Amministrazione di sostegno  -  Redazione P&D  -  06/12/2022

Una riflessione ‘‘dal basso’’: il ruolo delle associazioni nella prospettiva della centralità della persona beneficiaria di amministrazione di sostegno - Succu - Lazzari - Zanon

Una riflessione ‘‘dal basso’’:
il ruolo delle associazioni nella prospettiva della centralità della persona beneficiaria di amministrazione di sostegno 

di Giuseppe Lazzari, Francesca Succu, Renzo Zanon 

SOMMARIO: 1. Considerazioni preliminari. – 2. Il volontariato nel prisma dell’evoluzione dell’ordinamento giuridico italiano. – 3. La l. n. 6/2004 ed il ruolo del volontariato. – 4. Qualche riflessione sull’esperienza attuativa della l. n. 6/2004 dal punto di osservazione delle associazioni di volontariato. – 5. Nodi critici per l’evoluzione futura dell’amministrazione di sostegno. 

1. Considerazioni preliminari. 

A fronte dell’obiettivo (che deve accomunare l’intero universo ‘‘curante’’) di dare effettivita` a quanto di- sposto dal dettato normativo, e cioe` di ‘‘dare efficace attuazione al modello normativo e, di piu`, renderlo – con nuovi strumenti – capace di configurare il ‘‘sostegno’’ a misura della singola concreta persona secondo uno specifico ‘‘progetto di vita’’1, la prassi dell’amministrazione di sostegno ha evidenziato, nel corso degli anni, non pochi aspetti ‘‘critici’’ su cui si rende opportuna, se non necessaria, una riflessione, che consenta di delineare i possibili adeguati correttivi. 

Prima di affrontare alcuni aspetti ‘‘critici’’, rilevabili riguardo al ruolo che svolgono le associazioni di volontariato operanti nell’ambito dell’istituto dell’Amministrazione di sostegno, si ritiene utile richiamare all’attenzione alcune, se pur ovvie, considerazioni preliminari. 

La predisposizione e l’attuazione di uno specifico ‘‘progetto di vita’’ a misura della singola concreta persona esigono, a supporto dell’impegno delle tre figure principali, protagoniste della misura di protezione (la persona del beneficiario, il giudice tutelare, l’amministratore di sostegno), la messa in rete sinergica di piu` attori (famiglia, istituzioni, servizi, societa` civile, ecc.), chiamati a cooperare tutti, in una univoca direzione: 

- nel rispetto della volonta` e nell’interesse della per- sona beneficiaria della misura di protezione, - in ottemperanza a quanto stabilito dal giudice tu- telare, riguardo alla cura e agli interessi della persona beneficiaria, e 

- in sintonia con l’azione dell’amministratore di so- stegno (d’ora innanzi AdS), chiamato a perseguire l’in- teresse e a soddisfare i bisogni o le richieste della per- sona beneficiaria, nell’esercizio di un ruolo che impone ‘‘fedelta`’’, ‘‘diligenza’’ e ‘‘gratuita`’’2. 

Si apre, quindi, la prospettiva del ‘‘lavoro di rete’’ per la realizzazione di un progetto di sostegno che si sviluppa all’interno della comunita` locale e che chiama in causa le diverse realta` che la compongono, secondo una logica di sussidiarieta`, da coniugarsi con il principio di solidarieta` 3. Risolutiva appare, in questo conte- sto, la definizione delle modalita` e gli strumenti di raccordo cooperativo tra le tre figure principali menzionate sopra e gli altri attori del territorio. 

La crisi, qualitativa e quantitativa, del nostro ‘‘Welfare State’’ ha da tempo determinato un processo di mutamento del sistema, che ha portato alla progressiva affermazione di un nuovo e diverso modello di welfare, che ha profondamente modificato i rapporti tra istituzioni e societa` civile, un ‘‘Welfare community’’ a responsabilita` diffusa, in cui e` determinante la presenza del ‘‘Terzo settore’’4. 

