Biodiritto, bioetica  -  Redazione P&D  -  01/02/2022

Suicidio assistito, ASUR Marche condannata

IL TRIBUNALE HA ORDINATO ALL’AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE DI VERIFICARE CHE IL MALATO ABBIA I REQUISITI PER L’ACCESSO ALL’AIUTO AL SUICIDIO, COME INDICATO DALLA CONSULTA

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Nel giro di sette mesi arriva la seconda conferma – dopo l’ordinanza del Tribunale di Ancona sul caso di Mario – che il diritto, in presenza di una richiesta, ad essere sottoposto a verifiche per poter procedere legalmente all’aiuto al suicidio assistito, così come sancito dalla Corte Costituzionale non può essere ignorato dalle aziende sanitarie: queste sono infatti obbligate ad accertare le condizioni necessarie per l’accesso alla pratica. Sull’obbligo del Servizio Sanitario nazionale e regionale ad effettuare tali adempimenti al fine di rispettare la Sentenza 242/19 della Corte costituzionale anche il Ministero della Salute lo scorso 9 novembre ha inviato una comunicazione alle Regioni.

Con una ordinanza di fine gennaio, i giudici marchigiani hanno, infatti, ordinato alla Azienda Sanitaria Unica Regione Marche di procedere con la verifica delle condizioni di Antonio, malato tetraplegico da 8 anni, per l’accesso all’aiuto al suicidio assistito, così come sancito dalla sentenza della Corte costituzionale 242/2019.

Il giudice ordina testualmente all’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche di provvedere, previa acquisizione del relativo parere del Comitato etico territorialmente competente, ad accertare:

se Antonio è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili;

se sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli;

se le modalità, la metodica e farmaco prescelti siano idonei a garantirgli la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile.

Secondo l’ordinanza infatti “diversamente opinando, si arriverebbe ad una abrogazione tacita della pronuncia della Corte Costituzionale e al mantenimento dello status quo ante rispetto alla pronuncia”. Abrogazione che per legge non è possibile perché una sentenza della Corte Costituzionale non può essere riformata o cancellata dal Parlamento o da un Tribunale ordinario.

“Anche in questo caso i Tribunali affermano il diritto della persona malata ad ottenere le verifiche necessarie così come previsto dal giudicato costituzionale per poter procedere legalmente in Italia con auto-somministrazione del farmaco letale. Il diniego opposto dall’Asur, alla luce della consulta e delle motivazioni contenute nella decisione del Giudice ordinario, risulta illegittimo“, ha dichiarato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e membro del collegio difensivo di Antonio, composto anche dagli avvocati Massimo Clara, Angelo Calandrini, Giordano Gagliardini, Francesca Re, Francesco Di Paola e Rocco Berardo.

“Il Giudice autore dell’ordinanza, nell’applicare la portata della sentenza costituzionale, precisa che la sentenza di incostituzionalità sul caso Cappato- Antoniani non si è limitata a dichiarare una condizione di non punibilità e i suoi requisiti, come sostenuto dalla difesa dell’Azienda sanitaria unica regionale, ma ha altresì dettato dei presupposti procedurali (accertamento della struttura sanitaria pubblica e parere del comitato etico) che sono imprescindibili ai fini della non punibilità“ ha continuato, poi, Gallo.

“Si tratta di procedure che coinvolgono soggetti terzi — rispetto a colui che vuole porre fine alla propria vita e da colui che verrebbe incriminato di aiuto al suicidio — che devono essere necessariamente coinvolti in un’ottica di tutela del soggetto debole. Ne consegue che tale sentenza non può che avere risvolti sotto il profilo civilistico e in particolare delle prestazioni che il cittadino-paziente ha diritto di richiedere al sistema sanitario nazionale e ai suoi attori-organi”.

 




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