-  Redazione P&D  -  07/10/2014

TRASCRIVIBILITA IN ITALIA DEL MATRIMONIO OMOSESSUALE CELEBRATO ALLESTERO - Elena GUERRI

Sommario: A. LA TRASCRIVIBILITA" DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL"ESTERO; 1. La tesi tradizionale; 2. Le pronunce successive; 3. La svolta del Tribunale Grosseto, ordinanza 09 aprile 2014; 4. Il no del Tribunale di Milano, decreto 17 luglio 2014; 5. La Consulta ed il divorzio cd. imposto, la sentenza n°170/2014; B. L"AFFIDO E L"ADOZIONE DEI MINORI; 1. La Cassazione sull"affido di minore; 2. La Corte EDU e l'adozione da parte di coppie omosessuali, Grande Camera, sentenza 9 gennaio- 19 febbraio 2013, Ricorso n°19010/2007; LE PRONUNCE SUCCESSIVE; 1. Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, decreto 31 ottobre 2013; 2. Il Tribunale per i Minorenni di Roma nella sentenza del 30 luglio 2014 interpreta l"art. 44, Legge n°184/1983. 

 

Nell"articolo intitolato "Il formante giurisprudenziale riconosce diritti alle coppie omosessuali, qualcosa sta cambiando?", pubblicato nel maggio 2013 su questo sito web, analizzammo una sentenza della Consulta (n°138/2010) e due della Corte di Cassazione (n°4184/2012 e del n°601/2013), concernenti il riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali.

A queste pronunce ne sono susseguite altre della giurisprudenza di merito (Tribunale Grosseto, 09 aprile 2014; Tribunale di Milano, 17 luglio 2014; Tribunale di Bologna, 31 ottobre 2013; Tribunale di Roma, 30 luglio 2014) e della Consulta (n°170/2014) di cui si ritiene necessario dare conto, per continuare a comporre i tasselli del puzzle che la giurisprudenza sta man mano componendo.

 

  1. A. LA TRASCRIVIBILITA" DEI MATRIMONI CONTRATTI ALL"ESTERO.

 

  1. 1. La tesi tradizionale.

Riepilogando brevemente, in una prima fase la Corte di Cassazione aveva sostenuto l"inesistenza dei matrimoni tra omosessuali, ritenendosi la differenza sessuale un requisito di esistenza del matrimonio, ovvero una sua precondizione.[1]

L"art. 55[2] del codice civile del 1865 espressamente descriveva il matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Invece, il codice civile del 1942 non contiene norme così puntuali, ma similari, come l"art. 107 c.c.[3], ove troviamo le locuzioni di marito e moglie.

 

  1. 2. Le pronunce successive. 

La Corte Costituzionale, con sentenza n°138/2010[4], ha affermato il diritto alla tutela giuridica dei diritti e doveri delle coppie omosessuali, pronunciandosi sul rifiuto, da parte degli uffici dello stato civile, di accettare le pubblicazioni di matrimonio tra due persone dello stesso sesso.

Nella pronuncia la Corte sostiene come il matrimonio tra persone delle stesso sesso non sia tutelato dalla Costituzione e che il suo divieto non sia incostituzionale, aggiungendo come possa essere riconosciuto il diritto alla tutela giuridica dei diritti e doveri connessi alle unioni omosessuali, con riferimento all"articolo 2 Cost., dato che ".. per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l"unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l"aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente l"esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate. Ne deriva, dunque, che, nell"ambito applicativo dell"art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell"esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte costituzionale la possibilità d"intervenire a tutela di specifiche situazioni (come è avvenuto per le convivenze more uxorio: sentenze n. 559 del 1989 e n. 404 del 1988). Può accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte può garantire con il controllo di ragionevolezza".

Si era osservato nel precedente articolo supra citato come dopo questa sentenza una legge a tutela delle unioni omosessuali troverebbe giustificazione e garanzia nell"art. 2 della Cost.

Successivamente, la Corte di Cassazione, con sentenza n°4184/2012[5] ha sostenuto il diritto alla vita familiare per le coppie omosessuali, negando il riconoscimento del matrimonio contratto in Olanda da una coppia di uomini, i quali avevano ricorso contro il diniego del Comune di Latina di trascrivere il loro certificato di nozze.

La Corte ha enunciato, però, "un diritto alla vita familiare e a vivere liberamente una condizione di coppia. Si legge nel testo della pronuncia "… nelle 'formazioni sociali' di cui all'art. 2 Cost., è inclusa l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di 'coppia'... I componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, se – secondo la legislazione italiana- non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all'estero, tuttavia – a prescindere dall'intervento del legislatore in materia – quali titolari del diritto alla"vita familiare' e nell'esercizio del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia e del diritto alla tutela giurisdizionale di specifiche situazioni, segnatamente alla tutela di altri diritti fondamentali, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza appunto di 'specifiche situazioni', il diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata e, in tale sede, eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni delle leggi vigenti, applicabili alle singole fattispecie, in quanto ovvero nella parte in cui non assicurino detto trattamento, per assunta violazione delle pertinenti norme costituzionali e/o del principio di ragionevolezza".

Ne consegue che il matrimonio tra omosessuali non è trascrivibile non perché inesistente, ma perché invalido ed inefficace. Pertanto, è dato per presupposto che possa essere stipulato, ma sarà inidoneo a produrre effetti giuridici alla luce dell"attuale assetto legislativo.

  1. 3. La svolta del Tribunale Grosseto, ordinanza 09 aprile 2014.[6] 

La vicenda trae le sue origini dal provvedimento di rifiuto dell"Ufficiale di Stato Civile del Comune di Grosseto di trascrivere nei registri dello stato civile l"atto di matrimonio celebrato con rito civile a New York da due uomini, poiché:"a) la normativa italiana non consente che persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio; b) non è possibile trascrivere l'atto di matrimonio contratto all'estero tra persone dello stesso sesso, "in quanto nel nostro ordinamento non è previsto il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso in quanto in contrasto con l'ordine pubblico"; c) l'art. 27 della legge n. 218 del 1995 dispone che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio; d) non è applicabile, nel caso di specie, la normativa contenuta nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (CEDU), ancorché ratificata con la legge n. 849 del 1955, la quale la esclude stabilendo all'art. 9 che "il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l"esercizio".