Oggi si parla sempre piu` della necessita` di implementare un ‘‘Welfare Generativo’’ che «prevede un incontro tra diritti e doveri. Le attuali forme di protezione sono ‘‘a riscossione individuale’’: la persona, a fronte di una situazione di bisogno, usufruisce di prestazioni sociali che lo attenuano, ma senza che cio` comporti ricadute positive oltre il beneficio individuale. E` possibile che a fronte di tali diritti individuali corrispondano, in capo agli stessi beneficiari, dei doveri di solidarieta`? Se cos`ı fosse i diritti individuali si trasformerebbero in diritti a corrispettivo sociale: quello che la persona riceve e` per aiutarla e per metterla in condizione di aiutare altri. Cos`ı facendo si ottengono ricadute positive per il beneficiario e per la comunita`. Si tratta di chiedere agli aiutati di responsabilizzarsi, valorizzando le proprie capacita` ed evitando la dipendenza assistenziale. In questo modo vengono incentivate la solidarieta` e la responsabilizzazione sociale. «Coloro i quali hanno energie adeguate e salute sufficiente dovrebbero pero` essere aiutati ad inserirsi nel processo lavorativo e produttivo e, in attesa di questo, a contribuire essi stessi alla creazione di valore sociale»5. 

gono un ruolo importante, non gia` di supplenza, ma decisamente complementare a quello dei servizi pubblici, spesso in affanno, anche nell’attuale situazione di crisi pandemica. Le Associazioni di volontariato, se riconosciute e adeguatamente sostenute, ben possono assolvere al fondamentale ruolo di cerniera tra le per- sone fragili (e le loro famiglie) e le istituzioni territoriali (ASL, Comune, Tribunale), in un’ottica di sussidiarieta` orizzontale, sviluppando cos`ı significative esperienze di solidarieta`. 

Non v’e` dubbio – come ebbe ad affermare la Corte costituzionale – che il volontariato rappresenta l’espressione piu` immediata della primigenia vocazione sociale dell’uomo ed e` la piu` diretta realizzazione del principio di solidarieta` sociale7. 

In questa prospettiva, la retorica politico-istituzionale considera il volontariato un valore aggiunto rispetto ai compiti della pubblica amministrazione e dei relativi servizi, ne riconosce i tratti identitari: la liberta` di iniziativa, l’autonomia operativa e i valori fondativi. La recente legge sul terzo settore e` finalizzata a definire il fenomeno nei differenti tratti di identita` e di ruolo e ne incentiva la funzione di promozione e della vita sociale e di cooperazione con le istituzioni. 

Nel contesto della riforma del Terzo settore, di cui al d. legis. 3.7.2017, n. 117 (contenente il cod. terzo settore), particolare rilevanza assume la figura del vo- lontario, la cui definizione tecnica si rinviene nell’art. 17, comma 2o: ‘‘Il volontario e` una persona che, per sua libera scelta, svolge attivita` in favore della comu- nita` e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacita` per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunita` beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarieta`’’. Tuttavia, contrasti emergono sul terreno 

Il volontariato, l’associazionismo e la cooperazione sociale hanno dimostrato, infatti, particolarmente in questi ultimi anni, di essere in grado di rispondere in maniera qualificata alla domanda di partecipazione e di relazionalita` che rappresenta la nuova dimensione dei bisogni sociali6. 

L’attuale ordinamento prevede la possibile attivazione e l’auspicabile intervento integrato e coordinato di tanti soggetti diversi presenti all’interno delle nostre comunita` (ente locale, servizi sociali e sanitari, organizzazioni di volontariato, ordini professionali, giudici tutelari, famiglia, ecc.), che insieme possono, in spirito di solidale collaborazione, sviluppare azioni opportuna- mente diversificate, ma convergenti per lo sviluppo di interventi e servizi che, messi a sistema, assicurino l’ effettiva protezione giuridica delle persone fragili. 

