-  Conzutti Mirijam  -  05/03/2012

SOGGETTO PENALMENTE RESPONSABILE, COMPLESSI ORGANIZZATI, IMPRESA GIORNALISTICA - Mirijam CONZUTTI

La struttura societaria è lo strumento che viene utilizzato quale mezzo per operare nel modo più competitivo possibile all"interno del mercato.

I problemi che tale modello pone sono da un alto il superamento dell"antico brocardo della societas delinquere non potest, e dall"altro, l"individuazione all"interno della struttura di soggetti responsabili dei reati commessi. Il problema nasce dal fatto che, in virtù della struttura complessa di un ente, appare spesso difficile individuale la singola persona fisica a cui attribuire la responsabilità penale. Secondo il disegno normativo seguito dal legislatore, appare evidente come il soggetto responsabile possa essere quello che all"interno dell"organigramma societario ricopre una posizione apicale. Ciò deriva dal fatto che tale soggetto, di solito, è colui che investe maggiori capitali e quindi gode di maggiore potere decisionale e di indirizzo dell"azienda. Se questa è tendenzialmente la regola, molto spesso, però, le grandi aziende, connotate da elevato tecnicismo, devono conferire, ovvero delegare determinate funzioni a soggetti che sono dotati di tali conoscenze tecniche.

A tale riguardo soccorre l"istituto della delega; infatti, attraverso tale istituto è consentito trasferire compiti che originariamente gravano su un singolo in posizione apicale, a soggetti diversi, rendendo più efficiente il sistema azienda. La necessità di ricorrere a tale forma di distribuzione dei compiti ha riflessi penalistici, perché viene in gioco il principio sancito dall"art 27 Cost.

Infatti, attribuendo la responsabilità penale ad un soggetto che in concreto gode di un potere decisionale e che materialmente volge compiti di controllo nel singolo settore dell"azienda, si evitano le forme cd di responsabilità di posizione gravanti sul singolo soggetto per la sola ragione che è posto al vertice dell"azione.

D"altro canto, però, la delega non può diventare uno strumento per scaricare la responsabilità su soggetti diversi. Proprio per tale motivo la giurisprudenza ha cercato di individuare un punto di equilibrio che tenga conto della imprescindibile figura organizzativa delle delega e ne individui i presupposti di ammissibilità. La tematica dell"individuazione del destinatario del precetto penale in caso di organizzazioni complesse ha dato origine a tre diverse tesi; la tesi formale, secondo al quale occorre individuare il soggetto che riveste la qualifica richiesta dalla norma. Tale impostazione è stata oggetto di critica la quale ha sostenuto che così opinando si rischia di dar vita a delle responsabilità di posizione. Altra tesi, invece, prescindendo dalla qualifica di tipo formale, pone attenzione sulle mansioni concretamente svolte. Al riguardo, attenta dottrina ha replicato che rispetto a tali soggetti non si può prescindere da un"indagine volta a verificare se gli stessi abbiano o meno poteri di controllo o di gestione.

Secondo una terza impostazione ermeneutica, invece, si deve tener conto sia della qualificazione formale, sia delle distribuzione delle funzioni all"interno della compagine societaria. Tale tesi è quella prevalentemente seguita in dottrina e in giurisprudenza e dà rilievo non solo al criterio della mansioni di fatto, ma anche ad atti formali, frutto di precise scelte di vertice. Lo stesso legislatore ha accolto tale impostazione nel TU n. 81/08 in tema di sicurezza sul lavoro, prospettando la sussistenza di una posizione di garanzia altresì e non solo su chi esercita in concreto poteri giuridici riferiti alla figura del datore, dirigente o preposto.

