-  Rigazio Sara  -  30/11/2012

SPONSORIZZAZIONE SPORTIVA: LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEALTA E GIUSTA CAUSA DI RISOLUZIONE – Sara RIGAZIO

 

Ad una settimana dalla decisione con la quale l"Agenzia Antidoping statunitense (United States Antidoping Agency – U.S.A.D.A) ha riconosciuto colpevole di utilizzo illecito di sostanze dopanti il pluripremiato ciclista nord-americano Lance Armstrong[1], l"azienda sportiva Nike inc., esprimendo rammarico per i recenti sviluppi nella vicenda che ha coinvolto l"atleta, ha disposto la risoluzione di tutti i contratti di sponsorizzazione che legavano la società a quest"ultimo[2], ad eccezione della collaborazione con "Livestrong" – la fondazione creata dal ciclista nel 1997 – le cui iniziative mirano a supportare coloro i quali sono affetti da cancro.

Rispetto ad altre vicende simili, il caso Armstrong si distingue con riguardo alla motivazione sulla quale si fonda la decisione dello sponsor, suscitando, quindi, particolare interesse per l"interprete. Accanto, infatti, alle onerose conseguenze, sotto il profilo economico, facilmente intuibili – si parla di un mancato introito stimato intorno ai 30 milioni di dollari, causato dall"abbandono non soltanto del gigante dell"abbigliamento sportivo ma anche di altre importanti società quali Anheuser-Busch, Honey Stinger e RadioShack la risoluzione del contratto di sponsorizzazione assume nel caso in specie significativo rilievo in ragione della motivazione ad essa sottesa. Essa risiede, infatti, espressamente ed unicamente nella violazione, da parte dell"atleta, di una regola di natura puramente sportiva, ovvero quella di competere in modo regolare e trasparente, la quale a sua volta è espressione del più generale principio di lealtà sportiva, sul quale si fonda e dal quale prende forma la stessa idea di sport moderno[3].

La questione del rifiuto da parte di uno sponsor a proseguire il rapporto contrattuale con un atleta a seguito di episodi che ne ledono l"immagine dinanzi al pubblico, non costituisce, invero, un fatto insolito nel mondo sportivo. Basti pensare alle recenti vicende del cestista Kobe Bryant e del golfista Tyger Woods, l"uno destinatario della dichiarazione di risoluzione del contratto di sponsorizzazione da parte delle società McDonald e Ferrero, a seguito di un"accusa di violenza sessuale poi ritirata, l"altro destinatario di analoga dichiarazione da parte delle società Nike e Gatorade, a seguito dello scandalo d"infedeltà coniugale nel quale era implicato[4]. A conferma della frequenza con cui tali eventi si ripetono, specie negli ultimi anni – non soltanto nella realtà nord-americana ma anche in quella europea – è divenuto consueto inserire specifiche clausole all"interno del contratto di sponsorizzazione, le c.d. moral clauses[5], volte a proteggere l"azienda sponsor qualora l"atleta assuma condotte, o si renda protagonista di episodi, che, sotto diversi profili, arrechino, anche indirettamente, danni all"azienda stessa. In tal senso, come correttamente osservato, l"ingresso nello sport professionistico di atleti sempre più giovani, da un lato, e il valore economico degli ingaggi in continua ascesa, dall"altro, hanno contribuito in maniera decisiva all"utilizzo più frequente di tali clausole[6]. D"altra parte, com"è agevole intuire, l"inserimento delle moral clauses rappresenta una fase della contrattazione particolarmente delicata, giacché è il contenuto della clausola – ovvero ciò che s"intende per comportamenti, episodi o espressioni lesive dell"immagine dello sponsor – a determinare l"entità degli incassi o delle perdite per entrambe le parti.

In tal senso, dunque, la decisione in esame acquista rilevanza critica giacché fonda la propria ratio non già sulla presenza oppure no di moral clauses nel contratto, bensì sul riconoscimento del ruolo determinante svolto dal principio di lealtà sportiva, là dove la violazione di tale principio viene considerata quale giusta causa di risoluzione dell"accordo. Se, dunque, l"elemento della lealtà sportiva diviene criterio legittimo sul quale poter fondare l"inadempimento della parte – nel caso di specie Lance Armstrong – ciò significa che un elemento proprio e caratterizzante dell"ordinamento sportivo (inteso nella sua accezione più ampia) funge da parametro di valutazione per il giudice statale[7].

La decisione Armstrong traduce, quindi, su un piano concreto il valore e la forza del principio di lealtà sportiva, confermando un orientamento che, sia in dottrina e in giurisprudenza, tende ad affermarsi con sempre maggiore enfasi[8].

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Cfr. UNITED STATES ANTI-DOPING AGENCY, Claimant, v. LANCE ARMSTRONG, Respondent; REPORT ON PROCEEDINGS UNDER THE WORLD ANTI-DOPING CODE AND THE USADA PROTOCOL. Nel comunicato rilasciato dall"agenzia statunitense si afferma che il caso Armstrong costituisce "the most sophisticated, professionalized and successful doping program that sport has everseen". Il rapporto dell"USADA comprende più di mille pagine tra testimonianze e documentazione scientifica, ed evidenzia in maniera inequivocabile il possesso, l"utilizzo e la distribuzione di sostanze illecite dopanti da parte di Lance Armstrong. A seguito della decisione dell"USADA, Armostrong ha perso i 7 titoli conquistati al Tour de France dal 1999 al 2005.