In particolare, le Associazioni di volontariato svoldella operativita`. Infatti, accanto a significativi modelli di fattiva cooperazione con i servizi istituzionali (san- citi da specifiche forme di intesa o convenzioni) non mancano incomprensioni reciproche dovute spesso a fraintendimenti e a rigidita` comunicative legati anche a ricorrenti pregiudizi e stereotipi. I servizi vedono nel- lo spirito di autonomia del volontariato un ostacolo alla definizione di un terreno comune di azione, al dialogo e alla cooperazione. Permane la diffidenza per l’eccessiva autonomia sul piano organizzativo e gestionale di specifici servizi con il conseguente giudizio di inaffidabilita`. Il maggiore fattore di divergenza riguarda la differente professionalita` degli operatori e particolarita` dei metodi applicati nei processi di intervento (di cura, di educazione, di riabilitazione sociale...). Limiti oggettivi delle formazioni di volontariato sono ravvisabili nella spiccata propensione alla autoreferenzialita` quale affermazione delle idealita` e dei valori fondativi nonche ́ delle opere realizzate, con la conseguente resistenza a confluire in forme consortili piu` efficienti per la difesa e la promozione di interessi comuni. 

2. Il volontariato nel prisma dell’evoluzione dell’ordinamento giuridico italiano. 

Prima di affrontare le criticita` ora segnalate con riferimento specifico all’apporto del volontariato rispetto all’attuazione della riforma sull’amministrazione di sostegno, sembra utile ricordare l’evoluzione storico- normativa del fenomeno nel nostro paese. 

Il Volontariato e` stato da sempre espressione di solidarieta` della societa` civile, orientato a contrastare le disuguaglianze tra chi aveva beni e chi ne era privo, (donazione come filantropia), a dare conforto e assistenza a chi doveva fronteggiare malattie e difficolta`, accorrere per affrontare calamita` di ogni genere, esprimendo in forma singola o organizzata (fondata sul do- no come relazione interpersonale), quell’agire in spiri- to di fratellanza di cui parla il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. 

Riguardo ai servizi alla persona un grande riconosci- mento al volontariato e` arrivato dalla l. 23.12.1978, n. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), che gia` all’art. 1 recita ‘‘le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del SSN nei modi e nelle forme della presente legge’’ e, per prima, valorizza il volontariato come risorsa complementare a quella dei servizi pubblici. Cio` risponde alle esigenze di crescita della partecipazione dei cittadini, ad una cre- scente domanda di diritti di cittadinanza, di tutela, di eguaglianza e di promozione sociale, che emerge nella societa` e nel mondo del lavoro. 

La l. 11.8.1991, n. 266 (legge quadro nazionale sul volontariato, poi abrogata) all’art. 1 riconosceva ‘‘la funzione della attivita` di volontariato ‘‘come espressio- ne di partecipazione, solidarieta` e pluralismo, ne pro- muoveva lo sviluppo salvaguardandone l’autonomia e ne favoriva l’apporto originale per il conseguimento delle finalita` di carattere sociale, civile e culturale in- dividuate dallo Stato, dalle Regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano e dagli Enti locali. 

L’attivita` di volontariato era intesa come quella pre- stata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario faceva parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarieta`, e non poteva essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. La qualita` di volontario era dichiarata incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di appartenenza del volontario. 

Il valore sociale del volontariato e` inteso come espressione di partecipazione, solidarieta` e pluralismo attraverso un’attivita` prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fine di lucro anche indiretto (esclusivamente per fini solidaristici). 

Un ampio riconoscimento del volontariato e di altri soggetti del terzo settore e` arrivato dalla l. 8.11.2000, n. 328, ‘‘Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e Servizi sociali’’, che all’art. 1, comma 5o, recita: ‘‘alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonche ́, in qualita` di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilita` sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solida- rieta` sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocita` e della solidarieta` organizzata’’. 

La legittimazione del volontariato a partecipare ai processi di programmazione e decisione sulle politiche sociali (piani di zona) e` rafforzata con la riforma co- stituzionale del 2001 che inserisce un riferimento di- retto al principio della sussidiarieta` nell’art. 118 Cost., per cui chi opera per l’interesse generale svolge una funzione pubblica e, in quanto tale, dovrebbe ricevere il sostegno delle Istituzioni e operare attraverso un circuito virtuoso di reciproca disponibilita` 8. 

