-  Gasparre Annalisa  -  14/05/2013

UN TOSSICODIPENDENTE, UN CANE E UNA GUARDIA GIURATA - Trib. Torino, sez. I, 17/01/2013 - Annalisa GASPARRE

La storia è quella di un tossicodipendente che si accompagnava con un cane di piccola taglia e che non voleva lasciare fuori dall'ingresso dell'ospedale dove si era recato per la dose di metadone.

Il divieto, rafforzato dalla presenza di una guardia giurata che opponeva resistenza, lo induceva ad aggredire la guardia e ad entrare nell'ospedale con il cane al seguito.

Pesante la condanna per violenza privata aggravata dall'uso di armi e commessa da più persone riunite: l'uomo infatti aveva utilizzato un coltello e lo aveva puntato alla gola della guardia la quale, pur reagendo, veniva neutralizzata da altri utenti del servizio Ser.t che sopraggiungevano.

Il caso consente di tornare sulla vexata quaestio circa la possibilità di ingresso di animali in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Alcune città del Nord Italia, tra cui proprio Torino (città in cui si svolgevano i fatti di cui alla condanna), Milano, San Martino Siccomario (PV) hanno mostrato aperture all'ingresso di animali in luoghi quali uffici (anche pubblici), negozi, autobus. Nel caso del Comune di San Martino, peraltro, non sussiste una prevalenza assoluta tra le esigenze degli animali e dei loro compagni umani rispetto alle esigenze degli altri: nel caso di necessità igienico-sanitarie, l'interessato potrà essere fatta domanda all'Ufficio Diritti Animali del Comune perché sia consentito limitare l'ingresso di animali. Piuttosto, deve parlarsi di "pari opportunità": nessun pregiudizio, nessun limite tout court, bensì apertura – anche mentale – agli animali che convivono con l'uomo e che impreziosiscono le nostre vite. Si ribalta così il paradigma: sarà il compagno umano a dover dimostrare di meritare di accompagnare il quattrozampe negli esercizi commerciali. E lo sarà se si comporterà adeguatamente: proteggendo il proprio animale da situazioni di pericolo, di disagio anche per gli altri, se sarà munito di materiali idonei a pulire là dove eventualmente il proprio pet avrà sporcato. Se succederà qualcosa, la colpa sarà (come) sempre dell'umano che, da bravo custode, è titolare di una posizione di garanzia (anche giuridica) nei confronti dell'animale e se ne deve prendere cura, non solo quando si trova nel suo domicilio, ma anche fuori; non solo riguardo all'animale stesso, ma anche rispetto alle relazioni (e interazioni) dell'animale con il resto del mondo. Con l'ordinanza rimane fermo il divieto di introdurre animali in ospedali, scuole e asili ma è consentito introdurre l'animale nelle case di riposo, quando il proprietario è ricoverato.

Riguardo le case di riposo, ricordiamo l'intervento di Giuseppe Buffone, giudice tutelare a Varese, che proprio un anno fa si pronunciava su un caso di amministrazione di sostegno di un'anziana alla quale riconosceva la possibilità di incontrare nella struttura di cura il proprio cagnolino accompagnato. La notizia, anche perché proveniente da un procedimento legale.

Circa i luoghi di cura, a parte i rilievi di igiene che potrebbero trovare un agevole contemperamento (stanze di attesa, persone abilitate a intrattenere i cani in attesa) occorre riflettere sui benefici che un animale apporta ad una persona malata, mai smentiti, ma anche ai problemi di ordine pratico a tutela dell'animale che non può essere lasciato per strada – magari una casa non ce l'ha – nel momento in cui il suo compagno umano deve entrare in ospedale per accedere a una cura.

Anche nei luoghi di detenzione si sono aperte le porte ai cani, mostrando che un'organizzazione in tal senso può essere fatta. Si veda su questa Rivista CANI IN CARCERE: MA SOLO COME VISITATORI E CONFORTO PER I DETENUTI, 24 novembre 2012. E, dunque, nei luoghi di culto, quando? Ancora vivo il ricordo di qualche mese fa del gatto, acciambellato sulla sedia con la scritta "Lord Chancellor" in una chiesa londinese...

