Non è stato ravvisato il caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità da cose in custodia, nelle seguenti occasioni:
"il verificarsi di un temporale estivo non è da considerarsi "caso fortutito". " (Trib. Milano, sez. X, 20 ottobre 2009, n. 12379, GiustM, 2009, 11, 76 - cfr., amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012);
"nel caso in cui la cosa in custodia, per sua natura, destinata a essere utilizzata, in maniera riservata, da personale edotto delle caratteristiche della cosa stessa, cagioni danno a persona estranea, che quelle caratteristiche non conosca o non sia in grado di percepire, la responsabilità del custode della cosa è esclusa solo dalla prova del caso fortuito, che può essere individuato anche nel fatto dello stesso danneggiato. In tale ultima ipotesi, il custode deve provare che il danneggiato si sia introdotto nei luoghi abusivamente e, comunque, in maniera assolutamente imprevista e imprevedibile, sì che l'intrusione si manifesti come circostanza del tutto eccezionale e autonomamente produttrice del danno, in modo da ridurre la cosa a mera occasione dell'evento" (Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 2008, n. 28811, GDir, 2009, 7, 51;) GCM, 2008, 12, 1740);
"il giudice di merito, per stabilire se sussista il nesso di causalità materiale - richiesto dall'art. 2043 c.c. in tema di responsabilità extracontrattuale - tra un'azione o un'omissione ed un evento deve applicare il principio della "condicio sine qua non", temperato da quello della regolarità causale, sottesi agli art. 40 e 41 c.p. Pertanto, alla stregua di ciò, se la condotta della vittima si inserisce in una serie causale avviata da altri, concorrendo alla produzione dell'evento dannoso, il suo apporto non vale ad interrompere quella serie in quanto non è possibile distinguere fra cause mediate o immediate, dirette o indirette, precedenti o successive e si deve riconoscere a tutte la medesima efficacia; l'interruzione si verifica, invece, se la condotta della vittima, pur inserendosi nella serie causale già intrapresa, ponga in essere un'altra serie causale eccezionale ed atipica rispetto alla prima, idonea da sola a produrre l'evento dannoso, che sul piano giuridico assorbe ogni diversa serie causale e la riduce al ruolo di semplice occasione" (Cass. civ., sez. III, 6 aprile 2006, n. 8096, GCM, 2006, 4; RIML, 2006, 6, 1217);
"la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 c.c.) ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità (rilevante non già ad escludere la colpa bensì quale profilo oggettivo, al fine di accertare l'eccezionalità del fattore esterno, sicché anche un'utilizzazione estranea alla naturale destinazione della cosa diviene prevedibile dal custode laddove largamente diffusa in un determinato ambiente sociale) e dell'inevitabilità, a nulla viceversa rilevando che il danno risulti causato da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell'inizio del rapporto di custodia" (Cass. civ., sez. III, 10 agosto 2004, n. 15429, GCM, 2004, 7-8);
"in caso di danni cagionati da una cosa in custodia, il danneggiato, ai fini del risarcimento del danno subito, deve provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode, per interrompere il nesso causale ed essere esonerato dalla responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore esterno estraneo alla sua sfera soggettiva che presenti i caratteri della imprevedibilità e della eccezionalità" (Trib. Milano 1 luglio 2004, GM, 2005, 5, 1215; GM, 2005, 7/8, 1693; RCP, 2006, 7-8, 1308);
"in tema di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 c.c.), il fatto del terzo e la colpa del danneggiato in tanto escludono la responsabilità del custode in quanto intervengano, nella determinazione dell'evento dannoso, con un impulso autonomo e con i caratteri dell'imprevedibilità e della inevitabilità" (Cass. civ., sez. III, 16 maggio 1990, n. 4237, GCM, 1990, 5).