La riforma del terzo settore si pone come finalita` 

quella di ‘‘sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di oc- cupazione lavorativa’’ (v. art. 1 cod. terzo settore); il cod. terzo settore, poi, all’art. 2 riconosce ‘‘il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’asso- ciazionismo, dell’attivita` di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarieta` e pluralismo’’, e si pone l’obiettivo di promuoverne ‘‘lo sviluppo salvaguardandone la spontaneita` ed auto- nomia’’ e favorendone ‘‘l’apporto originale per il perseguimento di finalita` civiche, solidaristiche e di utilita` sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli Enti Locali’’. 

In questa cornice si inserisce il ruolo del volontario, che viene definito secondo quanto gia` ricordato in premessa dall’art. 17, comma 2o, cod. terzo settore. 

Le parole chiave del volontariato moderno sono, in definitiva: innovazione, creativita` , inclusione, crescita, sviluppo, formazione, cooperazione, progettazione, la- voro di rete, costruzione di legami sociali, reciprocita`, azioni generative di solidarieta` , ascolto, accoglienza, agire in spirito di fratellanza, dono, servizio, comunicazione. 

3. La l. n. 6/2004 ed il ruolo del volontariato. 

Nella l. 9.1.2004, n. 6 sull’Amministrazione di soste- gno, che ha come suo fondamento e cardine la centralita` della persona, il legislatore sembra porsi l’obiet- tivo di dare attuazione agli artt. 2 e 3 Cost., trasformando le dichiarazioni di principio in azioni concrete di sostegno per la cura della persona e dei suoi interessi patrimoniali. 

Per l’attuazione di questa legge il volontariato da subito ha assunto un ruolo importante sia come impegno di singoli nell’assunzione del ruolo di amministra- tori di sostegno, sia nell’organizzazione di associazioni che si sono impegnate con varie iniziative di sostegno culturale, formativo ed organizzativo, per raggiungere gli obiettivi di promozione sociale delle persone fragili previsti dalla l. n. 6/2004. 

Rispetto all’esercizio da parte di singoli volontari dell’ufficio e` bene ricordare che, una volta nominato con decreto del giudice tutelare, l’AdS svolge inter- venti di sostegno temporaneo o permanente, spontanei e gratuiti, salva la possibilita` di ottenere, su richiesta, un equo indennizzo, ai sensi dell’art. 379 cod. civ.). 

Rispetto all’attivita` delle organizzazioni di volontariato, queste si sono impegnate in diverse direzioni, con l’obiettivo di: 

- diffondere la conoscenza per una efficace attuazione della legge a beneficio delle persone vulnerabili e della comunita` ; 

- accrescere la consapevolezza delle persone (carenti di autonomia), le famiglie e le comunita` sui diritti e sulle opportunita`; 

- formare coloro che si rendono disponibili ad assumere la funzione di AdS e sostenerli nello svolgimento dei loro compiti e responsabilita`, oltre che supportarli nell’agire in una dimensione progettuale e di rete; 

- segnalare ai soggetti istituzionali, ai servizi socio- sanitari e agli operatori le situazioni in cui ci sia la necessita` di attivare l’amministrazione di sostegno, co- me istituto privilegiato di protezione giuridica e sollecitarne la richiesta; 

- operare in modo integrato per la valorizzazione delle risorse disponibili e attivabili dei contesti di vita della persona beneficiaria, che e` e deve restare l’unica vera protagonista degli interventi di cura e protezione. 

Le associazioni di volontariato che erano gia` impegnate in prima linea per l’approvazione della l. n. 6/ 2004 sono state tra le prime a sostenerne l’applicazione e l’attuazione, in particolare con riferimento ai propri componenti (ad es. le associazioni che operavano nel- l’area delle disabilita`, della salute mentale, degli anzia- ni con decadimento cognitivo, delle dipendenze) e, successivamente, verso tutti coloro che avevano bisogno di protezione. Soprattutto in una prima fase, e` stato molto importante promuovere la conoscenza del- l’istituto in modo che i potenziali beneficiari o i loro familiari potessero attivarsi per richiedere l’applicazione della misura; questo riguardava sia chi era sprovvisto di protezione privatistica, sia chi era soggetto alle tradizionali misure - categorizzanti e restrittive - dell’interdizione e dell’inabilitazione. 

Altre Associazioni sono sorte con lo specifico obiettivo di sostenere la legge e dare il supporto necessario per la sua attuazione nei diversi contesti territoriali ed a livello nazionale. 