Il Tribunale, al punto 2 della citata ordinanza, ricorda che "… il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero non è inesistente per lo stato italiano (Cass. n. 4184/12) e non è contrario all"ordine pubblico, come la Suprema Corte ha riconosciuto, sia pure non esplicitamente, nella seconda parte della motivazione della sentenza n. 4184/12 laddove ha richiamato la sentenza 24 giugno 2010 della Corte Europea dei diritti dell'uomo (prima sezione caso Shalk e Kopf contro Austria) con la quale è stato stabilito che "la Corte non ritiene più che il diritto al matrimonio di cui all'art. 12 della CEDU debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto", ed ha affermato che "il diritto al matrimonio riconosciuto dall'art. 12 della CEDU ha acquisito un nuovo e più ampio contenuto, inclusivo anche del matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso".

Alla luce delle richiamate normative, il Tribunale ha ritenuto che l"atto di matrimonio oggetto del ricorso possa essere trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Grosseto, non essendo ravvisabile, nel caso di specie, alcun impedimento derivante dalle stesse disposizioni in quanto:

"a) come chiarito al punto 2, il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato al'estero non è contrario all'ordine pubblico; b) nelle norme di cui agli artt. da 84 a 88 del codice civile non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio; c) l'art. 27 della legge n. 218 del 1995 contiene un implicito richiamo alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio di cui alla sezione I del capo III del titolo VI del libro primo del codice civile, dunque vale quanto precisato alla precedente lettera b); d) è incontestato che il matrimonio celebrato all"estero è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo della celebrazione, come nel caso di specie; e) è incontestato che il matrimonio in oggetto è produttivo di effetti giuridici nell'ordinamento dello Stato dove è stato celebrato e non è contrario all'ordine pubblico; e non essendo previsto, nel nostro ordinamento, alcun ulteriore e diverso impedimento derivante da disposizioni di legge alla trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all'estero secondo le forme previste dalla legge straniera e che, quindi, spieghi effetti civili nell'ordinamento dello Stato dove è stato celebrato, non avendo tale trascrizione natura costitutiva ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé sulla base del principio "tempus regit actum" (Cass. n. 17620/13; Cass. n. 10351/98)."

Ne consegue che il matrimonio tra omosessuali è riconosciuto esistente, valido e trascrivibile.

Il provvedimento in oggetto è stato impugnato dal Pubblico Ministero.[7]

  1. 4. Il no del Tribunale di Milano, decreto 17 luglio 2014.[8] 

In controtendenza rispetto al Tribunale grossetano, quello milanese ha sostenuto come l"atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso non può essere trascritto perché non è idoneo a spiegare effetti giuridici nel nostro ordinamento sulla base della attuale vigente normativa.[9]

La vicenda è la stessa che si era presentata al Tribunale di Grosseto: l"ufficiale di stato civile ha respinto la richiesta di trascrizione di un matrimonio celebrato a Lisbona.

Il rifiuto è stato impugnato ed il giudice lo ha confermato con decreto, ove sono esposte le seguenti riflessioni: "… ritenuto che l"evoluzione giurisprudenziale della questione sul diritto a contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso e di conseguenza sul diritto alla trascrizione del relativo atto di matrimonio contratto all"estero è stata ricostruita in modo chiaro e puntuale nella pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 4184/2012, tenuto conto della fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale n. 138/2010 e dei principi contenuti nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell"uomo e delle libertà fondamentali (art. 8, 12 e 14 Cedu) e della Carta dei diritti fondamentali dell"Unione Europea (art. 9 Carta di Nizza) e delle pronunce della Corte Europea dei diritti dell"uomo (sentenza 24 giugno 2010 Prima Sezione caso Schalk e Kopf contro Austria); ritenuto che, sulla base dei principi sanciti da tale importante arresto della Suprema Corte, se può dirsi superata l"interpretazione consolidata della c.d. "inesistenza giuridica" dell"atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso, non può affatto dirsi affermato il diritto di persone dello stesso sesso a contrarre matrimonio come diritto riconosciuto dalla nostra Costituzione e dallo stesso ordinamento sovranazionale; ritenuto, infatti, che, secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia 138/2010, pur dovendosi riconoscere in forza dell"art. 2 della Carta Costituzionale «l"unione omosessuale intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia ottenendone, nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge, il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Si deve escludere, tuttavia, che l"aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio. È sufficiente l"esame, anche non esaustivo, delle legislazioni dei Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette per verificare la diversità delle scelte operate. Ne deriva, dunque, che, nell"ambito applicativo dell"art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell"esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette, restando riservata alla Corte Costituzionale la possibilità d"intervenire a tutela di specifiche situazioni, deve escludersi secondo la stessa Corte delle Leggi che «l"art. 2 Cost. riconosce il diritto al matrimonio delle persone dello stesso sesso e neppure vincola il Legislatore a garantire tale diritto quale forma esclusiva del riconoscimento giuridico dell"unione omosessuale, vale a dire ad "equiparare" le unioni omosessuali al matrimonio»;… «la "garanzia" del diritto ad un matrimonio siffatto è totalmente riservata al potere legislativo degli Stati contraenti della Convenzione e/o membri dell"Unione Europea», precisando la stessa Corte Europea dei diritti dell"Uomo che «l"art. 12 della Convenzione non faccia obbligo allo Stato convenuto nella specie, l"Austria, di concedere l"accesso al matrimonio a una coppia omosessuale come i ricorrenti». A quest"ultimo riguardo, secondo l"impostazione della Corte, le ora richiamate disposizioni, pur "riconoscendo" detti diritti, sono state tuttavia formulate in modo tale da separare il "riconoscimento" dalla "garanzia" degli stessi: infatti, l"art.12 della Cedu riconosce «il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia», ma «secondo le leggi nazionali regolanti l"esercizio di tale diritto»; corrispondentemente, l"art. 9 della Carta di Nizza riconosce «il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia», ma al contempo afferma che questi diritti «sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l"esercizio». E la ragione di questa "separazione" – come emerge nitidamente dalla motivazione della sentenza della Corte Europea – sta nella constatazione delle notevoli ed a volte profonde differenze sociali, culturali e giuridiche, che ancora connotano le discipline legislative della famiglia e del matrimonio dei Paesi aderenti alla Convenzione e/o membri dell"Unione Europea»; ritenuto che la sopra descritta evoluzione giurisprudenziale europea comporta, come chiarito dalla Corte di Cassazione, unicamente che la ragione della non trascrivibilità dell"atto di matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all"estero non può più identificarsi nell"inesistenza del matrimonio per mancanza di un requisito minimo indispensabile, ma nell"inidoneità a produrre quale atto di matrimonio appunto qualsiasi effetto giuridico nell"ordinamento italiano; e ciò proprio in ragione della mancanza di una normativa sul punto che, sia per l"ordinamento costituzionale interno sia per l"ordinamento sovranazionale, è riservata in via esclusiva al Parlamento Nazionale e che non può certo essere in alcun modo estrapolata in via interpretativa;… ritenuto che conferma della posizione espressa dalla Suprema Corte di Cassazione o meglio ancora rafforzamento del modello eterosessuale del matrimonio alla luce dell"attuale diritto interno, ferma la discrezionalità del Parlamento Nazionale di stabilire forme di tutela per le coppie di soggetti appartenenti allo stesso sesso, si ricava dalla recentissima pronuncia della Corte Costituzionale n. 170/2014 che, affrontando nuovamente la questione sia pure in relazione ad una fattispecie specifica diversa, ha di fatto ribadito le considerazioni esposte nella propria pronuncia n. 138/2010, affermando che allo stato per il diritto italiano, sia pure interpretato alla luce dei principi della Convenzione Europea dei diritti dell"uomo e della Carta di Nizza, in ragione dell"art. 29 della Costituzione e della sua interpretazione consolidata alla luce della normativa primaria vigente il matrimonio continua ad avere quale presupposto la diversità di genere dei nubendi, essendo compito del Parlamento intervenire per individuare e garantire le forme di tutela delle unioni tra persone dello stesso sesso".

