-  Cesare Fossati  -  05/07/2016

Si respira diritto europeo nella pronuncia della Cassazione n. 13435 del 30 giugno 2016 in tema di diritti fondamentali - Cesare Fossati

E' necessario un ricorso per revocazione ai sensi dell'art. 391-bis cpc di un precedente arresto della Cassazione per risollevare le sorti di una vicenda dai contorni inquietanti, rappresentati da uno Stato che sostituisce i genitori perché non rientrano nei canoni di adeguatezza stabiliti dal consulente.

La giurisprudenza europea è così chiamata a fungere da testa d'ariete che permette alla Cassazione di porsi ad un livello superiore da sé stessa, tanto da giustificare la revisio prioris istanziae.

 

 

La sentenza n. 13435 del 30 giugno 2016 della Corte di Cassazione mette mano ad un caso di "malagiustizia" e consente di far tirare un sospiro di sollievo in primo luogo ai protagonisti della vicenda. Il tutto al prezzo di un lungo e tortuoso percorso fatto di battaglie legali giunte sino ad un quarto grado di giudizio (con rinvio al quinto) per ottenere il rovesciamento della sentenza che aveva dichiarato adottabile la loro bambina.

Sei anni dall'episodio che aveva dato inizio al loro calvario: la figlia era nata nel 2010 a seguito di fecondazione assistita da coniugi in età avanzata: settant'anni lui, cinquantasette lei. La neonata era stata sentita piangere dai vicini di casa che l'avevano trovata da sola nella macchina parcheggiata sotto casa. Avevano bussato alla porta dell'abitazione, ivi vi avevano trovato il padre il quale affermava che la situazione era sotto controllo perché stava per raggiungerla per recarsi con lei dalla madre che si trovava da un'amica.

Di qui la denuncia di abbandono di minore ed i successivi meccanismi, talvolta - come in questo caso - perversi di autonomia dei giudizi penale e civile.

Così accade che in sede civile, nel giudizio sullo stato di abbandono della minore, la vita della coppia venga sottoposta a severo esame alla ricerca degli indici di inidoneità genitoriale e la bambina affidata ad altro nucleo.

La capacità genitoriale era quindi scandagliata da un consulente tecnico che metteva in dubbio la capacità di rapportarsi in concreto con l'esperienza della genitorialità.

Quel che risulta francamente inconcepibile è l'impermeabilità dei giudizi delle diverse autorità giudiziarie che si trovano a pronunciarsi sovrapponendosi.

I due giudizi, quello civile da una parte e quello penale dall'altra, hanno svolgimenti e tempi differenti e questo ha conseguenze talvolta irreparabili sulla vita delle persone.

La precedente sentenza della Cassazione, la n. 25213 del 8/11/2013 aveva valutato come irricevibile la sentenza del giudice penale che mandava assolti i coniugi dal reato di abbandono di minore ex art. 591 c.p. e ciò in quanto sopravvenuta nel corso del giudizio di legittimità, nel quale la produzione di tale documento risultava inammissibile ai sensi dell'art. 372 cpc.

La Cassazione del 2013 aveva ritenuto che il giudizio negativo sulle modalità particolarmente distoniche dei genitori di rapportarsi con la bambina e di instaurare un rapporto con essa, fosse da confermare.

Nel far ciò il giudice di legittimità prendeva a prestito dal consulente tecnico la cassetta degli attrezzi del sezionatore di stereotipi: in tal modo viene messo sotto la lente d'ingrandimento del ricercatore di pulsioni il desiderio di paternità e di maternità, cosicché l'uno – il padre – risulta il riflesso delle aspettative della madre, mentre quest'ultima appare troppo proiettata nella realizzazione dei propri desideri per concepire i bisogni della bambina.

Per la Suprema Corte la sentenza va revocata perché fondata su errore di fatto: lo stato di pericolo era infatti risultato escluso in forza della sentenza penale.

Quanto al giudizio rescissorio, vale a dire i motivi dell'originario ricorso per cassazione che tornano ad essere oggetto di valutazione, essi per la Corte devono trovare accoglimento.

L'adozione presuppone una situazione grave ed irreversibile.

Nel caso di specie si è partiti da un fatto certo grave: l'aver lasciato una bambina di pochi mesi sola in macchina, per una durata di tempo non istantanea, per andare tuttavia alla ricerca di possibili inadeguatezze genitoriali, con probabile immanente pre-giudizio dato dalla considerazione dell'età avanzata dei neo-genitori. Che tuttavia la condotta dei genitori, che si assuma essere fonte di possibile pregiudizio per la figlia, sia anche irreversibile è molto più complicato da sostenere.

Quale il punto di rottura?

Soccorre alla bisogna la Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 4 novembre 1950), che entra nel nostro sistema per il tramite rappresentato dalla clausola di rinvio dell'art. 117 della Costituzione.

Notevole nella pronuncia in commento il riconoscimento del valore di precedente vincolante delle decisioni della Corte di Strasburgo, che comincia a profilarsi come anello di un sistema che consente uniformità di decisioni e appresta le linee guida necessarie ai fini della certezza del diritto.

Quale dunque lo stato dell'arte della giurisprudenza Cedu in tema di limiti al rispetto della propria vita privata e familiare? La dichiarazione di adottabilità per superare il vaglio dell'art. 8 deve perseguire uno scopo legittimo ed essere necessaria in una società democratica: l'ingerenza dello Stato deve fondarsi su un bisogno sociale imperioso e deve essere proporzionata all'interesse del minore, che non è certamente quello di avere una famiglia migliore.

Nella sentenza di merito italiana l'elemento fondante è costituito dall'episodio dell'abbandono, intorno al quale traspaiono elementi latenti e fuorvianti: quelli relativi all'età dei genitori, nonché alla loro propensione alla genitorialità.

La giurisprudenza Cedu è molto più stringente e la sentenza impugnata non passa il suo vaglio, che è ora prima di tutto di Cassazione, ma si auspica provochi una più ampia diffusione degli orientamenti Cedu anche nel giudice di prossimità, perché il trascorrere del tempo è già di per sé un danno e può avere effetti irrimediabili sui rapporti tra il minore ed il genitore che non vive con lui.




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