-  Mazzon Riccardo  -  03/01/2013

ROVINA D'EDIFICIO O ALTRA COSTRUZIONE: E' RESPONSABILITA' OGGETTIVA? - Riccardo MAZZON

Quando il danno deriva da rovina d"edificio (o altra costruzione), il proprietario

"il proprietario, infatti, godendo della disponibilità giuridica dell'immobile, ha un'effettiva possibilità di intervenire nella manutenzione dell'edificio stesso" Di Giovine, La R.C. per danni da rovina di edificio, in Cendon (a cura di), La responsabilità civile, Torino, 1998, 416 - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012

può andare esente da responsabilità solo dimostrando che la rovina non dipende da difetto di manutenzione o vizio di costruzione; conferma, infatti, la giurisprudenza più recente che la responsabilità oggettiva, posta a carico del proprietario o di altro titolare di diritto reale di godimento per rovina di edificio (o di altra costruzione) ai sensi dell'art. 2053 c.c., può essere esclusa  

"soltanto dalla dimostrazione che i danni causati dalla rovina dell'edificio non siano riconducibili a vizi di costruzione o difetto di manutenzione, bensì ad un fatto dotato di efficacia causale autonoma rilevante come caso fortuito, comprensivo del fatto del terzo o del danneggiato, anche se tale fatto esterno non presenti i caratteri della imprevedibilità ed inevitabilità" (Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2010, n. 1002, GCM, 2010, 1, 81; GC, 2010, 3, 559 – conforme, in un caso in cui nessuna responsabilità ex art. 2053 c.c. è stata ravvisata a carico dell'amministrazione che aveva la disponibilità materiale e giuridica del compendio demaniale all'epoca del sinistro in quanto si è ritenuto che il danno fosse addebitabile esclusivamente al fatto gravemente colposo della vittima: Trib. Torino, 30 giugno 1997, RCP, 1998, 735);

ciò significa che, qualora la rovina dipenda effettivamente da tali cause - si confronti, ad esempio, la seguente pronuncia, relativa a danni prodotti da infiltrazioni di acqua fuoriuscita da uno scaldabagno staccatosi dalla parte dell'appartamento soprastante, laddove la Corte Suprema, in base al principio esposto in massima, ha cassato la sentenza di appello che aveva ritenuto mera occasione del predetto danno il distacco del cennato accessorio, imputabile al proprietario dell'appartamento, addossando all'inquilino l'esclusiva responsabilità dell'evento pregiudizievole a causa dell'allontanamento da tale appartamento senza averne preventivamente chiuso la conduttura idrica),

"in presenza di una pluralità di fatti imputabili a più persone e succedutisi nel tempo, a tutti deve riconoscersi un'efficacia causativa ove i fatti stessi abbiano determinato una situazione tale che senza essi l'evento, sebbene prodotto dal fatto avvenuto per ultimo, non si sarebbe verificato. Ed è irrilevante che la causa remota non abbia per sè sola determinato il danno, essendo sufficiente che essa abbia contribuito comunque in concreto alla produzione dell'evento dannoso" (Cass. civ., sez. III, 6 giugno 1980, n. 3650, GCM, 1980, fasc. 6) -,

il proprietario ne risponderà in ogni caso, a prescindere dal proprio contegno soggettivo (responsabilità oggettiva):

"qualora si verifichi la rovina di unità immobiliari urbane, non ha rilevanza l'epoca in cui furono estrinsecati i comportamenti apportatori del crollo, rispondendone il proprietario di esse al tempo della rovina, posto che su quest'ultimo grava l'onere di eseguire le manutenzioni per eliminare le anomalie anche se risalenti nel tempo. Qualora, poi, l'edificio consti di vetuste strutture portanti, sottoposte a sollecitazioni continue del traffico e della esecuzione di lavori nelle zone limitrofe, sicché una qualsiasi causa scatenante ne determini la rovina, per ovviare a questa, tutti i proprietari del condominio sono tenuti a eseguire le opere di manutenzione" (App. Roma 24 marzo 1999, AL, 2000, 88).