5. La Consulta ed il divorzio cd. imposto, la sentenza n°170/2014.[10] 

Nella pronuncia in oggetto la Consulta ha dichiarato l"illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164[11] (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell"attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal Legislatore ed, in via consequenziale, l"illegittimità costituzionale dell"art. 31, comma 6, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell"articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), nella parte in cui non prevede che la sentenza di rettificazione dell"attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che determina lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal Legislatore.

La Corte remittente ha sostenuto come "Il cosiddetto "divorzio imposto" – introdotto dalla normativa censurata (l"art. 4 ed il connesso art. 2 della legge n. 164 del 1982) – sconterebbe, infatti, ad avviso della Corte rimettente, un deficit di tutela, risolventesi nel sacrificio indiscriminato, in assenza di strumenti compensativi, «del diritto di autodeterminarsi nelle scelte relative all"identità personale, di cui la sfera sessuale esprime un carattere costitutivo; del diritto alla conservazione della preesistente dimensione relazionale, quando essa assuma i caratteri della stabilità e continuità propri del vincolo coniugale; del diritto a non essere ingiustificatamente discriminati rispetto a tutte le altre coppie coniugate, alle quali è riconosciuta la possibilità di scelta in ordine al divorzio; del diritto dell"altro coniuge di scegliere se continuare la relazione coniugale».

