-  Redazione P&D  -  05/01/2017

Una storia vera-Sara Costanzo

Un giorno un angelo ti ha lasciato fuori casa mia. Non mi ha proprio detto che saresti stato mio figlio ma io l'ho capito. Da cosa direte? Dalla naturalezza con cui sei entrato nella mia vita, nelle pieghe delle mie ferite ancora troppo aperte, nel pudore delle abitudini domestiche mai divise con nessuno. Ti ha lasciato un angelo, questo lo so. L'ho sentito una sola volta ma non ho avuto dubbi. E' stato in un giorno di pioggia, mentre l'assistente sociale mi parlava della tua vita precedente e le parole calme e il tono affettuoso non sono riuscite a fermare il vento di solitudine e angoscia che si nascondeva dietro ognuna di esse. E' stato li che l'angelo mi ha preso il cuore .

I primi giorni sei venuto da me solo per qualche ora. Per abituarti mi hanno detto. Avevo per te mille premure e un senso di dedizione totale, infinita. Improvvisamente avevo cancellato dal mio cuore ogni traccia della mia vita e ti avevo messo davanti quei fogli ormai bianche e pacchi di colori. Sentivo che avevi dentro un oceano intero di disegni mai tracciati e parole mai messe in ordine, di pensieri che sembravano panni da lavare e stirare e riporre . e sapevo che senza di me non ce l'avresti fatta. Non perché io fossi la madre ideale. No. Era solo che tu volevi tutto e io non amavo abbastanza ciò che avevo per negarti questa richiesta. O forse amavo te più di ogni cosa.

I medici mi avevano detto che ti saresti ribellato alla mia vicinanza, che avresti fatto di tutto per fuggire. Ma non è stato affatto cosi: ti sei lasciato avvolgere dalla tua nuova vita come da una mantello caldo. Tu che di freddo ne avevi sentito tanto. Ogni giorno scrivevi su quei fogli bianchi che ti avevo lasciato. Parole e parole,  graffi, schizzi d colore e intere pagine di segni ricalcati fino a rompere la carta. Poi mi portavi i fogli e li scrutavamo insieme e cercavamo di il senso tra le parole apparentemente sconnesse e la sagoma che si nascondeva dietro i vari disegni. E cancellavano tutto ciò che era inutile e riscrivevamo in bella copi il resto. Fino al giorno dopo. Quando le cancellature tornavano a fare capolino tra le nuove pagine che scrivevi e di nuovo il senso sembrava perso. E mi riportavi tutto e ti sedevi accanto me aspettando le mie parole come un verdetto. E io riguardavo i fogli e riscrivevamo tutto in bella copia. Ancora e ancora.

E tu assorbivi tutto come un spugna e sembravi inquieto e felice al tempo stesso. E io avevo gli occhi pieni di un amore che non avevo mai provato, e gesti di cura che non credevo mi appartenessero. Avevo la pazienza di chi è capace di rifare la stessa strada mille volte senza chiedersi mai se è la scelta giusta, eri mio figlio e la mia vita senza di te sembrava cosi lontana che neanche mi ricordavo dove fosse. La strada era sconnessa e sentivo il suono delle bombe in lontananza ma non mi spaventava nulla e nulla doveva spaventare te. Non avendo potuto allattarti ti nutrivo adesso: fiumi di speranza e di fiducia, mescolati ai miei maldestri piatti di madre improvvisata. E amore, una quantità di amore che non conosce limiti.

***

Avevo sempre vissuto con grande libertà e improvvisamente le cose erano cambiate. Non so se altre donne capiranno ma la casa era diventata un enorme leone da addomesticare. Sembrava non smettere mai di chiedere in pasto il mio tempo e le mie forse. Finchè ero sola non lo avevo mai notato ma adesso. Adesso c'eri tu che ti aggiravi avanti e indietro con i tuoi pani sparsi e sporchi di adolescente. E pranzi e cene da preparare e bagni da ripulire ogni giorno. Era una corsa in cui perdevo sempre, in cui non avevo più un momento libero che durasse abbastanza da riposarmi davvero. Tu sembravi non accorgertene ma forse era giusto cosi. o forse no. Forse non mi sentivo abbastanza sicura da essere severa, forse avevo paura che te ne saresti andato. Non ho mai saputo se mi amavi per quello che ero o per quei fogli conditi di amore e saggezza, per lo spazio e il temo che ti davo, per le cure che ti lasciavo sotto il cuscino e impastavo ad una torta di crema. Non l'ho mai saputo e non ho mai fatto in modo di saperlo. Forse immaginavo la risposta o forse risposte non ci sono in casi cosi.

