-  Cendon Paolo  -  29/09/2012

SALLUSTI E FARINA: GALERA NO, RISARCIMENTO DEL DANNO SÌ – Paolo CENDON

Mandare in galera i direttori e giornalisti che diffamano il prossimo? Direi proprio di no.

Qualche sanzione non troppo pesante può ben essere opportuna, sotto il profilo penale, almeno per i casi più gravi di lesione dell"onore; insieme (aggiungerei) a qualche punizione sotto il profilo disciplinare e amministrativo - come già oggi accade,  per le ipotesi di una certa serietà.

Galera no comunque.

Non vorrei però che (nel clima di indulgenza/comprensione verso i giornalisti, instauratosi in questi giorni con il caso Sallusti)  dimenticassimo - ecco il senso delle presenti note - come vi sia un rimedio dell'ordinamento  che può, in situazioni simili, risultare non poco efficace,  talora penetrante, a fini preventivi e anche repressivi: ossia il risarcimento del danno.

Quello della diffamazione è, in effetti, il tipico campo nel quale risvolti funzionali di tipo risarcitorio, preventivo, sanzionatorio (e non solo), possono combinarsi utilmente e sapientemente fra loro.

 

Non sarei tanto sicuro allora che – a parte la nostra Sabrina Peron e pochi altri - chi parla e scrive di danni in materia di diffamazione sappia esattamente, punto per punto, quali sono sulla carta le voci  da prendere in considerazione, tecnicamente,  ai fini del quantum.

Ecco dunque qualche appunto sparso.

 

Danni patrimoniali – Sia il "danno emergente" che il "lucro cessante", in ambito di lesioni dell"onore, possono essere talvolta  complicati da provare.

L"art.1226 c.c. afferma -  come si sa -  che il fatto che la misura del quantum sofferto appaia per se stessa incerta (dieci, cento, mile?) non impedisce che il danno  sia, per principio, risarcibile come tale. Sarà il giudice a valutare equitativamente, discrezionalmente,  l"ammontare dovuto.

L"opportunità che il dolo (colui che diffama è quasi sempre in dolo, o almeno in colpa grave, la figura della diffamazione colposa è alquanto accademica) venga adeguatamente riprovato/biasimato, porta a concludere  che qualche indizio rivelatore - circa il danno sofferto  - la vittima dovrà pur fornirlo al giudice; dopo di che, il gioco delle presunzioni processuali sarà destinato ad articolarsi (ecco il nocciolo) in netto sfavore del convenuto, e ciò tanto più  risolutamente quanto più l'animus nocendi dell"agente sia apparso odioso e  raffinato.

Intended consequences never too remote.

Spese fatte, in primo luogo, costi sopportati per la rimozione, beni distrutti o lasciati deperire, soldi buttati via; nonché, in più, tutto ciò che la vittima avrebbe guadagnato se l"illecito non glielo avesse impedito.

Cioè, la vittima dovrà sempre allegare e provare in giudizio, di suo, almeno a livello  congetturale-presuntivo, una  tendenzialità/probabilità di danni da 50.000 euro  (poniamo): il che farà  spesso inferire - visto che c"è dolo - una fascia di ulteriori  20.000 di sottostanti. Questi ultimi non dovranno  essere provati dalla vittima, in  maniera diretta e particolareggiata: si supporranno in automatico, proprio perché c"è il dato della dolosità della condotta  a monte -  chi è maligno o troppo disinvolto nelle sue false affermazioni allorquando scrive pamphlet, editoriali, libelli, volantini o  articoli di giornale,  non può, per definizione, non "fare danni" più o meno significativi,  a questo mondo.

Spetterà poi al convenuto "controprovarne" l"assenza, rovesciare cioè la presunzione (dimostrare che l'attore quei danni non li ha, in effetti, subiti);  se no andranno anch"essi risarciti  -  totale, allora, 70 di danno emergente e di mancato guadagno da risarcire.

 

Riparazione – L"art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, disposizioni sulla stampa, dispone com"è noto: "Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre il risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 185 del Codice penale, una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell'offesa ed alla diffusione dello stampato".

Si tratta di un caso esemplare di "pena privata", stabilita (espressamente) dal legislatore:  siamo davanti cioè ad una somma da aggiungere all"ammontare complessivo del risarcimento, con finalità prettamente afflittive e ammonitrici.

Tutte le variabili  suscettibili di  rilevare, sul terreno storico e antropologico, andranno prese in  considerazione e valutate, dal giudicante, ai fini dell'esatta quantificazione (della "pena"); personalità del diffamante, del diffamato, target, natura della notizia lesiva, tipo e diffusione del mezzo, durata della campagna, intensità della mala fede, etc.

