-  Mazzon Riccardo  -  23/11/2013

TRA SOSTE VIETATE, TAPPETI E USO DELLE TERRAZZE: REGOLAMENTO CONTRATTUALE IN CONDOMINIO - RM

Il regolamento contrattuale (ad esempio predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, ove sia accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli appartamenti e regolarmente trascritto nei registri immobiliari - cfr., amplius, "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013 -.), assumendo carattere convenzionale, può vincolare tutti i condomini, nonché tutti i successivi aventi causa di quest'ultimi, non solo per le clausole che disciplinano l'uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche per quelle che restringono i poteri e le facoltà, dei singoli condomini, sulle loro proprietà esclusive, in tal guisa costituendo, su queste ultime, una servitù reciproca: ne consegue, ad esempio, che tale regolamento convenzionale, anche se non materialmente inserito nel testo del successivo contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio, fa corpo con esso quando sia stato regolarmente trascritto nei registri immobiliari,

"rientrando le sue clausole, "per relationem", nel contenuto dei singoli contratti" (Cass., sez. II, 25 ottobre 2001, n. 13164, GCM, 2001, 1794 – conforme – App. Milano 1 febbraio 2006, GM, 2007, 3, 685 – conforme - Trib. Roma, sez. VI, 18 novembre 2005, GM, 2006, 6, 1447 – conforme - Cass., sez. II, 30 luglio 1999, n. 8279, GCM, 1999, 1752 – conforme, atteso che chi, in epoca successiva alla trascrizione, per la prima volta acquisti piani dell'edificio o loro porzioni, va valutato come terzo rispetto al quale opera, ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, la pubblicità derivante da detta trascrizione: Cass., sez. II, 17 marzo 1994, n. 2546, VN, 1994, 1302 – conforme - Cass., sez. II, 15 aprile 1999, n. 3749 ; GCM, 1999, 860; VN, 1999, 778; GC, 2000, I, 163).

In tal caso, è il principio dell'autonomia privata che consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale - di tutti o di alcuni dei condomini - sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte.

Tali convenzioni, che possono, per l'appunto, essere anche inserite nei regolamenti condominiali - i quali nella relativa parte assumono natura contrattuale -, richiedono, per la loro validità, l'approvazione scritta da parte di tutti i condomini,

"sia mediante accettazione del regolamento eventualmente predisposto dall'originario unico proprietario dell'edificio, sia mediante il consenso manifestato in seno all'assemblea dal singolo condomino, nel caso di regolamento formato con l'approvazione dell'assemblea dei condomini" (Cass., sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10335, GCM, 1998, 2115 – conforme - Cass., sez. II, 14 dicembre 1992, n. 13179, GCM, 1992, 12; ALC, 1993, 264; VN, 1993, 765).

Più precisamente, il regolamento condominiale non ha natura contrattuale di per sé, ma solo in relazione a quelle clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attribuenti ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto a quelli degli altri - e non, invece, in relazione a quelle clausole che si limitano semplicemente a disciplinare l'uso e la manutenzione dei beni comuni: e solo per la modifica delle clausole aventi natura contrattuale è richiesta l'unanimità dei consensi,

"ferma restando, in ogni caso, la necessità della forma scritta a pena di nullità" (App. Milano 14 luglio 2004, GM, 2006, 1, 49).

Affinché un regolamento contrattuale abbia piena efficacia, è d'uso che esso venga predisposto dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli appartamenti e regolarmente trascritto nei registri immobiliari: attraverso tale regolamento può essere, ad esempio, attribuita la comproprietà di una o più cose, non incluse tra quelle elencate nell'art. 1117 c.c., a tutti i condomini o soltanto a quelli cui appartengono alcune determinate unità immobiliari; in tal caso, dunque, colui al quale sia trasferita la proprietà di uno di tali immobili, diviene comproprietario della cosa in base al regolamento condominiale anche se di essa non vi sia alcun accenno nel titolo d'acquisto e

"tale qualità è opponibile a tutti coloro che acquistino successivamente le varie unità immobiliari" (Cass., sez. II, 11 novembre 2002, n. 15794, GCM, 2002, 1949; RGE, 2003, I, 917).

