-  Redazione P&D  -  13/05/2015

SUL TRONO DI CRISTO- Giuseppe FEDELI

"Qui se' a noi meridïana face/di caritate, e giuso, intra ' mortali/se' di speranza fontana vivace"(Dante, Com.., Par., 10-12)

 

Di là dal vietato soglio, il volto tenebroso di Nix, la deità ctonia Ecate, la stessa Afrodite nata, come dice l"etimo, dalla spuma del mare, atterriscono.

Sul trono di Cristo non può stare assisa un"entità femminile, perché il "diverso" fa paura. L"altro sesso come condanna, metonimia di un tramite, fomite del Diavolo con tutti i suoi inganni e seduzioni sin dalle brume oscurantiste del Medioevo.

Ma la donna ha un grembo che partorisce, è la fonte per antonomasia della vita: la madre, "dea" genetrix. E quale esempio più alto di Maria, Vergine Madre, Figlia del Suo Figlio, "termine fisso d"Etterno Consiglio", come, con tocco impareggiabile, la dipinge Dante nella preghiera di San Bernardo?

L"Immacolata Concezione, così si presentò a Bernadette Soubirous, è l"incipit dell"Essere, cooperante lo Spirito di Vita che, increato, si erge sulle vicende dell"uomo effondendosi nei Cieli dell"Eterno.

No, la donna, in questa comunità strutturata ma a suo modo secolarizzata e "sclerotizzata", non può trovare posto negli scanni del porporato, tanto meno può consustanziare l"Atto, a similitudine della fractio panis da cui scaturisce il Mistero della Transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e Sangue del Cristo Redentore. No, le è interdetto, per un mistero "glorioso" (doloroso?...) che, secondo i dettami della logica più elementare, non è dato comprendere. Sarà la paura della "diversità" ad impedire che la donna faccia parte di un consesso, cui è deputata la propalazione della Dottrina della Salvezza?...

Ma il primo uomo cui fu insufflato lo Spirito di Vita portava in sé i germi della sua complementarità, che è poi l"uroboro delle culture azteche, l'archetipo androgino.

E la "sottrazione" dell"eterno femminino, e comunque dell"altro da sé in termini morfologici e strutturali, crea mostri. Perché – a meno di non "trasumanare" in un cammino di ascesi- le pulsioni, naturali nella natura umana in quanto trasfuse nell"anima e di riflesso nel corpo, non possono ingabbiarsi, inibirsi senza che, in una maniera o nell"altra, si scatenino poi a briglie rotte per trovare una compensazione, uno sfogo all"ingorgo fisio-biologico che prima o poi sfocia in esiti di non ritorno. Di qui la legittimazione dell""abnorme", quell"accarezzare la carne idealizzata del figlio che non c"è, proprio perché interdetto al celibe, cui è vietato il dono della paternità "naturale". E questo divieto non può non tradursi in sublimazione di un"acerba solitudine, un"inclinazione, foss"anche un affetto nella brama di possesso di un corpo che, in quanto destituito di figliolanza, va conquistato, fatto proprio, con-sustanziato.

Le Moire, le Furie, la Gorgone spaventavano. Così la Trimurti della religione vedica, ma almeno queste Presenze arginano con l"ineluttabilità del loro Dasein (esserci) la risacca di sentimenti messi lì a marcire irrimediabilmente, in una metamorfosi che farebbe impallidire il Gregor Samsa di Franz Kafka.

Allora, diamo a Dio quel che è di Dio, risublimando la figura della Donna, non nel senso etimologico di Domina, ma come Scaturigine prima, auspice il Buon Padre, dell"Essere, della Vita in potenza, che si attualizza con un atto di amore "eterologo". Ciò sia detto senza tema di omofobia, senza alzare steccati da caccia alle streghe, né tracimare in parallelismi e paragoni che non c"entrano un bel nulla, avulsi come sono da questa bruciante problematica, che sconta purtroppo ancora le leggi del più tenace e, si consenta, bieco conservatorismo. Rispettiamo certe necessità, non chiudiamo gli occhi di fronte ad evidenze che gridano scandalo, agli occhi dell"Altissimo prima ancora di tante famiglie devastate dal cancro che non ha nome, se non quello che porta la radice greca. E, a proposito della cultura greca (di cui la nostra civiltà è figlia), che idealizzava l"amore tra il maestro e il giovin discepolo, nel senso non di philadelphia, ma di vero e proprio atto copulativo, perché, di là della connotazione erotica, nell"erómenos (adolescente) s"inseminasse la virtù (areté) e la saggezza, che erano parte del"educazione (paideia) dell"erastes (adulto), non scordiamo che, a latere di questa "costumanza", essa ha creato miti inossidabili di figure muliebri, deputate alla custodia non tanto della vita, quanto della sacertà di essa, della bellezza, del kalon. Della memoria e della poesia: due per tutte, Mnemosyne, madre di tutte le Muse, e per l"appunto Venere, che brilla solitaria nel cielo delle nostre notti buie.




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