Quindi, concludendo questo primo aspetto di indagine, si può affermare che ci sono due livelli di verifica. Il primo riguarda la ripartizione degli obblighi di derivazione legale tra individui muniti di specifica qualificazione o esercitanti di fatto funzioni inerenti a tale qualifica, il secondo concerne il trasferimento a terzi di obblighi originariamente diretti ad un determinato soggetto. Solo dopo aver accertato che nell"ambito dell"organizzazione complessa è stato individuato un soggetto titolare di una posizione di garanzia nei confronti del bene, si può passare ad esaminare l"effetto sortito dalla delega di funzioni all"interno dell"organizzazione, ossia l"incarico che il soggetto penalmente obbligato conferisce ad un terzo.

La delega deve possedere alcuni caratteri: si definisce delega cd di esecuzione quella con cui il titolare dell"obbligo penalmente sanzionato si limita ad affidare ad un dipendente compiti meramente esecutivi; delega cd di funzioni che ricorre quando si attribuisce poteri deliberativi ad un soggetto dotato di autonomia decisionale.

Il problema, è evidente, si pone solo con rilievo al secondo tipo di delega;infatti, pena la violazione del principio di legalità, è pacifico che il delegante non si può spogliare della propria responsabilità penale con un atto di autonomia privata quale è la delega. Infatti, il ricorso a tale istituto non determina sostituzione del soggetto responsabile ma solo un affiancamento di un nuovo soggetto a colui che originariamente era titolare. Di fatto, quindi, il titolare di un obbligo di garanzia, non dismette i propri compiti ma adempie agli stessi nominando un soggetto n grado di adempiervi in misura migliore, determinando, così, una duplicazione di soggetti responsabili.

Va sottolineato che, in particolari settori critici, quali l"antiinfortunistica, ci sono alcuni compiti che la legge considera non delegabili dovendo essere assolti dal titolare della posizione; ciò non toglie che il datore possa avvalersi di esperti per lo svolgimenti di tali attività non delegabili stante il loro estremo tecnicismo.

I requisiti elaborati dalla dottrina a fronte dei quali vi è un affiancamento giuridicamente ammissibile attraverso l"istituto della delega, sono quelli della complessità della struttura organizzativa, forma della delega, in ordine alla quale sono stati tracciati due distinti indirizzi; il primo rigoroso che subordina la stessa alla necessità di un atto scritto avente data certa da cui risultino l"estensione, contenuto e durata della delega. A questo indirizzo si è obiettato affermando che la delega di funzioni è un atto di autonomia privata che sorge da esigenze organizzative e che avendo natura negoziale, di regola, deve essere libera. Sul punto la giurisprudenza ha precisato che, in ordine all"esteriorizzazione della delega di funzioni, e cioè del modo in cui l"esistenza della stessa deve emergere in ambito processuale, solo nel settore pubblico la delega di funzioni può avere efficacia liberatoria se rilasciata per iscritto. In ambito privatistico, invece, si registrano due posizioni; la prima è che la delega se pur non scritta, deve assumere la forma espressa, inequivoca, o espressa, di modo che possano risultare certi i contenuti e i limiti. Quindi, si escluderebbe una delega implicita. A questa impostazione se ne contrappone un"altra che tiene conto dell"effettiva articolazione dei compiti anche a prescindere dall"esistenza di una delega espressa. Invece, i sostenitori della tesi formalistica, ritengono che essa debba essere conferita in base a ineludibili norme interne aziendali o statuarie, e che sia dotata di adeguata pubblicità.

Altro elemento ineludibile dell"efficacia della delega è costitutivo, oltre che dall"idoneità tecnica del delegato, anche dall"accettazione, ancorchè per vie di fatto, dell"incarico conferitogli con l"atto.

Da questo ne deriva che in capo al delegato vi siano autonomia decisionale e organizzativa che presuppone disponibilità di mezzi e capitale.

Tutto questo non esime il delegante dal dovere di predisporre un sistema di controllo sull"attività del delegato al fine di non incorrere in una responsabilità per culpa in vigilando, perché il ricorso all"istituto della delega non comporta una meccanicistica sostituzione del destinatario del precetto penale, dando vita, invece, ad una duplicazione degli stessi

In altri termini, il soggetto delegante è comunque gravato da un obbligo di garanzia che gli impedisce di spogliarsi di ogni responsabilità.