D'altra parte, è principio pacifico che la facoltà d'ogni condomino di usare della cosa comune, secondo la previsione dell'art. 1102 c.c., discende direttamente dal diritto di proprietà spettante al condomino stesso, e non può trovare limiti se non nel titolo dell'acquisto o in successivo atto di valore contrattuale, con effetti reali,

"sicché al fine di stabilire se la condotta del condomino rientri o no in detta facoltà è irrilevante la mera deliberazione assembleare in tema di regolamento, priva dei requisiti di cui sopra" (Trib. Catania 3 febbraio 2003, GM, 2003, 1722).

In ogni caso, le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, indipendentemente dalla trascrizione [infatti, l'omessa trascrizione del regolamento di condominio rende inopponibili le clausole limitative della proprietà soltanto a terzi acquirenti e non già a coloro che pattuirono direttamente con l'originario unico proprietario-venditore le limitazioni stesse,

"mediante richiamo del regolamento condominiale nei singoli atti di compravendita" (Trib. Lecce 23 novembre 1993, ALC, 1994, 581),

sono vincolanti, per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, nell'atto di acquisto, si sia fatto riferimento al regolamento medesimo,

"che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto" (Cass., sez. II, 3 luglio 2003, n. 10523, GCM, 2003, 7-8 – conforme, nel senso che le sue clausole rientrano per "relationen" nel contenuto dei singoli contratti di acquisto e vincolano i singoli acquirenti indipendentemente dalla trascrizione: Cass., sez. II, 21 febbraio 1995, n. 1886, GCM, 1995, 398).

L'obbligo dell'acquirente, previsto nel contratto di compravendita di un'unità immobiliare di un fabbricato, di rispettare il regolamento di condominio da predisporsi in futuro, non può valere come approvazione di un regolamento, allo stato inesistente, poiché è solo il concreto richiamo, nel singolo atto d'acquisto, ad un determinato regolamento, che consente di considerare quest'ultimo come facente parte, "per relationem", di tale atto: così, il regolamento di condominio edilizio predisposto dall'originario (ed unico) proprietario dell'edificio è vincolante, per gli acquirenti delle singole unità immobiliari (purché richiamato ed approvato nei singoli atti di acquisto), nella sola ipotesi che il relativo acquisto si collochi in epoca successiva alla predisposizione del regolamento stesso, e non nel periodo antecedente tale predisposizione, ancorché nell'atto di acquisto sia previsto l'obbligo di rispettare il regolamento da redigersi in futuro, mancando, in tal caso, uno schema negoziale definitivo, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti nell'oggetto del contratto;

"in questa ultima ipotesi, pertanto, il regolamento può vincolare l'acquirente solo se, successivamente alla sua redazione, quest'ultimo vi presti volontaria adesione" (Cass., sez. II, 26 gennaio 2000, n. 856, GCM, 2000, 147; VN, 2000, 931 – conforme - Cass., sez. II, 16 febbraio 2005, n. 3104, GCM, 2005, 2; RGE, 2005, 5, 1463 – conforme, nel senso che l'obbligo genericamente assunto nei contratti di vendita delle singole unità immobiliari di rispettare il regolamento di condominio che contestualmente si incarica il costruttore di predisporre, come non vale a conferire a quest'ultimo il potere di redigere un qualsiasi regolamento, così non può valere come approvazione di un regolamento allo stato inesistente: Cass., sez. II, 16 giugno 1992, n. 7359, GCM, 1992, 6).