Trib. Torino Sez. I, Sent., 17-01-2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO

PRIMA SEZIONE PENALE

Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, in persona della dott. ssa Immacolata Iadeluca, all'esito dell'udienza del 20.12.2012, ha pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

ai sensi degli artt.442 e ss. c.p.p.,

nei confronti di:

- P.F., nato a T. il (...), residente in T., Via V. n. 181/10; domiciliato ex art. 161 c.p.p. presso il difensore di fiducia; DETENUTO p.a.c. c/o Casa Circondariale di Vercelli, presente;

difeso di fiducia dall'Avv. Vittorio PESAVENTO del foro di Torino;

IMPUTATO

A) per il reato di cui agli artt. 110, 610, 339 c.p. perché, agendo in concorso con altre persone non identificate, con violenza e minacce, consistite prima nell'estrarre un coltello della lunghezza di cm. 5 circa puntandoglielo alla gola, quindi nel proferire al suo indirizzo la frasé "merda non sai chi sono io figlio di puttana e mi sputava verso di me", aggredendolo nel contempo alle spalle altre persone non identificate, colpendolo il P. con un calcio alla coscia destra, costringeva M.B., guardia giurata in servizio presso l'Ospedale Amedeo di Savoia, a consentirgli l'accesso unitamente al cane che recava con sé al reparto per la distribuzione del metadone - ove non era consentito l'accesso ad animali e l'accesso alle persone era regolamentato - ove in precedenza aveva precluso l'accesso al P..

Fatto aggravato perché commesso con armi e da più persone riunite.

In Torino, l'8 maggio 2008

B) per il reato di cui agli artt. 582, 585, 576 n.1 c.p. perché, nelle circostanze di cui al capo precedente, colpendolo con un calcio alla coscia destra, procurava a M.B. lesioni personali, consistite in una contusione al femore destro dalle quali derivava una malattia nel corpo guaribile in gg. 5.

Fatto aggravato perché commesso al fine di eseguire il reato di cui al capo precedente.

In Torino, l'8 maggio 2008

Recidiva infraquinquennale specifica reiterata

Con l'intervento del Pubblico Ministero V.P.O. Dott.ssa Antonella CORNAGLIA e della difesa in persona dell'Avv. Vittorio PESAVENTO del foro di Torino;

In data 1.06.2012 veniva emesso decreto di citazione a giudizio, nei confronti di P.F., in relazione ai reati in epigrafe indicati.

All'udienza del 27.11.2012, l'imputato formulava tempestivamente - di persona - istanza di Celebrazione del giudizio nelle forme del rito abbreviato.

Ammesso il rito, acquisito il fascicolo del Pubblico Ministero ed esaurita la discussione all'udienza odierna, le parti concludevano come riportato in epigrafe.

In base agli atti acquisiti, i fatti per cui è processo possono essere ricostruiti nei termini che seguono.

Come si evince dalla relazione di servizio in data 9 maggio 2008, il precedente 8 maggio 2008, verso le ore 15,30, operanti dei C.C. Stazione di Torino Le Vallette venivano inviati dalla centrale operativa presso l'Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, reparto SERT, sito in Corso Svizzera nr.164, ove era segnalata la presenza di un tossicodipendente in stato di agitazione. Giunti sul posto, gli operanti ricevevano il racconto di una guardia giurata del servizio di vigilanza privato dell'ospedale che veniva identificata in M.B..

Questi, nell'immediatezza e poi nella querela presentata ai C.C. il 9 maggio 2008 , raccontava di essersi trovato, l'8 maggio 2008, verso le ore 15,30, durante lo svolgimento della propria attività di guardia particolare giurata della SICURITALIA, addetta alla consegna di metadone, a dover regolamentare l'accesso dei tossicodipendenti alla struttura in modo da evitare confusione. Si presentava un uomo, del quale forniva una descrizione, caratterizzato da evidenti cicatrici sul braccio sinistro, che portava con sé un cane di piccola taglia e che cercava di accedere al Ser.t dell'ospedale assieme al suo animale, nonostante ciò fosse vietato da un cartello ivi esposto. La guardia giurata si poneva innanzi all'ingresso per evitare l'accesso all'uomo che intendeva entrare ugualmente con il cane, nonostante il divieto; questi, quindi, estraeva un coltello e lo puntava alla gola del M.. La guardia giurata provava a bloccare il tossicodipendente, girandogli un braccio, ma veniva attaccato alle spalle dà altri cinque-sei soggetti in attesa di accedere al Ser.t., a lui sconosciuti. L'uomo con il cane, grazie all'intervento degli altri, si spostava di qualche metro e riprendeva a minacciarlo sempre con il coltello, oltre che con la frase: "Merda, non sai chi sono io, figlio di puttana"; gli sputava poi addosso. Il M. era così costretto a spostarsi e ad estrarre la pistola per paura di essere accoltellato ed il giovane con il cane riusciva ad entrare in ospedale con l'animale, approfittando del suo spostamento dalla porta. Nonostante l'intervento dell'infermiere F.L. che cercava di tranquillizzare e bloccare l'uomo con il cane, questi riusciva ad avvicinarsi nuovamente al M. ed a colpirlo con un calcio alla coscia destra. Nel frattempo giungeva anche un'altra guardia giurata, tal D.S., che riconosceva nell'uomo con il cane l'attuale imputato P.F. (a lui noto, in quanto egli prestava servizio presso il Ser.t. da anni ed il P. era solito ivi recarsi a ritirare il metadone).