La Consulta ha concluso che "La situazione di due coniugi che, nonostante la rettificazione dell"attribuzione di sesso ottenuta da uno di essi, intendano non interrompere la loro vita di coppia, si pone, evidentemente, fuori dal modello del matrimonio – che, con il venir meno del requisito, per il nostro ordinamento essenziale, della eterosessualità, non può proseguire come tale – ma non è neppure semplicisticamente equiparabile ad una unione di soggetti dello stesso sesso, poiché ciò equivarrebbe a cancellare, sul piano giuridico, un pregresso vissuto, nel cui contesto quella coppia ha maturato reciproci diritti e doveri, anche di rilievo costituzionale, che, seppur non più declinabili all"interno del modello matrimoniale, non sono, per ciò solo, tutti necessariamente sacrificabili. 5.2.− Il parametro costituzionale di riferimento per una corretta valutazione della peculiare fattispecie in esame … non è dunque quello dell"art. 29 Cost. invocato in via principale dallo stesso collegio rimettente, poiché, come già sottolineato da questa Corte, la nozione di matrimonio presupposta dal Costituente (cui conferisce tutela il citato art. 29 Cost.) è quella stessa definita dal codice civile del 1942, che «stabiliva (e tuttora stabilisce) che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso» (sentenza n. 138 del 2010). Il che comporta che anche a colui (o colei) che cambia il proprio sesso non resta impedito di formare una famiglia, contraendo nuovo matrimonio con persona di sesso diverso da quello da lui (o lei) acquisito per rettifica…. 5.4.− Neppure sussiste, nei termini della sua prospettazione, il contrasto della normativa denunciata con i precetti di cui agli artt. 24 e 3 Cost. Quanto al primo parametro, perché non essendo, per quanto detto, configurabile un diritto della coppia non più eterosessuale a rimanere unita nel vincolo del matrimonio, non ne è, di conseguenza, ipotizzabile alcun vulnus sul piano della difesa. E quanto al parametro dell"art. 3 Cost., poiché la diversità della peculiare fattispecie di scioglimento a causa di mutamento del sesso di uno dei coniugi rispetto alle altre cause di scioglimento del matrimonio ne giustifica la differente disciplina. 5.5.− Pertinente, è invece, il riferimento al precetto dell"art. 2 Cost. Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare, nella richiamata sentenza n. 138 del 2010, che nella nozione di "formazione sociale" – nel quadro della quale l"art. 2 Cost. dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell"uomo – «è da annoverare anche l"unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri». In quella stessa sentenza è stato, però, anche precisato doversi «escludere […] che l"aspirazione a tale riconoscimento – che necessariamente postula una disciplina di carattere generale, finalizzata a regolare diritti e doveri dei componenti della coppia – possa essere realizzata soltanto attraverso una equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio», come confermato, del resto, dalla diversità delle scelte operate dai Paesi che finora hanno riconosciuto le unioni suddette. Dal che la conclusione, per un verso, che «nell"ambito applicativo dell"art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell"esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette», e, per altro verso, che resta, però, comunque, «riservata alla Corte costituzionale la possibilità di intervenire a tutela di specifiche situazioni», nel quadro di un controllo di ragionevolezza della rispettiva disciplina. 5.6.− Sulla linea dei principi enunciati nella riferita sentenza, è innegabile che la condizione dei coniugi che intendano proseguire nella loro vita di coppia, pur dopo la modifica dei caratteri sessuali di uno di essi, con conseguente rettificazione anagrafica, sia riconducibile a quella categoria di situazioni "specifiche" e "particolari" di coppie dello stesso sesso, con riguardo alle quali ricorrono i presupposti per un intervento di questa Corte per il profilo, appunto, di un controllo di adeguatezza e proporzionalità della disciplina adottata dal legislatore. La fattispecie peculiare che viene qui in considerazione coinvolge, infatti, da un lato, l"interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e a non consentirne, quindi, la prosecuzione, una volta venuto meno il requisito essenziale della diversità di sesso dei coniugi) e, dall"altro lato, l"interesse della coppia, attraversata da una vicenda di rettificazione di sesso, a che l"esercizio della libertà di scelta compiuta dall"un coniuge con il consenso dell"altro, relativamente ad un tal significativo aspetto della identità personale, non sia eccessivamente penalizzato con il sacrificio integrale della dimensione giuridica del preesistente rapporto, che essa vorrebbe, viceversa, mantenere in essere (in tal ultimo senso si sono indirizzate le pronunce della Corte costituzionale austriaca – VerfG 8 giugno 2006, n. 17849 – e della Corte Costituzionale tedesca BVerfG, 1, Senato, ord. 27 maggio 2008, BvL 10/05) . La normativa – della cui legittimità dubita la Corte rimettente – risolve un tale contrasto di interessi in termini di tutela esclusiva di quello statuale alla non modificazione dei caratteri fondamentali dell"istituto del matrimonio, restando chiusa ad ogni qualsiasi, pur possibile, forma di suo bilanciamento con gli interessi della coppia, non più eterosessuale, ma che, in ragione del pregresso vissuto nel contesto di un regolare matrimonio, reclama di essere, comunque, tutelata come «forma di comunità», connotata dalla «stabile convivenza tra due persone», «idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione» (sentenza n. 138 del 2010). Sta in ciò, dunque, la ragione del vulnus che, per il profilo in esame, le disposizioni sottoposte al vaglio di costituzionalità arrecano al precetto dell"art. 2 Cost. Tuttavia, non ne è possibile la reductio ad legitimitatem mediante una pronuncia manipolativa, che sostituisca il divorzio automatico con un divorzio a domanda, poiché ciò equivarrebbe a rendere possibile il perdurare del vincolo matrimoniale tra soggetti del medesimo sesso, in contrasto con l"art. 29 Cost. Sarà, quindi, compito del legislatore introdurre una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tal piano, di assoluta indeterminatezza. E tal compito il legislatore è chiamato ad assolvere con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell"attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti".

La Corte ha sancito che sarà «compito del Legislatore introdurre una forma alternativa (e diversa dal matrimonio)» per la coppia del caso di specie: tale affermazione sembra imporre, infatti, che il Legislatore non possa intervenire consentendo di protrarre il matrimonio. Pertanto, da un lato la Corte ha ritenuto incostituzionale non riconoscere una qualche forma giuridica che consenta ai coniugi di rimanere uniti per la legge; dall"altro ha escluso la prosecuzione del matrimonio e richiamato il Legislatore ad introdurre un"unione civile che garantisca i diritti di quelle coppie per cui non può più ricorrersi all"istituto del matrimonio. [12]

Una pronuncia, in conclusione, che si pone nel solco tracciato dalla sentenza della Consulta n°138/2010 e che contribuisce a sollecitare l"intervento del Legislatore per disciplinare le unioni civili.

  1. B. L"AFFIDO E L"ADOZIONE DEI MINORI.

  1. 1. La Cassazione sull"affido di minore.

La Corte di Cassazione con la sentenza n°601 del 2013[13] ha confermato l"affidamento del minore alla madre omosessuale convivente con la compagna, precisando che crescere in una famiglia omosessuale non può avere ripercussioni negative sullo sviluppo del minore, se questo non viene provato con dati scientifici.

La Legge n°54 del 2006 ha riformato gli effetti della separazione dei genitori nei confronti dei figli, affermando il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, ai sensi del comma primo, art. 155 c.c.

La riforma ha sancito il cd. diritto alla bigenitorialità, tendendo l"affidamento condiviso a preservare in capo ai genitori i diritti ed i doveri già esistenti prima della separazione, con continuità, nonostante la crisi coniugale. Ai sensi dell"art. 155 c.c., comma terzo, la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i coniugi e le decisioni di maggiore interesse sono assunte di comune accordo. L"art. 155 bis c.c. è chiaro nell"attribuire all"affidamento esclusivo ad un genitore carattere eccezionale e l"art. 155 c.c., al comma secondo, dispone che ciascun genitore possa proporre domanda di affidamento esclusivo se quello condiviso risulti contrario all"interesse del minore.[14]

La Corte di Cassazione ha, di recente[15], specificato come "Alla regola dell'affidamento condiviso può infatti derogarsi solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l'interesse del minore". Non avendo, per altro, il Legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all'affidamento condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con "provvedimento motivato", con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l'affidamento esclusivo. L'affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per sé, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto. Occorre viceversa, perché possa derogarsi alla regola dell'affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (come, nel caso, ad esempio, di una sua anomala condizione di vita, di insanabile contrasto con il figlio, di obiettiva lontananza ...). Per cui l'esclusione della modalità dell'affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all'interesse del figlio dell'adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento".