Le istituzioni locali (Comuni, ASL) hanno espresso, soprattutto nella prima fase attuativa, un moderato interesse nei confronti dell’istituto A.d.S., che era con- siderata una questione privata dei singoli interessati e delle loro famiglie. Nella prassi sono, poi, emersi, fat- tori di criticita` nell’incontro degli operatori dei servizi territoriali con gli amministratori di sostegno in termi- ni di difficolta` di dialogo e di condivisione di ‘‘bisogni’’ della persona beneficiaria e delle scelte pratiche con- seguenti. 

La normativa regionale di attuazione della l. n. 6/ 2004 (sviluppatasi, talvolta anche su sollecitazione del- le associazioni di volontariato, a livello di normazione secondaria e, poi, con un sempre maggior ricorso a leggi regionali) ha cercato di rispondere all’aspettativa di una maggiore strutturazione dei rapporti tra il tribunale e gli altri soggetti istituzionalmente coinvolti nel- l’applicazione dell’istituto. 

Nei diversi quadri normativi sviluppati si fa spesso riferimento alla collaborazione con i soggetti del volontariato anche per la gestione di servizi ‘‘Sportelli’’ per l’informazione, la consulenza la formazione, l’aggiornamento e altre forme di supporto sia ai beneficiari che agli amministratori. 

4. Qualche riflessione sull’esperienza attuativa della l. n. 6/2004 dal punto di osservazione delle associazioni di volontariato. 

Purtroppo, come per altri aspetti, compresi quelli istituzionali, non si conosce a livello nazionale quale sia il reale impatto qualitativo del Volontariato nel- l’attuazione della legge: i risultati andrebbero, infatti, verificati in termini di benessere e qualita` di vita dei beneficiari, e non solo in termini di prestazioni, prati- che, procedimenti e provvedimenti dell’autorita` giudiziaria. 

In questa prospettiva, lo studio e l’elaborazione di appropriati ed uniformi indicatori di qualita` potrebbero costituire un opportuno supporto per la valutazione della efficienza dell’intero processo di gestione dell’am- ministrazione di sostegno e contribuire a mettere in luce sia le positivita` che eventuali criticita`. 

Per quanto riguarda le esperienze concrete di attuazione, in termini di opportunita` e criticita` riscontrabili nella concreta applicazione delle finalita` e dello spirito della l. n. 6/2004 e delle normative e leggi regionali (la cui diversificazione e specificita` rende difficile anche la comparazione tra le regioni), si puo` solo evidenziare quelle che emergono dalle concrete esperienze nel rapporto con i singoli casi che negli anni sono stati seguiti e dalle relazioni interistituzionali, che si sono imple- mentate e piu` o meno consolidate come intese opera- tive attraverso tavoli di concertazione e protocolli, la cui applicazione vale prevalentemente nei contesti in cui si sono stipulati. 

L’imprevista e crescente applicazione della legge a una moltitudine diversificata di persone con fragilita`, anche sulla base di dati nazionali e regionali 9, potrebbe indurre a pensare che sia stato raggiunto un obiettivo importante di garanzia dei diritti di protezione giuridica e di affermazione di una cultura rispettosa del sog- getto debole e del suo valore in se ́, al di la` della contingente situazione in cui si trova. 

Se si guarda, pero`, al punto di vista della persona a cui la legge e` indirizzata, le criticita` che emergono sono numerose e richiederebbero di attivare seri processi e percorsi di valutazione e verifica dei risultati prodotti, in termini di benessere e qualita` di vita delle persone beneficiarie, e dei gap da colmare, prima ancora di porre mano alla modifica e rafforzamento della norma- tiva in atto tra protezione e promozione. 

Un cenno va fatto agli sportelli della amministrazione di sostegno che, pur nella loro disomogeneita` organizzativa e di erogazione di interventi10 si sono dimo- strati nodi essenziali di una rete di ascolto della domanda, di informazione, consulenza personalizzata, e di progettualita` condivisa a dimensione delle esigenze complesse e concrete della persona fragile. 

