-  Mazzon Riccardo  -  22/03/2016

SUCCESSIONI: CONSEGUIRE LA QUALITA' DI EREDE COMPORTA ONORI ED ONERI - Riccardo MAZZON

 

La qualità di erede può conseguire esclusivamente all'accettazione che può essere espressa o tacita: l"accettazione può intervenire anche dopo un"eventuale rinuncia dell"eredità, compiuta dal medesimo chiamato.

In tema di successioni per causa di morte, dunque (cfr. anche il paragrafo 1.4., capitolo primo, del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015), la qualità di erede può conseguire esclusivamente all'accettazione che può essere (1) espressa - configurantesi come negozio unilaterale non recettizio - o (2) tacita – materializzantesi in un comportamento concludente del chiamato all'eredità: ne consegue, principalmente, che tale qualità, proprio per gli effetti che si determinano nella sfera del chiamato, deve necessariamente essere ricondotta alla volontà di quest'ultimo, non potendo scaturire da dichiarazioni di terzi (così anche Cass. sez. II 21 ottobre 2011 n. 21902GCM, 2011, 10, 1495).

Ulteriormente, è da dire come l'eredità possa essere accettata puramente e semplicemente ovvero col beneficio d'inventario (e l'accettazione col beneficio di inventario può farsi nonostante qualunque divieto del testatore).

In particolare, l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, determinando la limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti del "de cuius" entro il valore dei beni a lui pervenuti (ma si veda, amplius, il capitolo quarto del presente lavoro), va eccepita nel giudizio di cognizione di cognizione promosso dal creditore del defunto che faccia valere per intero la sua pretesa, in modo da contenere quantitativamente l'estensione e gli effetti dell'invocata pronuncia giudiziale (non può essere rilevata d'ufficio: Cass., sez. III, 26 giugno 2007 n. 14766,GCM, 2007, 6);

"ne consegue che, ove non sia stata proposta la relativa eccezione nel processo di cognizione, la qualità di erede con beneficio d'inventario non è deducibile per la prima volta in sede esecutiva" (Cass., sez. III, 16 aprile 2013 n. 9158, GCM, 2013).

L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario è pur sempre, dunque, un'accettazione dell'eredità, sicché l'erede beneficiato, quale successore nel debito ereditario, può essere condannato al pagamento dell'intero, fermo che, in concreto, la sua responsabilità resta limitata "intra vires hereditatis" ove egli faccia valere il beneficio con l'apposita eccezione (così anche Cass., sez. III, 4 settembre 2012, n. 14821,GCM, 2012, 9, 1087); in altri termini, colui che accetta l'eredità con beneficio d'inventario è erede, come stabilito dall'art. 490, comma 1, c.c., con l'unica rilevante differenza, rispetto all'accettazione pura e semplice (art. 470, comma 1), che il patrimonio del defunto è tenuto distinto da quello dell'erede e che si producono gli effetti conseguenti indicati dall'art. 490, comma 2, c.c. (cfr., amplius, il capitolo quarto del presente lavoro: l'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, quindi, non determina, di per sé sola, il venir meno della responsabilità patrimoniale dell'erede per i debiti, anche tributari, ma fa solo sorgere il diritto di questo a non rispondere ultra vires hereditatis, ovverosia al di là dei beni lasciati dal "de cuius" (Cass. sez. trib., 19 marzo 2007, n. 6488,GCM, 2007, 4).

Si rammenti altresì, in argomento, che la rinunzia all'eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, bensì determina la coesistenza del diritto di accettazione dell'eredità a favore tanto del rinunziante quanto degli altri chiamati; la perdita della delazione consegue - sempre che l'eredità non sia già stata acquistata da altro dei chiamati - per prescrizione del diritto ex art. 480 c.c. o per decadenza ai sensi dell'art. 481 c.c.; ne consegue che, in assenza di tali presupposti, il chiamato, non avendo perso la delazione, è legittimato, ad esempio, ad

"agire o resistere nei vari gradi di un giudizio avente per oggetto il regolamento del confine e l'apposizione di termini di un bene ereditario" (Cass., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1403, GCM, 2007, 1).

 




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