Proprio riguardo alla richiesta di affido esclusivo si legge nel testo nella sentenza n°601 in oggetto, che ".. non risulta alcuna specificazione delle ripercussioni negative, sul piano educativo e della crescita del bambino, dell'ambiente familiare in cui questi viveva presso la madre: specificazione la cui mancanza era stata appunto stigmatizzata dai giudici di appello.. Alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pre-giudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino, che dunque correttamente la Corte d'Appello ha preteso fosse specificamente argomentata".

2. La Corte EDU e l'adozione da parte di coppie omosessuali, Grande Camera, sentenza 9 gennaio- 19 febbraio 2013, Ricorso n°19010/2007.[16] 

La Corte Europea ha stabilito che, nelle coppie omosessuali, il partner ha diritto di adottare i figli del proprio compagno, pena la violazione degli articoli 8 e 14 della Cedu, relativi alla non discriminazione ed al diritto al rispetto della vita familiare.

La vicenda riguardava due donne austriache conviventi stabilmente, cui il Tribunale nazionale aveva negato il diritto che una delle due potesse adottare il figlio dell"altra, nato nel 1995 da una relazione al di fuori del matrimonio.

La Corte ha affermato la violazione dei loro diritti da parte della Legge austriaca, discriminandole in base al loro orientamento sessuale, dato che, invece, l"adozione è permessa alle coppie eterosessuali non sposate, non avendo dimostrato la necessità del diverso trattamento per proteggere la famiglia o l"interesse del minore.

Per la Corte "la differenza di trattamento tra le ricorrenti e le coppie eterosessuali non sposate" è "basata sull'orientamento sessuale" delle prime, ed il Governo austriaco "non ha fornito ragioni convincenti a dimostrare che questa differenza di trattamento sia necessaria per la protezione della famiglia o degli interessi del bambino".

I giudici hanno concluso che "la Convenzione non obbliga gli Stati ad estendere il diritto di adozione cogenitoriale alle coppie non sposate".

La possibilità di adozione alle coppie omosessuali, riconosciuta dai giudici di Strasburgo, opera soltanto per quegli ordinamenti che consentono l"adozione anche alle coppie non sposate, mentre in Italia ciò non è possibile, in quanto Codice civile e Costituzione italiana indicano con chiarezza che la diversità di sesso dei coniugi costituisce presupposto indispensabile del matrimonio e che solo a tale forma di unione il Legislatore riconosce la possibilità di accedere all"adozione di bambini. Gli Stati non sono tenuti a riconoscere il diritto all'adozione dei figli dei partner alle coppie non sposate, ma laddove tale riconoscimento giuridico esista, allora va esteso anche alle unioni omosessuali[17].

 

 

 

 

 

LE PRONUNCE SUCCESSIVE.

 

  1. 1. Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, decreto 31 ottobre 2013.[18] 

Nella pronuncia in oggetto il Tribunale dei Minori, in linea con la Corte di Cassazione, ha disposto l"affidamento temporaneo di una minore ad una coppia omosessuale per il tempo di due anni, così statuendo: "la diversità dei presupposti e delle finalità dei due istituti di ratio non consente di ritenere applicabili tout court all"affidamento consensuale, le procedure previste per l"adozione, ed, in specie, quelle relative alle modalità di valutazione d"idoneità e di comparazione delle coppie aspiranti all"adozione; peraltro, se deve escludersi il diritto di adottare in capo a soggetti adulti non costituenti una famiglia in senso giuridico, in materia di affido non possano essere esclusi dal novero dei potenziali affidatari i singoli individui e quindi – in base ad un necessario passaggio logico giuridico – anche le coppie di fatto (cioè composte da due singoli individui alla cui unione il Legislatore non connette la produttività di effetti giuridici) come quelli di consanguinei ovvero dello stesso sesso, legate da qualunque tipo di rapporto, purché qualora entrambi siano incaricati dell"affido stabili e con caratteristiche tali da apparire idonee ad assicurare al minore il mantenimento, l"educazione, l"istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno; a riprova di ciò vale l"argomento per cui, formalmente, la legge non vieterebbe l"affido ad un singolo individuo che fosse componente di una coppia non riconoscibile come famiglia, non rilevando in tale caso la sussistenza e le caratteristiche di tale unione".

Sia i giudici, sia i servizi sociali hanno dato parere favorevole all"affidamento temporaneo ai due uomini conviventi che sono una coppia stabile ed affidabile, con tutte le condizioni richieste dalla legge per ospitare una bambina che vive in un contesto familiare difficile e che conosce bene i due uomini, tanto da chiamarli "zii", anche in assenza di un legame di parentela. A differenza dell"adozione, per la quale la legge italiana richiede espressamente che la coppia sia sposata, per l"affidamento la nuova famiglia temporanea può essere sia una famiglia tradizionale, sia una "comunità di tipo familiare", formata da due persone che assolvono alla funzione di genitori, o un single.[19]

Aprendo una dovuta parentesi, si ricorda come ai sensi dell"art. 4 della Legge n°184 del 1983, "l'affidamento familiare è disposto dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore… Nel provvedimento di affidamento familiare debbono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario… il periodo di presumibile durata dell'affidamento ed il servizio locale cui è attribuita la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni... L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore…".

L"Art.5, poi, precisa che "L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante … L'affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine". 

Parafrasando il dettato normativo, l"affidamento cd. temporaneo o familiare si ha quando un minore è allontanato dalla famiglia di origine (perché quest"ultima si trova in difficoltà temporanea o perché ciò risponde all"interesse del minore) e viene affidato per un periodo di tempo determinato ad un"altra famiglia o ad una singola persona. L"istituto ha l"obiettivo di garantire al bambino le condizioni adeguate in cui crescere e ritornare dai suoi genitori quando questi saranno in grado di occuparsi di lui Se lo stato di abbandono diventa da temporaneo a definitivo prende avvio il procedimento di adozione e si dà luogo all"affidamento preadottivo. Alle famiglie o alle singole persone che desiderano ricevere un bambino in affido, gli operatori del Servizio Sociale assicurano un percorso di informazione e formazione, al cui termine verranno inserite in una banca dati da cui saranno individuate, di volta in volta, quelle ritenute più adeguate ad ogni singola situazione.[20] 

