Cultura, società  -  Maria Rosa Pantè  -  07/03/2022

Simone, la mistica

L'ho incontrata intorno al 1997, ricordo che nella mia vita lei è entrata insieme al mio compagno e insieme a un altro amore, cioè Claudio Monteverdi.

Simone Weil, di lei sto parlando, mi ha cambiato la vita.

Simone Weil nata nel 1909 in Francia e morta in Inghilterra nel 1943 è stata mistica, politica, sindacalista, insegnante, operaia, contadina, poetessa, filosofa e persino combattente.

Ho scritto tanto su di lei, sui suoi viaggi in Italia, sulla sua idea di insegnamento, lei ha scritto così tanto che è difficile leggere tutto, per cui consiglio di cercare notizie su web, mentre vi chiedo di seguirmi sul versante combattente.

Simone Weil voleva capire, capire come era il lavoro manuale e fu operaia, capire cosa erano nazismo e fascismo e come erano percepiti e viaggiò in Germania e in Italia... capire cosa voleva dire combattere e si arruolò in Spagna durante la guerra civile del 1938 che portò al potere il dittatore Francisco Franco e fu una prova generale della seconda guerra mondiale.

Simone si arruolò con le milizie anarchiche e della sinistra. Siccome era molto miope ogni volta che imbracciava un'arma i compagni erano preoccupati e restò sul fronte poco tempo perchè ebbe un incidente, si scottò con l'acqua bollente, e dovette tornare a Parigi.

Durante quei pochi mesi però maturò un'idea ben precisa della guerra e ne scrisse in una lettera potente (come tutto ciò che scrive e fa la Weil) indirizzata allo scrittore Bernanos.

In questo tempo di guerra, in questo tempo in cui TUTTI e TUTTE paiono invasati da un furore bellicista che mi fa orrore, in questo momento in cui ancora si pensa che ci sia una guerra giusta trascrivo più sotto solo un pezzo della lettera che la Weil scrive. In questo passo la Weil ci dice cosa sia per l'essere umano la guerra e io spero che le sue parole siano una sveglia per chi in questi tempi dice "mandiamo armi, fabbrichiamo più armi, riarmiamoci". Ecco il passo (la lettera integrale si trova su web):

Per quanto mi riguarda, ho avuto la sensazione che quando le autorità temporali e spirituali hanno messo una categoria di esseri umani fuori da quelli la cui vita ha un prezzo, non c’è niente di più naturale per l’uomo che uccidere. Quando si sa che è possibile uccidere senza rischio di castigo o di biasimo, si uccide o almeno si circondano di sorrisi incoraggianti coloro che uccidono. Se per caso si prova un po’ di disgusto, lo si fa tacere, e presto lo si soffoca per paura di sembrare privi di virilità. Si tratta qui di un allenamento, di un’ebbrezza cui è impossibile resistere senza una forza d’animo che devo credere eccezionale poiché non l’ho incontrata da nessuna parte. Ho incontrato invece dei Francesi pacati, che fino ad allora non disprezzavo, che non avrebbero avuto l’idea di andare li persona a uccidere, ma che stavano immersi in quell’atmosfera intrisa di sangue con un visibile piacere. Per questi d’ora in avanti non potrò mai avere nessuna stima.




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