[2] Il 17 ottobre 2012, la Nike inc. ha rilasciato il seguente comunicato: "Due to the seemingly insurmountable evidence that Lance Armstrong participated in doping and misled Nike for more than a decade, it is with great sadness that we have terminated our contract with him. Nike does not condone the use of illegal performance enhancing drugs in any manner. Nike plans to continue support of the Livestrong initiatives created to unite, inspire and empower people affected by cancer". Cfr. sito ufficiale Nike, www.nike.com.

[3] Cfr in tal senso G. Liotta, Ordinamento statale e ordinamento sportivo, in G. Liotta – L. Santoro, Lezioni di diritto sportivo, Milano, Giuffrè, 2009, 11, secondo cui "questo principio (di lealtà) incarna lo stesso spirito che anima lo sport; spirito al quale ogni sportivo deve ispirarsi non solo durante la competizione agonistica, ma in ogni momento della sua vita di relazione con l"associazione e gli altri associati".

[4] Kobe Bryant è un giocatore professionista di pallacanestro nel campionato statunitense e gioca per la squadra dei Los Angeles Lakers. Atleta di grande talento, è stato accusato di sexual assault nel 2003 e, conseguentemente, gli sponsors McDonald e Ferrero hanno rifiutato di rinnovare il contratto di sponsorizzazione con l"atleta per l"anno successivo. Tyger Woods, probabilmente il golfista più famoso di tutti i tempi, ha visto terminati i propri contratti di sponsorizzazioni con giganti del calibro di Nike e Gatorade a seguito dello scandalo che lo ha visto protagonista nel 2009.

[5] Si veda in proposito D. Auerbach, Moral clauses as corporate protection in athlete endorsements contracts, in De Paul J. Sports L. & Contemp. Probs, n.1, 3 ss., 2005-2006: "Moral clauses, also called public image, good-conduct or morality clauses, are provisions included in an endorsement contract granting the right to cancel the agreement in the event the athlete does something to tarnish his or her image and, consequently, the image of the endorsee or its product".

[6] Secondo K. Pate, The Halo Effect: Sports Marketers Tighten Contracts as Athletes Keep Proving They're No Angels, DENVER Post, July 23, 2003, at C-01, "The convergence of extremely youthful, wealthy and therefore powerful athletes has caused a lot of the athlete misbehavior". In tal senso, emblematico è il caso della National Basket Association (NBA) nella quale giocano sempre più giovanissimi atleti (meno di vent"anni) e ove i salari sono aumentati (comprensivi dei guadagni derivanti dagli sponsors e in considerazione dei salary caps) in maniera a dir poco vertiginosa.

[7] Alla luce delle osservazioni svolte, dunque, assume prominente rilievo l"ipotesi nella quale lo sponsor si ritenga leso da un danno ingiusto cagionatogli da una decisione assunta dalle autorità sportive. Sotto questo profilo, come correttamente osservato da R. Filosto, Sponsorizzazione, sanzioni sportive e responsabilità delle federazioni sportive nazionali, in Journal of Sport Sciences and Law, vol.1, fasc.1, sez.1, 2008, 178, "il giudice "potrà ritenere "ingiusto" il pregiudizio risentito dallo sponsor soltanto qualora accerti, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, che detto pregiudizio è stato arrecato nell"esercizio di un"attività che esulava dai limiti legislativamente posti dall"ordinamento giuridico statale all"autonomia delle federazioni sportive nazionali ovvero che superava gli ulteriori limiti che lo stesso ordinamento giuridico sportivo pone all"attività delle summenzionate federazioni. Ciò tuttavia, giova precisarlo, sempreché il superamento dei predetti limiti, siano essi stabiliti dall"ordinamento giuridico statale o da quello sportivo, sia imputabile, quantomeno per colpa, alla federazione sportiva nazionale".

[8] Da ultimo, si veda la sentenza n. 993 del 16 ottobre 2012, Corte dei Conti, sez. giurisdizionale Lazio, commentata dettagliatamente qui da L. Santoro, Danno all"immagine della P.A. da violazione della lealtà sportiva nella vicenda Calciopoli, nella quale i giudici hanno riconosciuto la responsabilità contabile di arbitri e assistenti di gara per lesione del diritto all"immagine della P.A., in relazione alle vicende note con il nome di "Calciopoli". Nello specifico, essi sono stati condannati al risarcimento di somme oscillanti tra un minimo di 10.000 euro ed un massimo di 1.000.000 di euro. Con riguardo a quanto osservato sul caso Armstrong, la sentenza della Corte dei Conti diviene parimenti critica là dove, come correttamente osservato dall"A., la condanna al risarcimento in favore della FIGC per danno all"immagine della P.A. consiste "nella violazione, senza precedenti, dei fondamentali principi di lealtà sportiva" così che, il riconoscimento della lesione del principio di lealtà sportiva quale fatto determinante il danno all"immagine, che ne legittima il risarcimento, acquista un importante significato "ove si osservi come tale riconoscimento sia l"effetto dell"applicazione di tale principio, che è proprio dell"ordinamento giuridico sportivo, nell"ordinamento giuridico statale, con una operazione ermeneutica che già in passato ha sollecitato la riflessione di autorevole dottrina sulla base di un precedente giurisprudenziale inedito".




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