La sua responsabilità, per omesso controllo nel caso in cui il delegato commetta reati nel settore di delega è una responsabilità concorsuale ex 40 secondo comma per non aver impedito la commissione del reato ( commissivo o omissivo) del delegato. Tale responsabilità può essere dolosa o colposa.

L"obbligo di controllo riguarda il generale andamento dell"attività del delegato e non ogni suo singolo comportamento perché una vigilanza troppo penetrante e assidua, sarebbe indice della mancanza di far ricorso alla delega di funzioni.

Particolare attenzione merita la questione della delega conferita nell"ambito di comportamenti che consumano reati propri, ovvero reati comuni.

Secondo un indirizzo giurisprudenziale, infatti, nei reati comuni, a differenza di quelli propri, va esclusa la sussistenza dell"obbligo di vigilanza in capo al delegante, con la conseguenza che se la delega è effettiva egli rispondere a titolo di concorso con il delegato solo se è a conoscenza di violazioni o di fatti idonei a provocare violazioni da parte del delegato.

Si è, infatti, sostenuto che se la norma prevede un reato proprio, il titolare non si spoglia della responsabilità perché l"obbligo originario si trasforma in obbligo di garanzia , quindi, egli risponderà a norma dell"art 40 c.p..

La questione assume rilievo in ordine ai reati commessi all"interno di una testata giornalistica. Come è noto, in capo al direttore è configurabile per omessa vigilanza sull"attività del giornalista.

Si può sostenere , in applicazione di quanto sopra enunciato in tema di delega e tenuto conto del fatto che, ove sussistano i presupposti per l"applicazione dell" di delega, che sia possibile l"applicazione della disciplina enunciata laddove, appunto, si è di fronte ad un"azienda giornalistica avente le caratteristiche richieste dalla legge per l"applicazione della delega, anche se è necessario tener conto di tutte le specificità del caso.

Infatti, è opportuno comunque rammentare che la materia, proprio per la sua particolarità, è stata da sempre oggetto di attenta analisi dottrinale e giurisprudenziale ( anche a livello costituzionale) ed ha trovato collocazione sistematica nel codice penale all"art 57 c.p.

Pertanto, se ed in quanto vi sia una delega di funzioni all"interno di un"azienda giornalistica, questa deve seguire i connotati enucleati dalla legge e dalla giurisprudenza; con ciò non si deve escludere l"applicazione della specifica normativa che, in caso di contrasto, secondo i principi generali del diritto, prevarrebbe essendo speciale rispetto alla disciplina generale, ed è quella rappresentata dall"art 57 c.p..

Giova ricordare che nell"attuale versione con la fattispecie introdotta con la legge 4 marzo 1958 n. 127, viene sancita una responsabilità per fatto proprio di natura omissiva del direttore o vice direttore responsabile del giornale o di altro periodico per ogni reato commesso con il mezzo stampa.

Come è noto, nell"originaria versione la responsabilità era per fatto altrui, perché del reato commesso dall"autore della pubblicazione, il direttore rispondeva per ciò solo e indipendentemente dalla presenza di un apporto causale materiale o psichico. In verità anche prima della modifica la dottrina riteneva che si trattasse di una ipotesi oggettiva anomala in quanto il direttore rispondeva a titolo di dolo anche quando il dolo non vi fosse.

Attualmente la responsabilità del direttore è, dunque, sanzionata per fatto proprio e a titolo di colpa; ciò significa che è previsto un fatto strutturalmente colposo i cui elementi costitutivi sono il fatto colposo del direttore e un evento dato dal reato commesso dall"autore della pubblicazione. Il concorso di persone fra il direttore responsabile e l"autore presuppone una condotta attiva o omissiva del primo, in violazione dell"obbligo di impedire la commissione di reati a mezzo stampa. Al riguardo, è pacifica l"affermazione che il direttore assuma la posizione del garante.




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