Le criticita` maggiori che gli sportelli, gestiti dal volontariato, con grande impegno umano e professionale, devono affrontare sono quelle di assicurare intensita` e continuita` del servizio, fare fronte alla cronica carenza di risorse economiche per sedi e attrezzature, interagire alla pari con le istituzioni e con tutti gli altri soggetti attivi nel sistema integrato degli interventi e servizi pubblici, aggiornarsi e svilupparsi continuamente per fare fronte alle esigenze evolutive dei bisogni in particolare dei beneficiari nei loro contesti di vita, ma an- che degli AdS e dei servizi alla persona. 

A partire dall’esperienza piu` che decennale nella gestione degli sportelli di promozione e valorizzazione dell’AdS, da parte dell’Associazione ‘‘Amministrazione di sostegno’’11 si sono registrate alcune criticita` piu` generali nell’applicazione dell’istituto, che di seguito si riassumono. 

  1. L’attenzione piu` agli aspetti burocratici e amministrativi della misura di protezione che alla cura della persona beneficiaria; culturalmente, permangono e vengono rafforzati gli aspetti della protezione su quelli della promozione e valorizzazione della capacita` e potenzialita` dei beneficiari; 

b) gli stessi decreti dei giudici tutelari sono espressi piu` per tipologia di prestazioni da erogare che di progetti di effettivo sostegno alla persona, che dovrebbe essere sempre al centro del complessivo sistema di protezione; 

c) il ricorso all’amministrazione di sostegno nasce spesso da esigenze esterne al beneficiario e scatta quando vengono a mancare i sistemi di protezione naturale della famiglia, per conflittualita` familiare o per esigenze di soggetti/servizi esterni (come l’obbligo di aprire con- ti correnti per il deposito delle pensioni o per impegno a sostenere la retta di servizi in strutture residenziali, o per dimissioni ‘‘selvagge’’ dai contesti per acuti quando le patologie sono di tipo cronico); 

d) la dimensione del lavoro di rete (un po’ smaglia- ta), spesso, e` piu` funzionale alle esigenze degli attori che la compongono, che ad un lavoro di squadra dove la risorsa da valorizzare maggiormente e` quella della persona beneficiaria (sia in risposta ai suoi effettivi bisogni che alle sue giuste aspirazioni); 

e) molti AdS nominati, soprattutto tra i familiari, ma non solo, sono impreparati a svolgere un ruolo promo- zionale della persona beneficiaria e operano piu` facil- mente in rappresentanza che in assistenza riguardo alla partecipazione della persona nelle scelte di vita che la riguardano; 

f) nei casi di dissenso tra beneficiario e AdS, prevale quasi sempre la voce dell’AdS su quella della persona beneficiaria (cio` viene giustificato dalle difficolta` anche concrete che si incontrano per realizzare le aspirazioni della persona; ad es.: la collocazione in strutture residen- ziali per la difficolta` di gestire personale di assistenza a domicilio o per carenza di risorse o esigenza rilevante di cure mediche e riabilitative, che vengono piu` facilmen- te offerte nelle strutture e centri socio-sanitari); 

g) la difficolta` a valorizzare il patrimonio della per- sona beneficiaria, finalizzato al suo esclusivo benessere (per difficolta` relative alla famiglia, che vorrebbe con- servare il patrimonio, o al mercato che, soprattutto attualmente, non recepisce l’offerta di beni nel loro effettivo valore sia d’uso che di proprieta`); 

h) la difficolta` di collaborazione tra chi svolge l’in- carico di AdS con la molteplicita` dei soggetti istituzionali, della rete amicale, familiare e dei servizi; il per- corso, spesso, si caratterizza come accidentato anziche ́ dinamico e fluido; questo potrebbe viceversa meglio realizzarsi se ci fossero strumenti operativi e comunica- tivi agili e flessibili (nelle relazioni di collaborazione e cooperazione tra soggetti si attivano processi di delega che, mancando di sinergie operative, cristallizzano le situazioni anziche ́ farle evolvere in termini di superamento dello svantaggio e di miglioramento delle con- dizioni di vita della persona beneficiaria); 

i) mentre c’e` un impegno crescente e positivo di valorizzazione della figura dell’AdS, non si rileva al- trettanto impegno e attenzione ai beneficiari che re- stano per lo piu` invisibili, poco o niente ascoltati e valorizzati (cio` richiederebbe uno sforzo impegnativo di inclusione che nessun AdS da solo puo` fare senza la condivisione di un progetto comune, dove ogni risorsa sia indirizzata al raggiungimento di comuni obiettivi); 

l) La carenza di condivisione e di diffusione di progettualita` e buone prassi, che pure ci sono, rende difficile valutare l’efficacia e l’appropriatezza della misura di protezione giuridica e degli effetti positivi che essa (se in sinergia con altre risorse della famiglia e dei servizi) produce a beneficio della persona beneficiaria. 

