-  Basso Paolo  -  24/05/2013

SE NON SI CHIEDE LELIMINAZIONE DEI VIZI BISOGNA PAGARE LAPPALTATORE – Paolo BASSO

Nella sua sinteticità la motivazione della sentenza può apparire contraria ad una giustizia sostanziale ma, in realtà, risponde a ben precisi princìpi giuridici.

Nella fattispecie oggetto del giudizio il petitum consisteva nella richiesta di danni derivanti dai vizi nell"esecuzione dei lavori ma va detto che il profilo giuridico rilevato dalla Suprema Corte vale anche per il caso in cui si faccia valere l"eliminazione diretta dei vizi da parte dell"esecutore del lavoro e non già solo il risarcimento del danno derivante dalla sussistenza di tali vizi.

Innanzitutto non bisogna equivocare sul principio giuridico applicato dalla Cassazione e, prima ancora, equivocare sulla fattispecie concreta.

Infatti la domanda del danneggiato non era rivolta al corretto adempimento dell"appalto bensì, sebbene la narrativa in fatto non sia esaustiva, pare di capire che fosse rivolta alla declaratoria di illegittimità del mancato pagamento a fronte di una sorta dovuta "compensazione" con i danni derivanti dai vizi e difetti delle opere.

Non vi è dubbio, infatti, che, qualora il committente abbia scelto il rimedio dell"eliminazione dei vizi dell"opera, egli non sarà tenuto verso l"appaltatore alla corresponsione del prezzo prima che i difetti siano stati eliminati, potendo quindi fino a quel momento giovarsi del principio inadimplenti non est adimplendum sancito dall"art. 1460 c.c. (M.C. Cervale, in Commentario al codice civile, a cura di Paolo Cendon, sub art. 1668, pag. 290; Cass. 8/5/1981, n. 3006; Cass. 27 10.1965 n. 2269).

Pertanto è pienamente ammissibile e fondata l"eccezione di inadempimento sollevata dal committente nei confronti dell"appaltatore, che richieda il pagamento preventivo del corrispettivo prima che i vizi e le difformità siano eliminati, nonostante la conforme richiesta del committente medesimo.

Va segnalato, a tal proposito, che una parte della giurisprudenza precisa come il principio debba essere applicato solo previa valutazione comparativa del comportamento di entrambe le parti inadempienti ed il giudice quindi non deve avere riguardo solo alle obbligazioni principali del contratto di appalto corrispettive (il pagamento del compenso e la realizzazione dell"opera) ma anche a quelle cosiddette "collaterali di collaborazione".

Quindi l"inesigibilità del corrispettivo spettante all"appaltatore si protrae sino a che i vizi non vengano eliminati oppure il committente non opti per la riduzione del corrispettivo stesso (G. Musolino, Appalto e contratto d"opera. La responsabilità, Bologna, 2012, pag. 64).

Si tratta, in sintesi, di porre un principio che richiede che entrambe le parti siano in regola con le proprie rispettive prestazioni contrattuali (D. Rubino - G.iudica, Dell"appalto, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di Francesco Galgano, Bologna, 1992, pag. 420).

Tanto precisato e venendo alla trattazione specifica del caso deciso con la sentenza in rassegna, va intanto precisato che il problema della concorrenza fra la norma di cui all"articolo 1668 c.c. e la norma di cui all"articolo 1460 c.c. si pone solo allorquando l"opera risulti interamente compiuta, giacché, altrimenti, si applicano le norme generali sull"inadempimento e pertanto verranno in rilievo gli artt. 1453 e segg. c.c.

La prima norma, come noto, impedisce al committente di provvedere senz"altro a fare eliminare i difetti a sua cura oppure ad opera di un terzo ma dispone che l"appaltatore sia tenuto anzitutto ad eseguire direttamente la correzione o riparazione. Il committente dovrà quindi prima ottenere una sentenza di condanna e poi procedere nell"esecuzione forzata in forma specifica ai sensi dell"art. 2931 c.c. (Cass. 4/8/1988 n. 4839). Va dato conto, tuttavia, che un diverso orientamento della stessa Suprema Corte ammette che il committente possa provvedere direttamente all"eliminazione dei difetti dell"opera sebbene a spese dell"appaltatore (Cass. 27/2/1991 n. 2110.

La sentenza qui in commento, ponendosi nel solco di un orientamento che si può definire consolidato, dichiara applicabile l"art. 1460 c.c. solo quando il committente abbia richiesto all"appaltatore l"eliminazione dei vizi e delle difformità. E le rispettive domande di adempimento dovranno sempre essere strettamente connesse alle obbligazioni derivanti dal contratto di appalto giacché la richiesta di eliminazione dei vizi e difetti non ha alcun effetto novativo ossia non fa sorgere un nuovo obbligo a carico dell"appaltatore bensì costituisce solamente una sollecitazione al corretto adempimento delle obbligazioni che già sorgevano, come detto, in base all"originario contratto di appalto.

Come noto, l"eccezione di inadempimento può essere sollevata solo se l"adempimento della controparte è ancora possibile, atteso che, se l"inadempienza è definitiva, non è legittimo il rifiuto di adempiere con cui la parte voglia precostituirsi un risarcimento dei danni subiti (Cass. 31/3/1988 n. 2721). Naturalmente l"eccezione può essere sollevata anche nei confronti del contraente il cui inadempimento sia incolpevole e può essere accolta solo se accompagnata dall"offerta di adempimento dell"eccipiente e, in generale, se non è contraria alla buona fede.

Se l"eliminazione dei vizi e difetti non è più possibile, non si applicheranno le norme sopra citate bensì si ricadrà in una fattispecie di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento dell"appaltatore.

Pertanto la richiesta di eliminazione dei vizi e difetti si pone come una sollecitazione necessaria affinché l"appaltatore avanzi l"offerta di corretto adempimento delle sue obbligazioni. Né tale sollecitazione costituisce adempimento ridondante e superfluo (ed inutilmente gravoso per il committente) se si considera che l"appaltatore non potrebbe avanzare spontaneamente la sua offerta di corretto adempimento, poiché in tal modo usurperebbe in capo a se stesso la facoltà di scelta fra l"eliminazione dei vizi o difformità a spese dell"appaltatore oppure la proporzionale diminuzione del prezzo che, invece, l"art. 1668 c.c. attribuisce al committente.

Deve quindi essere accolta con favore la conferma di un principio giurisprudenziale che, nonostante l"apparente carattere penalizzante per il committente, in realtà è rispettoso dei rigorosi princìpi della teoria generale del contratto e della normativa specifica del contratto tipico di appalto, con tutela delle prerogative proprio di quel committente che, ad una lettura superficiale della pronuncia, sembrerebbe inutilmente pregiudicato.




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