Letteratura  -  Redazione P&D  -  09/11/2021

Un amore difficile - da "Storia di Ina", Aliberti/Amazon, 2020 - P.C.

“C’è stato un momento in cui abbiamo parlato anche di matrimonio; senza trovare un accordo. Quando gliene accennavo io - perché volevo sentirmi sua moglie, dividere tutto con lui, fede al dito compresa - allora si sottraeva lui: ‘Non devi rovinare la tua vita per me, hai solo vent’anni, più di tanto io non duro’. Quando me lo proponeva lui, intuivo che era per sistemarmi, per darmi una posizione economica; a dirgli di no ero io. Così non è mai successo. 

La sua famiglia ci lasciava liberi, in ogni campo; adoravano Lorenzo e lui continuava a dire che, a parte i suoi e il violino, ero l’unica cosa bella toccatagli nella vita: ‘Mi hai reso felice, cioè non più infelice; hai dato senso alle cose che avevo dentro’.

Lo amavo perché era bello, quel viso sottile e insieme da maschio, che emanava un suo coraggio. Eravamo una coppia assurda, scesa da un quadro, quando uscivamo per strada tanti ci guardavano; pallidi tutti e due, magri, vestiti con colori spenti, stoffe leggere.

In qualche occasione ci divertivamo a ostentare la nostra stranezza. Io velette allora, rose appassite, calze a rete, mantelline da vecchia zia; certe volte camicette trasparenti che portavo senza reggiseno, lui voleva così, magari una sciarpa con disegni a glicine, di chiffon, a coprirmi davanti. Lorenzo un cappellaccio, a tesa larga, pipa spenta in bocca, cravatte larghe a rigoni diagonali, giacche eccessivamente strette, scarpe gialle di pelle da dandy, occhi un po’ truccati perfino; se qualcuno per strada lo guardava fisso, era capace di apostrofarlo sorridente: ‘Ho un male assurdo, non dispero ancora’.

 




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