-  Mazzon Riccardo  -  09/04/2014

SRL: DECISIONI ASSUNTE CON PARTECIPAZIONE DI SOCIO IN CONFLITTO DI INTERESSI - Riccardo MAZZON

Sono impugnabili - con le stesse modalità -, ma solo nel caso possano recare danno alla società,

"non può essere annullata, per conflitto d'interessi, una delibera di società di capitali, di modificazione della denominazione sociale se non risulti, oltre al conseguimento dell'interesse personale del socio che ha esercitato in modo determinante il suo diritto di voto, anche il danno, quanto meno potenziale per la società. (Nella fattispecie è stato escluso che il pregiudizio economico per la società potesse fondarsi esclusivamente sugli esborsi conseguenti all'adempimento della delibera di modifica della denominazione sociale o sulla meramente astratta prospettazione di una perdita dell'avviamento dovuta al mutamento del nome)" (Cass. civ., sez. I, 17.7.2007, n. 15950, GCM, 2007, 9 -  cfr., amplius, "LE SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA - ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI", CEDAM 2013, Riccardo MAZZON),

le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società:

"in materia di disciplina dell'invalidità delle deliberazioni dell'assemblea delle società di capitali, vige, con inversione dei principi comuni (art. 1418, 1441 c.c.), la regola generale dell'annullabilità (art. 2377 c.c.), mentre la previsione della nullità è limitata ai soli casi, disciplinati dall'art. 2379 c.c., di impossibilità o illiceità dell'oggetto. Pertanto con riferimento all'ipotesi di concessione di garanzia rilasciata dall'amministratore in conflitto di interessi e ratificata dall'assemblea, non vertendosi nei casi di cui all'art. 2379, qualora il socio dissenziente non abbia proposto impugnazione ex art. 2377 c.c., la delibera resta esecutiva e vincolante per la società, per ciascuno dei soci e nei confronti dei terzi" (Cass. civ., sez. I, 27.10.2006, n. 23174, GCM, 2006, 10).

Naturalmente (e il principio è stato affermato dalla Suprema Corte con riguardo ad un'azione, proposta dal curatore del fallimento della società venditrice, volta all'annullamento del contratto stipulato dalla medesima persona al tempo stesso legale rappresentante del venditore poi fallito e della società acquirente),

"ai fini dell'esercizio dell'azione di annullamento del contratto concluso dal rappresentante legale in conflitto d'interessi con la società, non opera il termine di decadenza dell'art. 2377 c.c. - attinente all'impugnativa, da proporre contro la società, della delibera sociale invalida - bensì l'ordinario termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 1442 c.c., trattandosi di azione di annullamento ex art. 1395 c.c. " (Cass. civ., sez. I, 8.2.2008, n. 3020, GCM, 2008, 2, 187).

Da tener conto, inoltre, come in materia di società a responsabilità limitata non trovi applicazione l"art. 2373 comma 2 c.c., sia perché trattasi di norma prevista specificatamente per le società per azioni, sia perché l"incidenza dell"eventuale conflitto di interessi sulle decisioni dei soci è con riferimento alle s.r.l. regolata dall"art. 2479 ter, c.c., che include naturalmente anche il voto espresso dal socio amministratore, sicché non ricorrono neanche i presupposti per l"applicazione analogica della norma prevista per le s.p.a..

Infatti, in base all"art. 2479 ter c.c., comma 2, qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società:

"per l"annullamento della decisione si richiede allora un danno potenziale, e non un danno concreto ed attuale. Pertanto, la mancata adozione di una deliberazione in favore dell"azione di responsabilità nei confronti degli amministratori è potenzialmente idonea a cagionare un danno alla società perché è suscettibile di determinare una perdita patrimoniale corrispondente alla pretesa risarcitoria, ove quest"ultima fosse risultata fondata" (Trib Bari, sez. IV, 16/02/2012 - www.giurisprudenzabarese.it 2012).

Diverso è, invece, il caso di conflitto di interessi dell'amministratore:

"l'art. 2475 ter c.c. – a differenza del vigente art. 2391 c.c. che, per le società per azioni, si limita a chiedere il riscontro di un interesse personale dell'amministratore (anche non confliggente) e la prospettiva meramente "potenziale" del correlativo danno alla società - sanziona le fattispecie ove siano preliminarmente dimostrate tre condizioni: esse sono date dalla contemporanea esistenza di un conflitto di interessi "effettivo" in capo all'amministratore; di un suo voto "determinante" ai fini dell'approvazione della contestata delibera consiliare; di un danno "reale" cagionato alla società con tale decisione. Tale norma si occupa del pregiudizio subito dalla società – anziché dai suoi soci – donde la legittimazione attiva prevista dall'art. 2475 ter comma 2 c.c., risulta testualmente affidata ai soli amministratori ed ai sindaci, sempreché quest'ultimi vi siano. In altri termini, per le società a responsabilità limitata manca una disposizione esplicita corrispondente a quella – viceversa prevista dall'art. 2388 comma 4 c.c. – che, nelle società per azioni autorizza altresì i soci ad impugnare "in proprio" le delibere dei c.d.a., ove riconosciute "lesive dei loro diritti", applicandosi, in tal caso, in quanto compatibili, gli art. 2377 e 2378 c.c." (Trib. Bologna, sez. IV, 20.10.2006, n. 2412, Mer, 2007, 5, 39).

 




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