Ad esempio, in un caso come quello in questione, in cui un giornalista di dubbia specchiatezza avrebbe, se ho ben capito, accusato un giudice di aver "spinto" una ragazzina ad abortire, direi che una riparazione di qualche decina di migliaia euro – se è vero che, di euro, Bobo Vieri se ne è visti concedere un milione poche settimane fa a Milano (a titolo di risarcimento per lo spionaggio patito) – potrebbe starci senza difficoltà.

 

Lesione della salute mentale – Se ci fosse la certificazione medica o comunque una risultanza sicura che, a seguito della diffamazione, la vittima ha riportato  veri e propri disturbi di ordine psichico, mettiamo sotto il profilo depressivo o paranoico, anche i danni (patrimoniali e non patrimoniali) riconducibili a tale sub-evento lesivo potrebbero venir risarciti.

 

Danno non patrimoniale: profili biologici - I profili dell"eventuale danno biologico (fisico), di solito transeunte in ipotesi simili, saranno risarcibili alla vittima qualora provati: mal di testa, insonnia, digestione cattiva, asma, tic, svenimenti, sangue da naso, aritmie, spasmi, contrazioni muscolari, incubi, amnesie, balbuzie, ulcera, cistiti, mal di pancia, vomito, eczemi, tentazioni bulimiche, disturbi intestinali, e così via.

Qualcosa di definitivo in più, di duraturo comunque? Non so, potrebbe anche essere.

Pur qui opererà, in ogni caso, la presunzione che  colui che  è vittima di un dolo diffamatorio, specie se di tipo burino e truculento, va incontro per default  a ripercussioni negative del genere; spetta cioè ai convenuti controprovare, in casi simili, che quel soggetto "disonorato"  non ha mai, in realtà, accusato inconvenienti  fisici di sorta.

Una manciata di qualche decina di migliaia di euro, tenuto conto delle circostanze, potrebbe - anche qui  - essere sufficiente.

 

Danno non patrimoniale: profili morali – Si tratta delle "sofferenze interne" che una vittima come quella del nostro caso avverte  ove si trovi a patire, da un diffamante come quello del nostro esempio, violazioni all"onore come quelle che ha patito hic et nunc il giudice offeso.

Varranno ancora una volta le considerazioni di cui sopra.

Una manciata di poche decine di migliaia di euro potrebbe, tenuto conto delle peculiarità del caso, essere di nuovo sufficiente.

Ove la vittima pretenda qualcosa di più, perché sostiene che le sue sofferenze sono state, nella fattispecie,  più intense e profonde del normale, dovrà provare in giudizio - mettiamo - la propria costituzione interna particolarmente fragile, sensibile (ciò che non è pressoché mai, attenzione, una giustificazione o una via di fuga per il convenuto, sotto il profilo causale: take your plaintiff as you find him), oppure l"imperdonabilità delle insinuazioni e accuse specifiche, la premeditazione di base (maggior cattiveria, maggiori contraccolpi emotivi per il destinatario), le circostanze ambientali che possono aver aggravato quel livello di patimenti, etc.

 

Danno non patrimoniale: profili esistenziali – Si tratta delle varie "attività realizzatrici" che la vittima di una diffamazione è indotto, sovente,  a non più  coltivare dopo il patimento dell"illecito (momenti affettivi che saltano, oppure cadute sessuali, vita sociale impoverita, ombre mondane, lavori scientifici accantonati, progetti dismessi, creatività sospese, club sportivo trascurato, volontariato abbandonato, politica rinunciata, tempo libero peggiore, auto-isolamento, etc.), nonché delle iniziative pesanti e defatiganti  - a livello metropolitano, burocratico, organizzativo, legale, ambulatoriale   - che sempre la vittima ha dovuto intraprendere per rintuzzare o neutralizzare riflessi di tipo lesivo.

Vale al riguardo quanto detto sopra.

 

Assicurazione – Non saprei dire  a quale  cifra complessiva si possa arrivare, mettendo insieme le varie poste lesive,  in un caso come quello  in esame.

Direi che i nostri diffamanti possono stare abbastanza tranquilli: non credo che sommando tutto quanto   si giungerebbe mai oltre una soglia di trecento mila euro, forse 350.000, tenuto conto della voce  "riparazione" dovuta aggiuntivamente.

Tutte somme – questo sì - non coperte da  assicurazione, visto che qui c"è a monte il dato del dolo del convenuto, realtà soggettiva mai di per sé assicurabile (art. 1917 c.c., primo comma).




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