Si confronti, in argomento, anche la seguente pronuncia laddove conferma che tale adesione - e quindi la volontà del condominio di accettare le disposizioni del regolamento condominiale limitative del diritto di proprietà sulle parti esclusive del suo immobile - deve risultare per iscritto, in modo chiaro ed inequivocabile e non per fatti concludenti,

"non potendo pertanto costituire adesione, con i conseguenti effetti vincolanti, l'"applicazione" e la "presa di cognizione" del regolamento stesso" (Cass., sez. II, 13 settembre 1991, n. 9591, GCM, 1991, 9).

Va, pertanto, esclusa la possibilità di un'approvazione di clausole del regolamento contrattuale, concernenti diritti immobiliari, mediante comportamenti concludenti dei condomini (ad esempio, in applicazione di siffatto principio, la Suprema corte, nella pronuncia che segue, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto inopponibile al condomino il regolamento condominiale - da questi non approvato con atto scritto - che, tra l'altro, vietava la collocazione di una caldaia sul ballatoio e la collocazione di fili elettrici nell'androne del fabbricato), quale, ad esempio, la mancata contestazione della delibera condominiale che le abbia approvate, da parte del condomino assente alla assemblea che ha adottato tale atto: invero,

"le clausole del regolamento condominiale che incidono sui diritti immobiliari dei condomini, sulle loro proprietà esclusive o sulle parti comuni, hanno natura contrattuale e, concernendo diritti immobiliari, per esse deve ritenersi imposta la forma scritta "ad substantiam"" (Cass., sez. II, 26 gennaio 2004, n. 1314, GCM, 2004, 1; GC, 2004, I, 921 – inoltre, il limite al diritto di godimento spettante a ciascun condomino "iure proprietatis" sulle parti comuni, disposto dal regolamento condominiale ed accettato nei singoli atti d'acquisto, ha natura negoziale e può essere modificato solo per iscritto e con il consenso unanime dei condomini: (Cass., sez. II, 18 febbraio 2000, n. 1830, GCM, 2000, 384; RGE, 2000, I, 612 - Conforme - Cass., sez. U., 30 dicembre 1999, n. 943, RGE, 2000, I, 376 – conforme, nel senso che l'adesione alle clausole del regolamento di condominio che introducono limitazioni al diritto di proprietà del condominio sulle parti di proprietà esclusiva deve risultare per iscritto, in modo chiaro ed inequivocabile, e non per fatti concludenti: Cass., sez. II, 13 settembre 1991, n. 9591, GI, 1992, I, 1, 1530; ALC, 1992, 306).

Peraltro, più volte la giurisprudenza ha confermato che il regolamento convenzionale di condominio fa corpo, con il contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio condominiale, anche se non materialmente inserito nel testo degli stessi, purché espressamente richiamato ed approvato (le sue clausole rientrano in tal modo, "per relationem", nel contenuto dei singoli contratti di acquisto).

E trattandosi, in questo caso, di "relatio perfecta", in quanto il richiamo è opera di entrambi i contraenti, le singole clausole del regolamento di condominio restano fuori dalla previsione del comma 2 dell'art. 1341 c.c., che, nel sancire la necessità della specifica approvazione per iscritto di condizioni vessatorie, ha riguardo alle

"sole clausole, di contratti per adesione o analoghi, che risultino predisposte da una soltanto delle parti contraenti" (Cass., sez. II, 14 gennaio 1993, n. 395, GCM, 1993, 54; ALC, 1993, 531 – conforme - Cass., sez. II, 7 gennaio 1992, n. 49, GCM, 1992, 1; GI, 1992, I, 1, 1465; VN, 1992, 542; GC, 1992, I, 2407; ALC, 1992, 547).