Il M. si recava in ospedale il 10 maggio 2008, a causa del dolore che provava alla coscia destra; qui gli venivano certificate lesioni personali consistenti in "contusione femore dx", giudicate guaribili in 5 giorni (cfr. referto medico in atti).

L'insieme di quanto detto porta ad affermare, senza ombra di dubbio, la responsabilità penale del P.F. per i reati contestati.

Non vi è motivo per ritenere che il M. abbia inteso calunniare il P., soggetto che neppure conosceva e, di conseguenza, non vi è motivo di dubitare della veridicità del suo racconto. Peraltro, il certificato medico conferma che egli, a seguito dei fatti narrati, riportava le lesioni refertate alla gamba destra (capo b). Neppure vi è motivo di dubitare circa la corretta identificazione dell'"uomo con il cane" descritto dal M., nell'attuale imputato, posto che questi veniva riconosciuto da D.S., altra guardia giurata che, in servizio di più tempo (rispetto al M.) presso il Ser.t., conosceva di persona il P.F..

Essendo credibile il racconto del M. si devono ritenere integrati i reati contestati: infatti, con violenza consistita nel puntargli un coltello alla gola, con le minacce sopra descritte e grazie all'ausilio di altri tossicodipendenti che aggredivano la guardia giurata alle spalle, il P. costringeva il M. a farlo entrare in ospedale con il cane, nonostante ciò fosse vietato. Da qui l'integrazione del delitto di violenza privata aggravata dall'uso dell'arma e dalle più persone riunite. Il calcio alla coscia destra provocava altresì le lesioni refertate al M. in ospedale.

Relativamente alla quantificazione della pena, solo la valutazione della partecipazione dell'imputato al processo può consentire il riconoscimento al P. dell'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p., ex-lege1 in regime di equivalenza con le aggravanti e la recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale contestata; quest'ultima è pacificamente integrata e tale da influire sul trattamento sanzionatorio, in quanto si fonda su molteplici condanne definitive (compendiate in 6 pagine di certificato penale), che proseguono con continuità dal 1989 al 2011, per i reati più svariati, anche specifici rispetto a quelli per cui si procede, in relazione alle quali l'odierno imputato ha scontato plurimi periodi di detenzione, l'ultimo dei quali (per rapina) ancora in corso; condanne evidenzianti altresì il persistere della spinta criminosa mostrata anche dai fatti in contestazione, nuovamente esemplificativi di una personalità rivolta alla commissione dei reati più svariati anche contro la persona.

I due fatti per cui il P. viene ritenuto responsabile, commessi contestualmente ed in un unitario contesto spazio-temporale, appaiono esecutivi di un medesimo disegno criminoso e quindi uniti dal vincolo della continuazione (più grave il reato di cui al capo B, per la maggiore gravità); l'aumento può essere determinato in quello sotto riportato, rispettoso dell'aumento minimo imposto dall'art. 81 co. 4 c.p. e da ritenersi comunque modesto, tenuto conto che il reato satellite di cui al capo A) verrebbe punito autonomamente con pena pari a mesi 6 di reclusione.

Quindi, la valutazione di tutti gli elementi di cui all'art.133 c.p., ed, in particolare, delle modalità dei fatti (comunque complessivamente modesti) e delle condizioni personali del P. (già condannato molteplici volte in via definitiva), impone una condanna di poco discostata dai minimi edittali; di conseguenza, pena equa appare quella così determinata:

- riconosciuta l'attenuante ex art. 62 bis c.p. equivalente;

- pena base (più grave il reato di cui al capo B): mesi 4 di reclusione;

- aumentata per la continuazione con il reato di cui al capo A): mesi 6 di reclusione;

- ridotta per la scelta del rito: mesi 4 di reclusione.

Alla condanna segue il pagamento delle spese processuali. Le risultanze del certificato penale del P. ostano ex-lege alla concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e di quello della non menzione nel certificato del casellario giudiziale.

La non modesta difficoltà della motivazione, dovuta alla particolare ricostruzione di fatto affrontata, induce ad indicare in giorni trenta il termine per il deposito dei motivi della sentenza.

PQM

Visti gli artt. 533 e ss. c.p.p.;

Dichiara P.F. responsabile dei reati a lui ascritti, ritenuti avvinti dal vincolo della continuazione (più grave il reato di cui al capo B) e, riconosciuta l'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. equivalente all'aggravante ed alla recidiva reiterata contestate, lo condanna alla pena (già ridotta per la scelta del rito) di mesi 4 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visto l'art. 544 c.p.p.,

Indica in giorni trenta il termine per il deposito dei motivi della decisione.

Così deciso in Torino, il 20 dicembre 2012.

Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2013.




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