Diritto, procedura, esecuzione penale  -  Redazione P&D  -  15/01/2022

VIOLENZA DOMESTICA: l’abuso di alcol o di sostanze quanto incide? - Claudia Trani

Storicamente giuristi e legislatori europei ed internazionali hanno rivolto sguardi attenti principalmente alla distribuzione e fornitura di droga in relazione al forte impatto nell’economia sommersa e agli illeciti connessi.

Solo più di recente si è notato, anche da parte degli psicologi, psichiatri un crescente interesse a livello internazionale al legame tra uso di sostanze e violenza da partner intimi (IPV), interesse dovuto all’aumento generalizzato di femminicidi e femicidi, fenomeno interpretato come un “continuum all’interno dei sistemi patriarcali ancora esistenti” (Morgan e Bjorket, 2006) e al costante flusso illecito di droghe.

Definiamo innanzitutto cos’è la violenza domestica: si tratta di un comportamento abusivo che viene perpetrato da un partner intimo sulla vittima per mantenerne il potere di controllo psicologico, economico, affettivo.

Solitamente tale violenza è il prodotto di un intreccio tra gelosia sessuale, convinzione di scorrettezza della donna e il suo rifiuto all’autorità del maschio.

Ma di abuso domestico si parla anche quando viene consumato nei confronti degli anziani e dei bambini in qualità di persone particolarmente fragili.

Ci si può chiedere se e quanto un uso prolungato di alcol o droghe incidano su questi modelli comportamentali.

Dal Journal of Interpersonal Violence (2018) si evince che pochi sono gli studi che hanno esaminato il fenomeno dell’IPV all’interno di rapporti in cui entrambi i partner sono in trattamento per l’uso di sostanze e, tra questi pochi studi, è stato analizzato in particolare un gruppo di 14 uomini e 14 donne tra loro partner intimi. 

Emerge che la mera assunzione di sostanze raramente spiega l’IPV e la violenza deve comunque essere correlata alla percezione di comportamenti scorretti del partner.

Ad analogo risultato si è arrivati anche nell’analisi sull’abuso fisico e sessuale sui bambini da parte dei genitori o di altri autori consumatori abituali di sostanze.

Interessanti sono i risultati di un’indagine sulla differenza di risposte tra maschi e femmine in ordine all’IPV:

  • I primi descrivono i fatti come accadimenti isolati e insoliti, frutto di specifiche controversie certamente aggravate dall’intossicazione, astinenza o uso continuo di sostanze;
  • Le seconde invece raccontano di comportamenti consueti, spesso conseguenza dell’abitudine a sostanze, di richieste economiche indispensabili all’acquisto delle stesse.

Nel caso invece di entrambi i partner dipendenti si riscontra in particolare da parte dell’uomo, la percezione di dover proteggere la donna dall’uso di droga e dagli eventuali approfittatori, mentre la femmina descrive comportamenti maschili “altamente controllanti”.

Alla fine degli anni ’90, nel 92% dei casi denunciati di violenza domestica si trattava di abusanti tossico-alcol dipendenti che più facilmente vedevano ridotto il controllo dell’aggressività accompagnato da sentimenti di paranoia.

Anche un’altra analisi di Irons e Shneider più datata (1997) ha rilevato quanto la condotta dell’IPV sia molto simile alla violenza conseguente alla dipendenza da sostanze e alla perdita dell’autocontrollo, pur nella consapevolezza delle conseguenze negative ed in particolare delle lesioni fisiche e deterioramento dei rapporti familiari.

Entrambi i sessi ritengono che l’alterazione renda la vittima più responsabile del violentatore ubriaco e la spiegazione di questa considerazione sta nella convinzione culturale che le femmine dipendenti siano sessualmente più disinibite e maggiormente disponibili, pertanto l’aggressione corporea sia accettabile (Blume SD. 1986).

In generale, risulta di frequente che sostanze psicotrope vengano utilizzate dalle femmine per alleviare il disagio e dolore subito nei casi violenza domestica e di essere più soggette ad abuso fino a diventarne dipendenti, con un tasso da due a tre volte maggiore rispetto al maschio.

Tuttavia, anche qui come nella criminologia, il numero oscuro (il dark number) è molto elevato: i reati denunciati sono di gran lunga inferiori a quelli realmente commessi o subiti e gli stessi professionisti non si sentono a proprio agio nel chiedere alle donne l’agìto violento del partner, tanto più se legato a sostanze, né le vittime lo raccontano.

Sappiamo che la vergogna, il timore di ripercussioni e lo stigma condizionano in maniera importante i racconti e le stesse denuncie, ma lo screening è essenziale nella prevenzione e cura.

In definitiva, dagli studi analizzati emerge che gli effetti della dipendenza nei confronti della violenza domestica sono spesso presenti ma non quantificabili con certezza e le vittime hanno un’ampia probabilità di sviluppare disturbi di tipo:

  • Abuso di sostanze
  • Anoressia, abulimia
  • Depressione, ansia
  • Stress post-traumatico

Inoltre l’astinenza da sostanze e alcol non risulta essere una condizione necessaria e sufficiente per l’interruzione dell’IPV.

In sintesi, la violenza intrafamiliare dovuta all’assunzione di droga e alcol da parte del compagno, nella totalità dei casi esaminati viene descritta come fondamentale nei comportamenti degenerati in soprusi ma raramente l’intossicazione è la sola spiegazione se non associata a caratteri inclini alla violenza tout court.




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