  1. 2. Il Tribunale per i Minorenni di Roma nella sentenza del 30 luglio 2014 interpreta l"art. 44, Legge n°184/1983. [21] 

La sentenza in oggetto è stata da più parti definita storica, dato l"accoglimento, nell"interesse del minore, della richiesta di adozione presentata dalla convivente della madre biologica di una bimba. È stato il primo caso di cd. stepchild adoption in Italia, ovvero l"adozione del figliastro il quale aggiungerà al proprio il cognome dell"adottante.[22]

Nella vicenda oggetto di commento in questo paragrafo una donna aveva presentato ricorso al Tribunale dei Minori di Roma per ottenere ha l"adozione della figlia della compagna che aveva sposato all"estero. Il Tribunale ha accolto il ricorso sulla base dell"articolo 44 della Legge sull"adozione, lettera d), volto a disciplinare l"adozione in casi cd. particolari.[23]

Il Collegio ha esaminato i presupposti dell"adozione in casi particolari in relazione alla vicenda di specie, ove si è in presenza di una relazione affettiva omosessuale, ritenendo che il presupposto dell"adozione fosse la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

Si ricorda come la prima fase del procedimento di adozione è costituita dagli accertamenti finalizzati all"emanazione della dichiarazione di adottabilità, pronunciata dal Tribunale per i Minorenni. Ai sensi dell"art. 8, Legge adozione, sono dichiarati in stato di adottabilità i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono, in quanto privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti a ciò tenuti, sempre che non sia dovuta a causa di forza maggiore transitoria. Segue l"affidamento preadottivo, fase in cui i Servizi Sociali territoriali, su richiesta del Tribunale per i Minorenni, vigilano ed assistono l"inserimento del minore in famiglia[24]. Il procedimento termina con la dichiarazione di adozione del minore, che produce tutti gli effetti giuridici che normalmente si realizzano con la nascita. [25]

Circa lo stato di abbandono, il Legislatore non lo ha definito in maniera precisa, preferendo utilizzare una clausola generale che lascia al giudice ed all"interprete la decisione del caso concreto in base alle condizioni personali, sociali ed ambientali specifiche. In materia si contrappongono due interessi: la tutela del rapporto di sangue (l"art. 1 della Legge sull"adozione sancisce il diritto del minore di crescere ed essere educato dai genitori naturali) ed il diritto del minore ad essere inserito in una famiglia quando la sua non esiste o non sia comunque in grado di far fronte ai compiti che la Legge le assegna. In questo caso a prevalere è la tutela dell"individuo che verrà inserito in un idoneo nucleo familiare. La Corte di Cassazione ha stabilito che "una semplice educazione non ottimale dei figli, come, più in generale, un"impostazione sotto qualche aspetto criticabile del rapporto genitoriale per carenza culturale o caratteriali o intellettive dei genitori, come pure un semplice tenore povero di vita dovuto ad insufficienza di mezzi economici e, meno che mai, il confronto con le condizioni di vita migliori che i minori potrebbero trovare in eventuali famiglie adottive, non possono essere sufficienti, in linea di principio, a sradicarli dalla famiglia e a farli dichiarare in stato di adottabilità (Cass., 23 aprile 1990, n. 3369)"[26].

Secondo parte della dottrina, la impossibilità di affidamento preadottivo, indica una situazione in cui sussistono tutti i presupposti giuridici per procedere all"adozione legittimante, ma in cui, di fatto, a causa della situazione difficile del minore, nessuna coppia di coniugi è disposta ad accogliere. È quindi necessario che il minore versi in stato di abbandono ai sensi dell'art. 8, Legge adozione e che tale condizione sia stata giudizialmente accertata tramite la dichiarazione di adottabilità.[27]

Altra parte della dottrina, invece, evidenzia come l"affidamento preadottivo debba ritenersi impossibile sia quando via sia una situazione di fatto in cui il minore, pur in stato di abbandono, non riesca ad essere affidato ad una famiglia adottiva; sia quando vi sia l"impossibilità giuridica di disporre l"affidamento preadottivo, perché ad esempio manca lo "stato di abbandono", così dando rilievo alla giurisprudenza di merito, che si è orientata per una interpretazione estensiva della formula di cui alla lett. d) dell"art. 44.[28]

L"impossibilità è stata individuata anche nell"ipotesi in cui, essendo il minore legato a figure genitoriali precise, voglia darsi veste giuridica a situazioni di fatto, ad esempio nei casi in cui il minore sia affidato a parenti, senza essere orfano dei genitori, o quando gli adottanti siano privi dei requisiti di cui all"art. 6.[29]

Tornando al caso di specie, il Collegio ha sostenuto che il rapporto di coniugio tra il genitore dell"adottando e l"adottante non sia previsto quale requisito dall"art. 44, lett. d), potendo essere disposta l"adozione in caso di coppie di conviventi ove la decisione corrisponda all"interesse primario del minore.

Si legge nel testo della decisione: "esclusivamente per l"adozione legittimante (nazionale ed internazionale) viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da rapporto di coniugio riconosciuto dall"ordinamento italiano; ma nel nostro sistema il Legislatore ha introdotto una seconda forma di adozione – l"adozione in casi particolari- in base alla quale, nell"interesse superiore del minore, la domanda di adozione può essere proposta anche da persona singola, ai sensi dell"art. 44, lettera d) e dell"art. 7 della medesima L. 183/1984. Nessuna limitazione è prevista espressamente, o può derivarsi in via interpretativa, con riferimento all"orientamento sessuale dell"adottante o del genitore dell"adottando, qualora tra di essi vi sia un rapporto di convivenza".

Nel caso di specie si sarebbe dinanzi ad "un tipo di adozione in "casi particolari", che mira a realizzare l"interesse del minore ad una famiglia in quattro specifiche ipotesi, in cui il Legislatore ha voluto facilitare il procedimento di adozione, per un verso ampliando il novero dei soggetti legittimati a diventare genitori adottivi e, per altro verso, semplificando la procedura di adozione …. L"adozione "in casi particolari" … risponde all"intenzione del Legislatore di voler favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore e i parenti o le persone che già si prendono cura del minore stesso, prevedendo la possibilità di un"adozione con effetti più limitati rispetto a quella legittimante, ma con presupposti meno rigorosi. Viene data in tal modo rilevanza giuridica a tutte quelle situazioni in cui, pur essendo preminente la finalità di proteggere il minore, mancano le condizioni che consentono l"adozione con effetti legittimanti di un soggetto di minore età".