A volte mi parlavi di tua madre, quella vera. Ne avevi un ricordo vivido e lontano. Non ti aveva voluto, era malata o forse solo troppo stanca. Eppure tu la amavi di un amor tenero e delicato. Lo sentivo. Un sentimento che cosi chiaro rispetto a quelle manciate di fogli sconnessi che mi consegnavi sera dopo sera. Cosi pulito nei suoi contorni da lasciarmi senza fiato. Lei non aveva fatto nulla eppure tu la amavi. Io ti stavo dando tutto e non sapevo se quell'amore che respiravo era il mio o il nostro. Facevo pensieri strani. Tipo se saresti mai venuto a trovarmi da grande, se avresti mai pensato a me ormai vecchia e sola. Un giorno, come tutti gli adolescenti saresti diventato grande anche tu e io ti avrei aperto la porta sul mondo e ti avrei dato fogli tutti tuoi dove scrivere la tua vita e i tuoi pensieri. Ora, mi chiedevo se mi avesti amato lo stesso.

***

Fu quasi all'improvviso. Ma mi accorsi che non ce la facevo più. Che sognavo mari aperti e silenzio e case immacolate e cene senza verdure. Non ce la facevo più a leggere i tuoi fogli, a ricopiare le tue emozioni, a pulire i tuoi ricordi. mi sentivo fagocitata, e senza corde a ci tenermi per non scivolare ancora più giù. Mi apparve tutto chiaro. Non era una questione di amore ma di strade. Io ero nella tua con tutte e due le scarpe. E tu mi salivi sulle spalle o mi spingevi sul bordo o mi lasciavi indietro spaurita. Avevo portato tute le mie riserve li su quel sentiero. Immaginando che senza di me non saresti riuscito e percorrerlo. E ora stavo esaurendo le riserve. E rischiavo di morire. Dove era la mia strada, la mia vita, il mio spazio e la mia aria?

Ingoiavo questi pensieri giorno dopo giorno. Cominciai a vivere su un'altra dimensione, aspettando che le cose si sarebbero aggiustata da sole, che qualcosa sarebbe cambiato. Non avevo il coraggio di essere diversa. Non volevo perderti ma non riuscivo a restare fino in fondo. E allora cominciai a vivere nell'attesa di quelle piccole boccate d'aria che mi salvavano, che i tuo piani mi concedevano senza saperlo. Chi ha paura di essere abbandonato non riesce mai neanche ad abbandonare. Non ci avevo mai pensato in questi termini. Non riuscivo lasciarti, non volevo rimandarti indietro alla tua vita in istituto. Non me lo sarei mai perdonata. Non potevo. Non credevo, non volevo in fondo. Aspettavo che diventassi maggiorenne, aspettavo, chiedevo alla vita che facesse ti te un uomo il più in fretta possibile. Lo chiedevo e ne avevo paura. Paura di perderti. Eri il mio bambino, eri il dono di quell'angelo misterioso e l'idea che ti dessero un'altra mamma era intollerabile. Ma non solo. Avevo paura che da solo non ci saresti riuscito mai. A riscrivere tutte quelle righe. Che erano meno confuse ma che ancora mangiavano il futuro e la speranza di una vita diversa. Non riuscivo a non rispondere ad ogni tuo grido e non riuscivo a dare analoga importanza ad analoghe richieste del mio di cuore, della mia di vita. Correvo ad ogni tuo sospiro e mi mettevo da parte ad ogni tuo cenno. E quando lo volevi di nuovo ritornavo ad amarti, con al stessa intensità dei primi giorni. E tu mi chiamavi mamma e io dimenticavo tutto. Pensieri e dubbi e mi sembrava che la vita mi stesse chiedendo il coraggio di restare e che l'angelo mi parlasse ancora e mi tenesse su quella strada per un motivo più grande. Non sono mai riuscita lasciarti ma ho aspettato che mi lasciassi tu. Tu lo hai fatto e io ti non ho detto di restare.

E' stato un giorno di pioggia. Mi hai detto che ora eri grande che alla fine di quelle pagine, tolte tutte le cose inutili e messi a posto i pensieri antichi, era apparso il tuo futuro. Aveva il nome di un viaggio solitario e di una scuola di fotografia. Mi hai lascito una pagina scritta a mano. C'era ancora paura e inquietudine. Ma si leggeva il coraggio e la determinazione di chi rivuole la sua vita. Non l'ho trascritta, non l'ho corretta, non l'ho spiegata. E ti ho lascito andare. Io sono ancora qui. Tua madre. Non sono mai andata via in fondo.




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