5. Nodi critici per l’evoluzione futura dell’amministrazione di sostegno. 

In aggiunta e a integrazione di quanto illustrato, si riscontrano altri nodi tematici che vanno assumendo profili di particolare evidenza nelle dinamiche, emer- genti nella vita dell’associazione, nel dialogo continuo con gli amministratori in attivita` e con i partecipanti ai percorsi di formazione. L’approfondimento di tali te- matiche potrebbe contribuire ad arricchire ed ampliare la riflessione in atto sulla amministrazione di sostegno, anche in vista di progettate evoluzioni normative del- l’istituto. 

a) Interessi: la polarizzazione della funzione di amministrazione sugli specifici ‘‘interessi’’ (patrimoniali e non patrimoniali) della persona beneficiaria puo` essere fonte di equivoci per chi e` chiamato a dare esecuzione alle disposizioni del giudice tutelare. La concentrazione dell’attenzione operativa sull’‘‘interesse’’ della persona / atto da compiere (v. art. 405 cod. civ.), porta a restringere o a condizionare il perimetro dell’azione dell’AdS a scapito di una visione piu` ampia ed articolata, orientata a valorizzare gli ‘‘interessi’’ specifici nella cornice delle complessive aspirazioni del beneficiario (bisogni, desideri, aspettative) quale reale tratto identitario dell’intera persona 12. 

b) Motivazione: nel processo di affidamento dell’incarico di AdS, si osserva come non venga attribuito particolare rilievo alla ‘‘motivazione’’ personale dell’aspirante AdS in relazione al ruolo e alla esecuzione del compito specifico. La motivazione e` la componente soggettiva essenziale che conferisce direzione ed intensita` all’agire umano. Per l’AdS la motivazione riveste particolare funzione predittiva circa il modo di gestire il compito specifico e la relazione con la persona beneficiaria. 

c) Giuridificazione: non risulta oggetto di considera- zione il fatto che l’amministrazione di sostegno, con il complesso di regole che la caratterizzano, possa portare ad azioni che, di fatto, occupano spazi riservati di vita della persona beneficiaria. Il danno che ne deriverebbe incide direttamente sul ‘‘sentire’’ della persona, con una riduzione dell’orizzonte dei suoi diritti, materializ- zandosi nella rottura dei legami esistenziali della stessa, che sono componente essenziale della vita di ogni individuo. La persona beneficiaria in tale situazione vive la condizione estraniante di totale separatezza dal proprio mondo, trovandosi ad ‘‘abitare’’ un mondo ‘‘altro’’, certamente ‘‘ben regolato’’ e protetto, ma estraneo e incomprensibile, con conseguenze distorsive della percezione di se ́ e del proprio futuro. 

