti "destinatari" della difesa d'ufficio.

Fino al 2010, la giurisprudenza di legittimità aveva assunto un orientamento diametralmente opposto a quello delle c.d. "sentenze gemelle", orientamento avvalorato dalla convinzione che il procedimento di adozione del minore necessiti della nomina di un curatore speciale che possa validamente ed autonomamente rappresentarlo in giudizio tutelandolo nei suoi interessi (Cfr.: Cass. Civ., Sentenza N. 10228/09).

Oggi, aderendo ai principi costituzionali del giusto processo, del diritto di difesa, della protezione dell'infanzia, si torna a considerare il bambino parte autonoma del processo di adottabilità sia nei confronti dei genitori sia del tutore che lo rappresenta legalmente in mancanza di questi ultimi.

Secondo un'indagine svolta da Il Sole24Ore, i tempi di attesa affinché una coppia veda accettata la propria disponibilità all"accoglienza di un minore, si sono allungati e anche il semplice aspetto informativo sull"iter dell"adozione è divenuto causa di "malessere", tanto che spesso i potenziali genitori si sentono disorientati e confusi davanti alle difformità e frammentarietà delle notizie.

Se è comprensibile assicurare il massimo delle garanzie accordabili ad un bambino abbandonato, non è forse possibile attendere due anni o più per avere un giudizio di idoneità all"adozione in Italia. L"adozione in Italia deve mettere al centro dell"attenzione il bambino e la sua futura famiglia avendo a cuore il suo benessere e la sua felicità. Niente di più.

Da un'analisi sul tema sviluppata da Il Sole24Ore, appare anche una totale sfiducia da parte degli aspiranti genitori verso "la chiamata" da parte dei Tribunali. Tutti sanno quante disponibilità all"adozione giacciono nei data-base delle varie cancellerie adozioni e nessuno sa ad oggi quanti bambini possano essere effettivamente adottati in Italia. Manca ancora un censimento con dati certi.

A contribuire nel determinare un calo delle domande di adozione, vi è anche la realtà della inseminazione artificiale omologa ed eterologa (non ammessa nel nostro Paese).

A questo punto, si tratta di stabilire se l"inseminazione artificiale debba essere vista in una prospettiva di superamento dell"istituto dell"adozione o se, al contrario, debba rappresentare una sorta di extrema ratio. Una parte della dottrina e della giurisprudenza hanno aderito a questa seconda impostazione, facendone derivare, da un lato, l"esigenza di rivitalizzare l"istituto dell"adozione, semplificandone notevolmente le procedure, e, dall"altro, quella di applicare, in materia di procreazione artificiale, i principi desunti dalle leggi che disciplinano l"adozione.

È bene chiarire subito che si tratta comunque di due scelte differenti: l'adozione è una scelta di genitorialità che non deve essere subordinata ad impossibilità (ad es.: la sterilità) di alcun tipo; la procreazione medicalmente assistita è una scelta che risponde a determinati desideri e/o interessi che probabilmente la coppia ritiene di non poter soddisfare con l'adozione (ad es.: riprodursi geneticamente fin dove possibile; apparire come procreatori genetici dei propri figli).

 Personalmente, percorrerei la strada dell'adozione e anteporrei la bellezza di dare una famiglia ad un bambino a qualsiasi bisogno, desiderio o interesse individuale.

Spero che nelle coppie ci sia ancora fiducia nel percorso adottivo e che, se si avrà un censimento dei minori adottabili in Italia o se si apriranno nuovi canali, ci possa essere una ripresa, vale a dire che più bambini troveranno la loro famiglia.




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