-  Mazzon Riccardo  -  13/01/2017

Successioni e debiti del de cujus: rischi gravi per il chiamato alleredità nel possesso dei beni ereditari - Riccardo Mazzon

L"effettuazione dell"inventario è adempimento importante soprattutto per il chiamato all"eredità che, a qualsiasi titolo, sia nel possesso di beni ereditari: egli deve, infatti, fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità perché, altrimenti, trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice.

L"effettuazione dell"inventario è adempimento importante soprattutto (nel senso che, trattandosi di norma al quivis de populo per lo più sconosciuta, diviene, per ciò stesso, particolarmente insidiosa) per il chiamato all"eredità che, a qualsiasi titolo, sia nel possesso di beni ereditari [anche perché,

"ai fini dell'accettazione di eredità ex art. 485 c.c., è sufficiente che il possesso del chiamato - che non deve necessariamente manifestarsi in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà sul beni, ma si esaurisce in una mera relazione materiale, che consenta l'esercizio di concreti poteri - riguardi anche uno nolo dei beni ereditari" (Cass., sez. II, 5 maggio 2008, n. 11018, RN, 2009, 5, 1274)]:

egli deve, infatti, fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità (e, se entro questo termine ha cominciato l"inventario ma non è stato in grado di completarlo, può ottenere dal Trib. del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi) perché, altrimenti, trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice (e quando il chiamato all"eredità non abbia redatto l'inventario nei termini di legge - essendo il medesimo nel possesso dei beni ereditari -, anche la sua eventuale rinuncia sarà da ritenersi priva di effetto: Cass., sez. II, 20 settembre 2010, n. 19884, GCM, 2010, 9, 1240)!

Ulteriormente, compiuto l'inventario, il chiamato - che non abbia ancora fatto la dichiarazione di accettare con beneficio d"inventario (cfr. il paragrafo 4.1., capitolo quarto, del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015) - ha un ulteriore termine di quaranta giorni - da quello del compimento dell'inventario medesimo - per deliberare se accetta o rinunzia all'eredità: e, nuovamente, trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e semplice.

In altri termini, l'onere imposto dall'art. 485 c.c. al chiamato possessore di beni ereditari di fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione - o della notizia di essa - condiziona non solo la facoltà del chiamato di accettare l'eredità con beneficio d'inventario ex art. 484 c.c., ma anche quella di rinunziare all'eredità, ai sensi dell'art. 519 c.c., in maniera efficace nei riguardi dei creditori del "de cuius", dovendo il chiamato, per l"appunto, allo scadere del termine previsto per l'inventario, essere considerato erede puro e semplice (Cass., sez. II, 5 maggio 2008, n. 11018, RN, 2009, 5, 1274).

La giurisprudenza, in argomento, rammenta come, in tema di successioni legittime, il chiamato all'eredità nel possesso dei beni ereditari abbia l'onere di redigere l'inventario, entro il termine di tre mesi dal giorno dell'apertura della successione, anche se sia di grado successivo rispetto ad altri chiamati, poiché, quando l'eredità si devolve per legge, si realizza una delazione simultanea in favore di tutti i chiamati, indipendentemente dall'ordine di designazione alla successione, come si evince dalle disposizioni di cui all'art. 480 comma 3 e 479 c.c. (cfr., amplius, il capitolo terzo del volume "MANUALE PRATICO PER LA SUCCESSIONE EREDITARIA", Riccardo MAZZON 2015) le quali, con riferimento al decorso del termine per l'accettazione dell'eredità e alla trasmissione del diritto di accettazione, non distinguono tra i primi chiamati ed i chiamati ulteriori, conseguendone, per tutti, contestualmente, la nascita di facoltà ed oneri e, quindi, l'integrazione dell'ambito applicativo della fattispecie astratta di cui all'art. 485 c.c..

Né a diversa conclusione può indurre la previsione, nel comma primo di questa disposizione, della notizia della devoluta eredità come fattispecie alternativa all'apertura della successione - ai fini della decorrenza del termine per la redazione dell'inventario -, in quanto l'espressione "devoluzione" deve intendersi come sinonimo di "delazione" ed il chiamato nella disponibilità dei beni ereditari è a conoscenza

"sia dell'apertura della successione sia della circostanza che i beni sui quali esercita la signoria di fatto sono proprio quelli caduti in successione" (Cass., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5152, VN, 2012, 2, 812).

Naturalmente, il più delle volte, l"accertamento della qualità di erede (puro e semplice), in caso di contestazione, dovrà avvenire attraverso una sentenza; la considerazione discende dai principi generali: si veda, ad esempio, la seguente pronuncia, laddove chiarisce come, in materia di espropriazione immobiliare, qualora sia sottoposto a pignoramento un diritto reale su un bene immobile di provenienza ereditaria e l'accettazione dell'eredità non sia stata trascritta a cura dell'erede-debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità, possa richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell'atto, qualora esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione del pignoramento, ripristinando così la continuità delle trascrizioni ai sensi e per gli effetti dell'art. 2650, comma 2, c.c., purché prima dell'autorizzazione alla vendita ai sensi dell'art. 569 c.p.c.; ma se, invece, il chiamato all'eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell'eredità ma questo non sia trascrivibile, perché non risulta da sentenza, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l'acquisto della qualità di erede sia seguito ex lege ai fatti di cui agli artt. 485 e 527 c.c., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato, ai danni del chiamato,

"presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata con sentenza" (Cass., sez. III, 26 maggio 2014, n. 11638, DeG, 2014, 27 maggio).

D"altro canto, è noto come spetti a colui che agisce in giudizio nei confronti del preteso erede - per debiti del "de cuius" - l'onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c., l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede (Trib. Bari, sez. II, 8 febbraio 2011, n. 426, www.giurisprudenzabarese.it, 2011; Cass. sez. lav., 30 aprile 2010, n. 10525, GCM, 2010, 4, 640; cfr., amplius, i capitoli primo e terzo del volume citato).

 

 




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