Letteratura  -  Redazione P&D  -  01/09/2021

Strano ballo - Paolo Cendon

(da ‘’Storia di Ina’’, Aliberti, 2020)

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Mezzanotte quando Nadia gli era tornata vicino: “Professore mio”, - si sforzava di apparire disinvolta, – sempre io, sua studentessa a Scienze Politiche, cinque anni fa”.

Si era cambiata anche lei; il problema era che al posto della T shirt portava ora un top di rete, a maglie larghe, bronzeo, senza niente sotto: “Piccola Marilyn vuole scaldare l’atmosfera”.

C’era luce, non sapeva dove posare gli occhi M.: aveva davanti una ragazzona cordiale, piena di energie; rigoglioso il seno, con punte rosa da adolescente, le ascelle non rasate.

Altra musica adesso, un’aria brasiliana, Nadia l’aveva trascinato in mezzo agli altri.

Ballavano staccati di una trentina di centimetri. “Cambio corso di laurea fra un mese, - Nadia gli parlava all’orecchio, - Scienze della Formazione”. Contava su un duplice riconoscimento, avendo già dato Diritto privato, nel piano di studi bis: “Diritto di famiglia” e “Legislazione scolastica”, secondo M. era possibile?

In quel momento era partita una canzone di Peter Gabriel, romantica; avvicinatasi a M. Nadia gli aveva allacciato le mani sul collo. Emanava un buon odore di talco, doveva essersi appena rinfrescata in bagno; lui con le dita intorno alla vita di lei, cercava di tenerle sulla stoffa dei jeans. Lei sottili perline di sudore ai lati della bocca, “Mi laureo, vado a vivere a Parigi”; qualche parola in francese, “Je ne crois pas”, mugolava quando poteva, “Ça ne fait rien”.

Qua e là un giro su se stessa, voluttuoso, come se non fosse tutto in vista per davanti; tornava poi fra le sue braccia, guancia a guancia. Ina dall’altra parte dalla stanza, con Danilo, ballavano.

 




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