Il Tribunale ha concluso come "la ratio legis trova una espressa manifestazione nell"art. 57, n°2, laddove impone al Tribunale di verificare se l"adozione ex art. 44 L. 183/1984"realizza il preminente interesse del minore". Non si tratta di una precisazione superflua, bensì di grande rilevanza e significatività; è pur vero che tutta la normativa sull"adozione si ispira alla realizzazione di tale interesse, ma l"esigenza avvertita dal Legislatore di far esplicito riferimento ad esso trova ragione proprio nel prospettato rilievo che la norma chiede requisiti meno rigorosi di quelli previsti per gli adottati in via legittimante, con un procedimento più rapido e semplificato. Pertanto il Legislatore con l"art. 44 della richiamata legge 183/1984, oltre ad aver posto precisi limiti ed individuato casi tassativi per limitare la portata dell"istituto, lo circonda di ulteriori cautele, precisando che comunque sarà necessaria un"ulteriore valutazione: che l"adozione realizzi il "preminente interesse del fanciullo" (Cassazione 21651/2011). Peraltro, se l"apprezzamento e la realizzazione di tale interesse costituiscono il limite invalicabile dell"applicazione dell"istituto essi rappresentano anche una importante chiave interpretativa dello stesso".

È stato sostenuto[30] come il Tribunale non abbia creato una situazione prima inesistente ma abbia coperto giuridicamente una situazione di fatto consolidata da anni, nel solo interesse della minore, applicando il disposto di cui al citato art. 44, lettera d).

Nonostante l"indicata copertura giuridica, i commenti critici alla pronuncia non sono mancati.

Alcuni hanno osservato[31] che l"art. 44, lett. b) prevede espressamente che il solo coniuge possa adottare il figlio biologico dell"altro coniuge, e pertanto fare riferimento alla lett. d) per consentire l"adozione anche del figlio del convivente non coniugato costituisce un"interpretazione estensiva della norma.

Altra dottrina, aderendo alla riferita lettura restrittiva dell"art. 44, lettera d), osserva come[32] la sentenza abbia superando il parere contrario della Procura della Repubblica, motivato dalla carenza dell"imprescindibile condizione che la minore si trovasse in stato di abbandono in quanto orfana di padre e di madre (quest"ultima vivente ed in grado di provvedere alla figlia), così trascurando il fatto che l"affidamento preadottivo in questo caso non sarebbe possibile giuridicamente perché la minore non si trova in stato di abbandono. Pertanto, mancando tale presupposto, non poteva essere ammessa a siffatta forma di affidamento.

 

 

 

* * * * * *



[1] Cfr. MARANI, Coppia gay: non trascrivibile l"atto di matrimonio contratto all"estero, Cassazione civile, sez. I, sentenza 15.03.2012 n°4184, che osserva come secondo la costante giurisprudenza della Corte, requisito minimo indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto giuridicamente rilevante sia la diversità di sesso dei nubendi, oltre alla loro libera manifestazione di volontà.

[2] "Non possono contrarre matrimonio l"uomo prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna che abbia compiuto gli anni quindici".

[3] "Nel giorno indicato dalle parti l'ufficiale dello stato civile, alla presenza di due testimoni, anche se parenti, dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147; riceve da ciascuna delle parti personalmente, l'una dopo l'altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie, e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio. L'atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione".  

[6] Cfr. il testo in Diritto e giurisprudenza commentata - Speciale concorso magistratura 2014, 2- Le sentenze più recenti, pp. 61-62.

[7] Cfr. CHIGIOTTI, BUCCI, Nozze gay, il pm impugna la sentenza. Sindaco: ci adeguiamo, la Cei: strappo. Il tribunale di Grosseto ha ordinato la trascrizione nel registro di stato civile del matrimonio. La Cei: «Strappo pericoloso» su http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2014/10-aprile-2014/nozze-gay-sindaco-ci-adeguiamo-cei-insorge-pericolosa-fuga-avanti-22349509796.shtml. 

 

[9] Si veda l"articolo La sentenza del Tribunale di Milano che non riconosce il matrimonio gay contratto all"estero, reperibile su www.siallafamiglia.it.

[10] Cfr. VASSALLO, Marito cambia sesso? No al divorzio imposto senza tutela dei diritti della coppia. Corte costituzionale, sentenza 11.06.2014 n°170, su http://www.altalex.com/index.php?idnot=67935.

[11] "Art. 2 La domanda di rettificazione di attribuzione di sesso di cui all'art. 1 è proposta con ricorso al tribunale del luogo dove ha residenza l'attore. Il presidente del tribunale designa il giudice istruttore e fissa con decreto la data per la trattazione del ricorso e il termine per la notificazione al coniuge e ai figli.
Al giudizio partecipa il pubblico ministero ai sensi dell'art. 70 del codice di procedura civile. Quando è necessario, il giudice istruttore dispone con ordinanza l'acquisizione di consulenza intesa ad accertare le condizioni psico-sessuali dell'interessato. Con la sentenza che accoglie la domanda di rettificazione di attribuzione di sesso il tribunale ordina all'ufficiale di stato civile del comune dove fu compilato l'atto di nascita di effettuare la rettificazione nel relativo registro"; "
Art. 4 La sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso non ha effetto retroattivo. Essa provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio celebrato con rito religioso. Si applicano le disposizioni del codice civile e della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni".

[12] Cfr. SAITTO, Rettificazione di sesso e "paradigma eterosessuale" del matrimonio: commento a prima lettura della sent. n. 170 del 2014 in materia di "divorzio imposto", su http://www.diritticomparati.it/2014/06/rettificazione-di-sesso-e-paradigma-eterosessuale-del-matrimonio-commento-a-prima-lettura-della-sent.html#sthash.8Gy42ZRM.dpuf.