Quando il regolamento contrattuale genera vincoli di natura reale, l'azione diretta alla tutela del diritto è imprescrittibile, perché diretta alla tutela del diritto di (com)proprietà: si pensi, ad esempio, come nel caso discusso dalla pronuncia che segue (dove il Supremo Consesso ha confermato la sentenza impugnata che, escludendo la natura negoziale del vincolo imposto dalla norma del regolamento condominiale di natura contrattuale, invocato dagli attori, aveva disatteso l'eccezione di prescrizione sollevata dalla convenuta che aveva dedotto di avere utilizzato l'area in oggetto come parcheggio da oltre dieci anni), all'azione con cui i comproprietari di un cortile - utilizzato dalla convenuta come parcheggio - lamentino la violazione della destinazione dello spazio comune, che - secondo la norma del regolamento condominiale di natura contrattuale - debba essere lasciato libero e sgombro

"attesa la natura di vincolo di natura reale - assimilabile a un onere reale o a una servitù reciproca - e non semplicemente obbligatoria della destinazione impressa dalla norma regolamentare" (Cass., sez. II, 4 febbraio 2004, n. 2106, GCM, 2004, 2; CIV, 2011, 3, 40).

I principi sopra evidenziati trovano consueta applicazione, in giurisprudenza, relativamente ad argomenti quali:

- il divieto di parcheggio, nel senso che la norma del regolamento condominiale, richiamato nei singoli atti di acquisto, la quale preveda il divieto di parcheggiare le autovetture nel cortile del condominio, non limitandosi a disciplinare soltanto l'uso e il godimento di una parte comune del fabbricato, ma incidendo nella sfera dei diritti soggettivi di ciascun condomino, ha natura di norma contrattuale, come tale modificabile

"solo con il consenso unanime dei condomini" (App. Napoli 10 giugno 1999, ALC, 2000, 87 – ancora, in tema di condominio, la delibera assembleare di destinazione del cortile a parcheggio di autovetture - in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune - è validamente approvata con la maggioranza prevista dal comma 5 dell'art. 1138 c.c., non essendo richiesta l'unanimità dei consensi: Cass., sez. II, 8 novembre 2004, n. 21287, GCM, 2004, 11; VN, 2005, 257; CIV, 2011, 3, 39);

- il divieto di sosta, laddove le clausole dei regolamenti, che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni - e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri, hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione, che deve essere manifestato in forma scritta, essendo esse costitutive di oneri reali o di servitù prediali da trascrivere nei registri immobiliari della conservatoria per l'opponibilità ai terzi acquirenti di appartamenti o di altre porzioni immobiliari dell'edificio condominiale; mentre per la variazione di clausole che disciplinano l'uso delle cose comuni è sufficiente la deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 2, c.c.: così, nella specie, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la

"nullità della deliberazione assembleare con la quale era stata modificata la clausola del regolamento di condominio relativa al divieto della sosta dei veicoli nel cortile comune" (Cass., sez. II, 18 aprile 2002, n. 5626, GCM, 2002, 671);

- l'impianto di riscaldamento [in argomento, è stato deciso (nella specie, il Supremo Consesso ha affermato che il regolamento condominiale, anche se contrattuale, mentre non può consentire la rinuncia all'uso dell'impianto centralizzato con esonero dalle spese, può, invece, prevedere il divieto dal distacco non essendo detto divieto in contrasto con la disciplina dell'uso della cosa comune) per la validità della clausola del regolamento condominiale contrattuale che vieta ai condomini di rinunciare all'uso dei servizi comuni: pertanto, prosegue la pronuncia de quo, la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima, quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano

"nè aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, nè squilibri termici pregiudizievoli della regolare erogazione del servizio, solo nel caso in cui il regolamento di condominio di natura contrattuale non la vieti esplicitamente" (Cass., sez. II, 21 maggio 2001, n. 6923, GCM, 2001, 1021; RGE, 2001, I, 802; GI, 2002, 486 - Conforme - Trib. Milano 4 maggio 2000, GMil, 2000, 430);

- battitura tappeti, essendo nulla la delibera con cui l'assemblea condominiale abbia, a semplice maggioranza e non all'unanimità, deliberato di aggiungere ai divieti già elencati dal regolamento la voce "battitura tappeti",

"traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti al diritto di proprietà dei singoli condomini" (Trib. Brescia 6 luglio 2000, ALC, 2001, 130);

- opere su terrazze esclusive, in quanto, diversamente rispetto all'ipoteca, un vincolo al diritto di proprietà (nella specie, la clausola del regolamento condominiale che prevedeva il divieto di realizzare opere sulle terrazze a livello delle proprietà esclusive), una volta che sia reso pubblico con la trascrizione,

"è opponibile a tutti i successivi aventi causa senza limiti di tempo" (Cass., sez. II, 11 maggio 1996, n. 4439, GCM, 1996, 717);

- natura pertinenziale [in tal ambito, la giurisprudenza ha precisato che il regolamento condominiale contrattuale - il quale viene ad esistenza nel momento in cui, contestualmente al primo atto di vendita di una frazione esclusiva dell'edificio, comportante la nascita del condominio, l'acquirente ne accetta le varie clausole - può contenere, oltre all'indicazione delle parti dell'edificio di proprietà comune ed alle norme relative all'amministrazione e gestione delle cose comuni, la previsione dell'uso esclusivo di una parte dell'edificio definita comune a favore di una frazione di proprietà esclusiva; in tal caso, suggerisce la pronuncia in esame, il rapporto ha natura pertinenziale, essendo stato posto in essere dall'originario unico proprietario dell'edificio, legittimato all'instaurazione ed al successivo trasferimento del rapporto stesso ai sensi degli art. 817 comma 2 e 818 c.c., con l'ulteriore conseguenza che, attenendo siffatto rapporto alla consistenza della frazione di proprietà esclusiva, il richiamo puro e semplice del regolamento condominiale in un successivo atto di vendita (o promessa di vendita) da parte del titolare della frazione di proprietà esclusiva, a cui favore sia previsto l'uso esclusivo di quella parte comune,

"può essere considerato sufficiente ai fini dell'indicazione della consistenza della frazione stessa venduta o promessa in vendita" (Cass., sez. II, 4 giugno 1992, n. 6892, GCM, 1992, 6; ALC, 1992, 761)];

- recesso [in tal ambito, è stato deciso, con riguardo a contratto di appalto a tempo indeterminato, per la gestione dei servizi di una casa-albergo, che il collegamento funzionale di tale rapporto, con l'acquisto ed il godimento della proprietà esclusiva di porzione del fabbricato, giustifica l'esclusione della facoltà del singolo condominio di sciogliere unilateralmente il rapporto stesso, fino a quando conservi detta proprietà (salvo restando lo scioglimento per mutuo consenso o la risoluzione per inadempimento); siffatta rinuncia al recesso, proseguono le Sezioni Unite, ancorché contenuta nel regolamento condominiale di tipo contrattuale, non abbisogna di specifica approvazione,  

"non rientrando in alcuna delle ipotesi contemplate dall'art. 1341 comma 2 c.c. (non suscettibile di applicazione analogica), nè richiede la trascrizione, trattandosi di atto di natura obbligatoria, non implicante vincoli o limitazioni di carattere reale" Cass., sez. U., 14 giugno 1990, n. 5777, GCM, 1990, 6];

- richiamo contenuto in regolamento contrattuale laddove, qualora in un regolamento condominiale contrattuale siano state richiamate e sussunte talune norme del r.d. 15 gennaio 1934 n. 56, tali norme, hanno acquistato natura e valore pattizio, con la conseguenza che, pur essendo stato abrogato il predetto decreto per effetto dell'entrata in vigore dell'attuale codice civile,

"esse sono rimaste comunque in vita come clausole contrattuali, perfettamente valide se attinenti a materia non regolata da norme cogenti del nuovo codice" (Cass., sez. II, 8 giugno 1984, n. 3456, GCM, 1984, 6).

 




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film