d) Cura: la funzione di sostegno ha nella ‘‘cura’’ (care) la sua espressione pratica piu` autentica. L’impropria attribuzione del significato del termine cura e` causa di fraintendimenti e di ricorrenti criticita` nell’esercizio della funzione di sostegno. L’accezione della ‘‘cura’’ nel senso di care, implica il coinvolgimento personale fondato su valori di umanita` , solidarieta` , non disgiunti dall’interesse di dare il meglio di se ́ all’‘‘altro’’. Determinate formule linguistiche quali ‘‘prendersi cura’’, ‘‘ave- re a cuore’’, ‘‘stare in pensiero’’, ‘‘dedicare ogni impegno per’’ esprimono il senso profondo di tale coinvolgimento, il cui naturale esito si concretizza nella ‘‘relazione’’. La relazione e` un legame dinamico, intenzionale e creativo, che trasforma l’estraneita` in conoscenza e di reciproca interazione comunicativa. Non si tratta, quindi, di un rapporto semplice finalizzato all’esecuzio- ne formale di una prestazione, ma di un incontro tra persone che si traduce nell’impegno continuo a dare il meglio di se ́ a vantaggio dell’‘‘altro’’. Nell’amministra- zione di sostegno la cura assume i profili dell’ascolto, volto a comprendere non solo i bisogni e i desideri ma anche i tratti di personalita` del beneficiario, del dialogo attento a cogliere, nelle parole e nei gesti, i vissuti sui quali modulare le prescrizioni giudiziali. L’orienta- mento alla cura comporta, quale coerente sviluppo, l’apertura di spazi di dialogo anche con la ‘‘rete’’ di risorse e di opportunita` presenti nella comunita` di riferimento nella logica di integrare ed arricchire le ri- sposte ai bisogni della persona beneficiaria. Sono interlocutori privilegiati, in questa prospettiva, i ‘‘servizi integrati alla persona’’, ma anche il ‘‘vicinato’’ e le formazioni di volontariato. Tra le funzioni di supporto attuate all’insegna della cura descritta, non rientrano, tuttavia, prestazioni assistenziali di accudienza della persona beneficiaria, o interventi sul contesto abitativo della stessa che sono prerogativa di altre competenze e responsabilita`. 

e) Potere: la relazione tra AdS e persona beneficiaria, gestita con doverosa autorevolezza, si sviluppa nel dia- logo costante, orientato a cogliere le specificita` della persona per l’individuazione di efficaci modalita` attua- tive del decreto giudiziale in relazione ai bisogni emer- genti e alle oggettive necessita`. Oggettive difficolta` comunicative, incomprensioni, conflittualita` non di- sgiunte da pregiudizi, possono rendere problematica all’AdS lo svolgimento del compito di sostegno. In tali contingenze, l’esercizio del potere associato alla funzione di amministrazione di sostegno, tuttavia, non puo` derogare dalle linee di umanita`, rispetto della persona fragile, preferendo di dare corso agli adempimenti di competenza secondo criteri di forza, impositivi e di imperio. Scelte in tal senso vanificherebbero lo spirito della legge che affida alla protezione della persona fra- gile un ruolo di assoluta priorita` . 

f) Rete: appare di significativo rilievo fare riferimento ai modelli emersi in diverse normative regionali per implementare un sistema (rete) di comunicazione e di coordinamento tra i differenti attori coinvolti nei processi dell’amministrazione di sostegno. Ad esempio, nel modello proposto dalla Regione Veneto (l.r. 14.4.2017, n. 10, e atti applicativi) lo snodo funzionale di tale rete e` il ‘‘Servizio di Supporto’’ operante in ogni ULSS con compiti di promozione, di coordinamento con il Tribunale, gli sportelli a servizio dei singoli e delle famiglie, i piani di zona e le formazioni del volontariato. In questo modo l’amministrazione di sostegno diventa parte strategica di un sistema che, per competenza istituzionale, provvede alla salute, alla sicurezza e al benessere dei cittadini 13. 

g) Equo indennizzo: il dibattito sull’equo indennizzo si e` evoluto in modo ambiguo. In contrasto evidente con lo spirito solidaristico di cui all’art. 379 cod. civ., ed anche per far fronte ai grandi numeri e all’onerosita` del nuovo ufficio, si assiste ad una svolta in chiave ‘‘compensativo-remunerativa’’ dell’indennizzo. Non e` certo che tale innovazione, che porta in qualche modo ad una professionalizzazione dell’AdS, in assenza di una rigorosa e meditata regolazione, concorra a contemperare l’equita` con la qualita` della funzione di amministrazione di sostegno. Si osserva, comunque, che il riconoscimento all’AdS di un corrispettivo economico, senza una rigorosa regolazione, contiene il rischio di aprire prospettive dirette o indirette di possibili effetti distorsivi (v., ad esempio, casi di amministrazioni plurime) con la conseguenza reale di affievolire o alterare la valenza di solidarieta` umana e civile insita nello spirito della legge. 

In allegato l'articolo integrale con note

 


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