[14] Cfr. PALADINI, voce Affidamento condiviso, Il diritto- Enciclopedia giuridica del sole 24 ore, p. 169 e ss.

[15] Cfr. Sentenza 29 aprile - 19 giugno 2008, n°16593, su www.altalex.com.

[17] Come sostiene GAMBINO, ordinario di diritto civile e direttore del Dipartimento di scienze umane     dell"Università europea di Roma, Corte Strasburgo: sì ad adozione figlio del partner in coppie gay, su www.toscanaoggi.it.

[18] Cfr. Trib.Min.Bologna, 31 ottobre 2013, su http://www.articolo29.it/2013/7290/, e in Fam.dir., 2014, 3, 273 ss., con nota di TOMMASEO, Sull"affidamento familiare d"un minore a coppia omosessuale.

[19] Cfr. Tribunale Bologna, Bambina in affidamento a coppia omosessuale, su www.ilfattoquotidiano.it.

[20] Cfr. scheda Affidamento su www.dirittierisposte.it.

[22] Cfr. A Roma la prima adozione per una coppia omosessuale, sì alla convivente della mamma, Tribunale per i Minorenni di Roma – Sentenza 30 luglio 2014 reperibile su http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/guidaAlDiritto/dirittoCivile/famiglia/2014-08-29/a-roma-prima-adozione-una-coppia-omosessuale-165433-mobile.php.

[23] L"art. 44, della Legge n°184 del 1983, contenente la Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, contenuto nel TITOLO IV, Capo I, Dell'adozione in casi particolari e dei suoi effetti, dispone che "1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7: a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre; b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge; c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (handicap), e sia orfano di padre e di madre; d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi. 3. Nei casi di cui alle lettere a), c) e d) del comma 1, l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi. 4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare".

[24] Cfr. TRABUCCHI, Adozione 1)in generale, in Encicl. Del diritto, p. 24 e ss.

[25] Cfr. CARINGELLA, BUFFONI, Manuale di diritto civile, Roma, 2010, p. 1590 e ss.

[26] Cfr. DI BARI, I minori in stato di abbandono. Aspetti giuridici e sociologici, su http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/Minori/dibari/cap1.htm#h3

 

[27] Cfr. CATTANEO, Adozione, in Digesto, disc. priv., sez. civ., I, Torino 1987, 117; UBALDI, Osservazioni in tema di affidamento familiare e di adozione in casi particolari, in Giur. it. 1985, I, 2, 693.

 

[28] Cfr. PEDONE, Impossibilità di affidamento preadottivo, su http://www.guidelegali.it/approfondimenti-in-figli-e adozioni-affidamento/impossibilita-di-affidamento-preadottivo-2401.aspx, ove si citano una sentenza del Tribunale per i Minorenni di Milano (sentenza del 28 marzo 2007, in Guida al diritto – Famiglia e minori, n. 10/07, fl 83) che ha disposto l'adozione di una minore la quale, orfana di padre, viveva con la madre, che aveva prestato l'assenso all'adozione (ove si legge "L"espressione "constatata impossibilità di disporre l"affidamento preadottivo" viene da tempo intesa dalla giurisprudenza anche come impossibilità giuridica di far luogo a tale affidamento dovuta alla mancanza e alla impossibilità di una dichiarazione di adottabilità per l"inesistenza di una situazione di abbandono. La Corte Costituzionale con sentenza n. 383 del 1999 aveva rilevato come l"assenza del presupposto dello stato di abbandono del minore sia preclusivo della dichiarazione di adottabilità e, di conseguenza, dell"affidamento preadottivo. Quando il minore già goda di vincoli parentali idonei a garantirgli l"ambiente adatto alla sua crescita, perché possa darsi corretta applicazione della norma non è evidentemente necessario passare attraverso la formale constatazione dell"impossibilità di un affidamento diverso da quello già in atto. Nel caso di specie la presenza della madre che da sempre si occupa della figlia esclude la configurabilità dello stato di abbandono e dunque la giuridica impossibilità di procedere ad un affidamento preadottivo consente di ritenere integrato uno dei casi particolari, quello di cui alla lettera D, che consente di far luogo alla adozione e che è clausola residuale. Va quindi valutato in concreto ciò che può comportare maggiore utilità per il minore (utilità intesa come preminente somma di vantaggi di ogni genere e specie e minor numero di inconvenienti) nella prospettiva del pieno sviluppo della personalità del minore stesso e della realizzazione di validi rapporti interpersonali ed affettivi, tenuto conto delle particolarissime situazioni esistenziali che caratterizzano le persone coinvolte. Nel caso di specie il ricorrente è per la minore una imprescindibile figura di riferimento e l"adozione non farebbe che dare un riconoscimento giuridico ad uno stato di fatto che negli anni si è consolidato: vi è un rapporto significativo e duraturo tra il ricorrente e l"adottanda, vi è un legame affettivo stabile tra lo stesso e la madre della minore che, anche per la sua minorazione sensoriale, necessita di particolari cure ed attenzioni. Tale situazione di fatto appare meritevole di tutela nell"ambito delle ipotesi di adozione particolare nel rispetto dei principi della tutela del minore e del perseguimento del suo esclusivo interesse") ed il Tribunale per i Minorenni di Roma (sentenza dell"8 gennaio 2003), inoltre, ha ritenuto adottabile da parte degli affidatari il minore con padre vivente ma che non esercita la propria funzione genitoriale, quando nel corso degli anni tra il minore e gli affidatari si sia sviluppato un forte legame.

[29]             Cfr. App. Bologna 15 aprile 1989, in Giur. merito 1991, 93, con nota di MANERA, Trib. Min. Perugia, 22 luglio 1997, in Dir. Famiglia 1998, 1479.

[30] Cfr. A Roma la prima adozione per una coppia omosessuale, sì alla convivente della mamma, cit.

[31] Cfr. DANOVI, Il Tribunale per i minorenni di Roma ha disposto l"adozione in "casi particolari" di un minore da parte del convivente omosessuale del genitore biologico: motivazioni e prospettive, reperibile su http://www.spiaaldiritto.it/articolo.php?id=239.




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film