In generale, risulta pacifico che il condomino sia tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano (o di una porzione di piano facente parte del condominio): e, siccome l"obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire alla spesa - cfr., amplius, "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013 -.
Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, la soluzione al posto quesito di diritto, dipende dalla diversa origine della spesa, alla quale il condomino deve contribuire.
Potendo, infatti, trattarsi:
solo nel primo caso la nascita dell"obbligazione coinciderà con il compimento effettivo dell"attività gestionale (mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell"edificio o alla prestazione di servizi nell"interesse comune)!
In tali casi, l"obbligo insorge, ex lege, non appena si compia l"intervento nel nome di un"esigenza collettiva apprezzata dall"organo - l"amministratore - nelle cui attribuzioni rientra "erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell"edificio e per l"esercizio dei servizi comuni".
Sebbene, infatti, queste spese siano normalmente precedute dal preventivo annuale approvato dall"assemblea, la loro erogazione effettiva non è mera esecuzione della delibera assembleare: e ciò,
In questo senso è orientata la giurisprudenza quando,
Diverso è il secondo caso sopra richiamato.
Quanto alle opere di manutenzione straordinaria ed alle innovazioni (le quali debbono essere preventivamente determinate dall"assemblea nella loro quantità e qualità e nell"importo degli oneri che ne conseguono), la delibera condominiale, che dispone l"esecuzione degli interventi, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino; in tal caso, l"obbligo di contribuire alle spese discende (non dall"esercizio della funzione amministrativa rimessa all"amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo) ma, direttamente, dalla delibera dell"assemblea.
Conseguentemente (in caso di vendita di un"unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni), in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente sarà tenuto a sopportare le spese de quibus chi era proprietario al momento della delibera dell"assemblea (che aveva disposto l'esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione): sicché, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell"atto di trasferimento dell"unità immobiliare, ne risponderà il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente,
"e l"acquirente avrà diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'articolo 63 delle disposizioni d'attuazione al codice civile" (Cass., sez. II, 3 dicembre 2010, n. 24654, GCM, 2010, 12; FI, 2011, 1, 56).
Le argomentazioni normative a quanto testé riferito paiono molteplici:
Ci si è anche chiesti, in argomento, cosa accada in presenza di vendita parziale di una unità immobiliare di un edificio condominiale: in tal ambito è stato deciso che l'acquirente non è solidalmente responsabile con l'alienante, per il pagamento degli oneri condominiali relativi all'intero immobile, bensì
"è tenuto al pagamento degli oneri riferiti alla sola porzione acquistata" (Trib. Napoli 27 gennaio 2004, Gius, 2004, 3048).
Da tener presente, altresì, in argomento, come la legge n. 220 dell'11 dicembre 2012 abbia introdotto il disposto secondo cui chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato, solidalmente, con l'avente causa, per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.