-  Santuari Alceste  -  23/08/2012

SOGGETTI DEBOLI, SUSSIDIARIETA E VALORE DEL NON PROFIT – Alceste SANTUARI

La questione relativa ai diritti delle persone fragili merita di essere considerata e inquadrata nel contesto delineato dal"art. 3 della Costituzione, secondo il quale tra i compiti prioritari della Repubblica vi è quello di costruire e attuare un programma di giustizia sociale capace di eliminare le diseguaglianze esistenti e favorire, per quanto possibile, percorsi autonomi a favore delle persone più deboli.

In questa prospettiva, dunque, i diritti sociali, così come contemplati nella prima parte della Costituzione acquistano, se possibile, un primato sia culturale sia giuridico-organizzativo, atteso  che proprio alle strutture organizzate, siano esse di stretta emanazione degli enti locali ovvero non profit, è affidato il compito importante di tradurre in azioni ed interventi il principio affermato nell"art. 3 e nell"art. 2 della Costituzione, che postula il principio di solidarietà.

Accanto a questi due articoli, occorre menzionare anche la previsione contenuta nell"ultimo comma dell"art. 38 Cost.: "L"assistenza privata è libera". Si tratta di una disposizione che appare direttamente proporzionale a quanto disposto dall"art. 118 Cost., ultimo comma, laddove si "costituzionalizza" il principio di sussidiarietà orizzontale, secondo il quale "Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà".
Le organizzazioni non profit dimostrano spesso di saper intervenire per rispondere alle mutate e diversificate esigenze che promanano dalla società civile e, soprattutto, dagli strati più deboli e svantaggiati della stessa. Le organizzazioni non profit non si limitano dunque a migliorare le condizioni di vita delle persone, ma devono pensare a migliorare le loro capacità di vita. Ciò implica, tra l"altro, presentare assetti organizzativi, "sensibilità" territoriale e "vocazione" all"altro, elementi che insieme definiscono azioni ed interventi che superano i confini della funzione redistributiva e che integrano la nozione di "servizi di interesse generale", così come definiti a livello comunitario. Una siffatta configurazione produce (inevitabilmente) ricadute sulle forme giuridico-organizzative e sui rapporti con gli enti locali.
In passato si è sostenuto, che la cornice normativa dovesse (e in talune parti dovrebbe) essere rivista e aggiornata allo scopo di permettere uno sviluppo più moderno e in linea con altre esperienze europee. In questa direzione, allora, si è correttamente richiamata l"attenzione sull"azione economico-imprenditoriale delle associazioni e fondazioni, così da permettere alle stesse di recuperare efficienza ed efficacia nell"erogazione dei servizi. Componente essenziale per un futuro e strutturato sviluppo delle organizzazioni non profit, ma che oggi alla luce delle evoluzioni della società civile, dell"azione degli enti pubblici, in specie a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione del 2001 e del riconosciuto principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 u.c) non sembra più risultare forse così determinante.

L"evoluzione giurisprudenziale, talune interpretazioni dell"Agenzia delle Entrate, nonché il contesto normativo, sia esso nazionale ovvero regionale sembrano, oggi più che in passato, anche grazie alle "chiavi di lettura" fornite a livello UE, favorevoli ad una evoluzione positiva delle organizzazioni non profit. Le forme giuridico-organizzative a disposizione per la gestione e l"erogazione di servizi di interesse generale non sembrano invero impedire alle organizzazioni non profit di innovare ovvero di sviluppare la loro azione, in specie a livello locale. In molti casi, le stesse organizzazioni (associazioni, fondazioni e cooperative sociali) sono alla ricerca di assetti interni di governance e di collaborazioni con altre realtà non lucrative sul territorio, attraverso i quali, pur non volendo rinunciare alla loro precisa configurazione, condividere risorse e realizzare progetti integrati a beneficio della comunità.
Le organizzazioni non profit non sono (solo) – come talvolta anche il Fisco sembra considerarle – realtà dietro le quali si celano interessi "privati", ma tentativi di fornire risposte alle situazioni di disagio (che non certo non mancano in questo periodo storico) che emergono nella società. A chi sostiene che qualunque intervento del privato nell"assistenza, nella sanità, nell"educazione e nel tempo libero sia inevitabilmente portatore di interessi particolari in contrasto con il bene comune, occorre ricordare che la società italiana è ricca di esempi virtuosi di realtà in cui l"agire delle persone genera benefici per la collettività, tanto che recentemente autorevoli osservatori dei fenomeni sociali (Giulio Sapelli) hanno identificato questo universo così variegato quale "economia morale".

La sussidiarietà non può certo essere utilizzata come una clava agitata in aria da alcuni audaci sostenitori del non profit contro le istituzioni nemiche, affinché queste ultime soccombano e trionfi il privato. Ma nemmeno può invocarsi il diritto dell"ente pubblico di "plasmare" il settore non profit "a sua somiglianza". La situazione attuale sembra, invece, propizia per unire pubblico e privato non profit nella costruzione di una welfare community, in cui ruoli e responsabilità siano sì condivise, ma chiaramente identificabili e riferibili a modalità di azione e gestione diverse, che chiedono di essere rispettate e valorizzate nella loro autonomia decisionale ed organizzativa.




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