-  Redazione P&D  -  15/02/2016

SURROGATI ALIMENTARI ED ETICHETTATURA - Carlo PRISCO

La contrapposizione ideologica talvolta passa anche attraverso quella giuridica, e non sorprende che emergano tentativi di protezione dello status quo, in un contesto sociale in rapido divenire e sempre più incline alle cosiddette "alternative etiche" quali cibi per vegani e vegetariani somiglianti a prodotti di derivazione animale.

Taluni hanno espresso la convinzione che l"etichettatura degli alimenti "surrogati" sarebbe illecita, violando norme comunitarie che disciplinano la materia: all"indice prodotti quali "affettato vegano", "latte vegetale", "hamburger vegano", etc.

La norma di riferimento generalmente richiamata è il Regolamento Comunitario n. 1169/11, segnatamente l"art. 2, comma I, lett. n, o, p., che sancisce le definizioni di:

«denominazione legale» [1] 

«denominazione usuale» [2] 

«denominazione descrittiva» [3] 

Nel primo caso ovviamente nulla quaestio: ove vi fosse una denominazione legale, quale ad esempio un marchio registrato o una denominazione certificata (D.O.C., D.O.P., etc.), l"identità non sarebbe ammissibile. Ma questo non è evidentemente il caso, di talché scorrendo le definizioni si perviene a quella "usuale", applicabile allorchè non ve ne sia alcuna "legale". E qui già si verte in un campo in cui chi professa certezze lo fa o con semplicismo, o per fini strumentali: cosa sia un "uso" e dove, è questione che certo non si può aprire e chiudere apoditticamente apponendovi un sigillo di certezza inequivoca.

Per esempio, il termine latte, perfino nei vocabolari non viene identificato esclusivamente come quello vaccino (o animale), ma ricomprende anche quelli di origine vegetale [4]. Ma basti pensare anche al "latte detergente".

Ma la contrapposizione è evidentemente strumentale, poiché non si tratterebbe evidentemente di paragonare soltanto gli alimenti di origine animale a quelli vegetali, ma anche all"interno delle stesse categorie si verificherebbero dunque notevoli differenze rispetto ad una tipologia originaria: basti pensare al würstel, termine di origine austriaca che significa letteralmente salsiccia, che identifica di fatto una "forma" più che un contenuto, posto che in commercio se ne trovano di ogni tipo, contenenti dagli scarti della produzione carnea a "puro suino", "pollo", etc. Quale sarebbe, dunque, il prodotto originale? Quello di carne? Di quale carne? Quello di frattaglie? In che percentuale? Quello di pollo? O quello di tofu?

Sicuramente da rivedere sarebbe anche l"uso del termine bistecca, derivante dall"inglese beef (manzo) + steak (fetta): qualsiasi bistecca (animale) non di manzo utilizzerebbe quindi una denominazione erronea.

Addirittura il caso dell"hamburger è sintomatico: nel mondo anglosassone il prefisso ham richiama il prosciutto, di cui è la traduzione letterale. Eppure il classico "medaglione" non deve il suo nome alla commistione di vocaboli anglosassoni, bensì alla sua origine tedesca, più precisamente della città di Amburgo (Hamburg, appunto). Per effetto di questa contaminazione cultural-linguistica è assai frequente che nei paesi anglosassoni si chiamino veg-burger gli hamburger per vegetariani/vegani. Ma pretendere di limitare la definizione "lecita" a una preparazione che di per sé è varia, mutevole e non codificata da alcuna parte equivarrebbe ad affermare che sandwich o paninosia soltanto quello formato da uno specifico pane, contenente uno specifico prodotto, anziché, in generale, l"uso di racchiudere alcuni ingredienti all"interno di due parti che fungano sia da contenitore che da alimento.

E che dire di prodotti quali il pane, che per definizione è un composto di farina di frumento e lievito cotto al forno: sarebbero dunque banditi e illegali tutti i "pani" che non rispettano tali indicazioni? Ad esempio il pane senza glutine, quello azzimo, quello con farina di patate, il pane crudista, etc.

Ma proprio quanto sopra conduce alla definizione di "denominazione descrittiva" (ex art. 2, comma I, lett. p, Regolamento UE n. 1169/11), che poi racchiude altresì la ratio legis della disciplina che ci interessa, cioè la non confondibilità dei prodotti: allorchè si precisa "struccante" nel nome di un latte, oppure "vegetale" accanto al nome "hamburger", o "di riso" dopo "pasta", va da sé che non si può equivocare la reale natura dell"alimento, né tantomeno confonderlo.

In conclusione, fatti salvi i casi di cui alla lettera n della norma in questione, cioè quelli muniti di denominazione legale, occorre fare riferimento all"uso (lett. o) e l"estrema varietà di ingredienti, sia di tipo animale che vegetale, con cui sono realizzati numerosissimi prodotti, esclude in radice qualsiasi rivendicazione di esclusiva, fermo restando che sarebbe semmai onere probatorio dell"attore (o dell"autorità accertatrice) dimostrare l"esistenza e l"esclusività dell"uso invocato. D"altronde riconoscere usi esclusivi a preparazioni generiche significherebbe contestare i cosiddetti "surrogati vegetali", ma, al contempo, anche qualsiasi variazione sul tema deviante dall"unico uso dimostrato come legittimo (i.e.: pasta di riso, salame di cioccolato, burro d"arachidi, latte di capra, spiedini vegetali, etc.).

Da ultimo, salva la concreta e comprovata sussistenza dell"uso (comunque da verificarsi nel caso di specie, e non certo a fortiori e senza contraddittorio), soccorre la descrizione (lett. p): ove questa sia esaustiva e corretta, nessuna contestazione può trovare accoglimento.

 

 

 

[1] la denominazione di un alimento prescritta dalle disposizioni dell"Unione a esso applicabili o, in mancanza di tali disposizioni, la denominazione prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili nello Stato membro nel quale l"alimento è ven­duto al consumatore finale o alle collettività.

[2] una denominazione che è accettata quale nome dell"alimento dai consumatori dello Stato membro nel quale tale alimento è venduto, senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni.

[3] una denominazione che descrive l"alimento e, se necessario, il suo uso e che è sufficientemente chiara affinché i consumatori determinino la sua reale natura e lo distinguano da altri prodotti con i quali potrebbe essere confuso.

 

[4] http://www.treccani.it/vocabolario/latte/




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