 

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Concretamente, il proprietario dovrà provare che la rovina dell'edificio è dipesa da caso fortuito

"la responsabilità del proprietario per i danni cagionati a terzi dalla rovina dell'edificio sussiste, ai sensi dell'art. 2053 c.c., in dipendenza di ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati, e può essere esclusa solo ove il proprietario fornisca la prova che la rovina non fu dovuta a difetto di manutenzione o a vizio di costruzione. Benché la norma non ne faccia menzione, ai fini dell'esonero del proprietario dalla responsabilità è consentita anche la prova del caso fortuito, ovvero di un fatto dotato di efficacia causale autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo, ivi compreso il fatto del terzo o dello stesso danneggiato. Tale esimente, che, in quanto comune ad ogni forma di responsabilità assume portata generale, si pone sul medesimo piano ed in rapporto di alternatività con quella speciale prevista dall'art. 2053, potendo configurarsi il caso fortuito tanto in negativo, quale assenza del difetto di costruzione o manutenzione, quanto in positivo, quale evento imprevedibile ed inevitabile, dotato di una sua propria ed esclusiva autonomia causale, come ad esempio un fenomeno che, scatenando in modo improvviso ed impetuoso le forze distruttive della natura, assuma proporzioni così immani e sconvolgenti da travolgere ogni baluardo posto a salvaguardia di uomini e cose" (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2005, n. 19974, GCM, 2005, 10 – conforme, in un caso in cui è stata confermata la responsabilità degli albergatori per i danni occorsi ad un bambino, travolto da un cancello metallico delle struttura alberghiera che era fuoriuscito dai binari. A detta della Corte, gli albergatori non erano stati in grado di provare né il difetto di manutenzione del cancello né il caso fortuito: Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2481, DeG, 2009),

o forza maggiore,

"tra i fattori esonerativi, oggetto della prova scagionante di cui è onerato il proprietario ai sensi dell'art. 2053 c.c., va annoverata anche la forza maggiore quale forza umana o della natura, improvvisa ed irresistibile, interruttiva del nesso eziologico o, a seconda della tesi che si adotti, imprevista ed imprevedibile usando dell'ordinaria diligenza, al ricorrere della quale il proprietario va mandato assolto da responsabilità per i danni cagionati" (Trib. Busto Arsizio 20 gennaio 2010, Redazione Giuffrè, 2010),

ipotesi che possono ben esser rappresentate anche dal fatto del terzo - come, ad esempio, nella fattispecie oggetto di disamina nella pronuncia che segue, dove la Suprema Corte ha confermato la pronuncia che, in caso di rovina di una grotta per lavori eseguiti su autonoma iniziativa e sotto la direzione del marito della proprietaria, aveva escluso la responsabilità di quest'ultima ancorché potesse avere conoscenza dell'attività del coniuge)

"l'art. 2053 c.c. pone a carico del proprietario per i danni cagionati dalla rovina degli edifici una responsabilità legale presunta: tale presunzione, essendo "iuris tantum", può essere superata mediante la prova che la rovina non sia stata determinata da vizio della costruzione, o da difetto di manutenzione, bensì da caso fortuito o forza maggiore, oppure da fatto imputabile in tutto o in parte ad un terzo o allo stesso danneggiato" (Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 1988, n. 6938, GCM, 1988, fasc.12) -,

ovvero del danneggiato stesso, come ad esempio accaduto nel caso concreto propromico alla seguente decisione, laddove la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito, che aveva escluso ogni responsabilità del proprietario di un edificio in corso di intervento manutentivo, a fronte della caduta dal tetto del tecnico, incaricato della manutenzione, e quindi a conoscenza dello stato di precarietà in cui versava l'immobile, non avendo questi adottato le doverose ed essenziali precauzioni volte ad assicurare che l'ispezione che si apprestava a compiere si svolgesse in situazione non pericolosa:

"l'art. 2053 c.c. pone a carico del proprietario di un edificio una responsabilità legale presunta, che può essere vinta, senza che si dia luogo necessariamente al concorso di responsabilità del proprietario dell'edificio, qualora si provi l'esistenza di un'altra causa dell'evento dannoso avente una efficienza causale del tutto autonoma ed esclusiva rispetto al vizio di costruzione o al difetto di manutenzione. " (Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2004, n. 5127, GCM, 2004, 3; DeG, 2004, 23, 106).

 




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