Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  25/05/2022

Volontari vs. dipendenti negli appalti per l’accoglienza dei profughi – TRGA – BZ, n. 137/22

Ai sensi degli artt. 36, comma 2, lettera b) e 95 del Codice dei Contratti pubblici e degli artt. 26 e 33 della l.p. Bolzano n. 16/2015, mediante procedura negoziata preceduta da un’indagine di mercato, un ente locale territoriale ha indetto una gara avente ad oggetto l’affidamento del servizio sociale multizonale per profughi – assistenza umanitaria al Brennero. La gara prevedeva una durata di due anni, rinnovabile per un ulteriore anno e quale criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo ai sensi degli artt. 33 l.p. n. 16/2015 e art. 95 del d. lgs. n. 50/2016.

Alla procedura di gara hanno partecipato la Croce Rossa Italiana – Comitato provinciale di Bolzano, OdV e un RTI composta da una OdV, da una fondazione e da una cooperativa sociale.

Preme, dunque, precisare che trattasi di gara d’appalto, cui sono state invitate a partecipare le organizzazioni di volontariato.

La gara è stata assegnata al succitato RTI, aggiudicazione impugnata dalla CRI, che, per quanto qui di interesse, ha lamentato che la proposta del RTI non avrebbe garantito la compresenza di almeno due operatori per tutta la durata del servizio, per assicurare così la contemporanea presenza di un operatore che presti il servizio presso la struttura di transito e di un operatore che svolga il servizio presso la stazione ferroviaria, come richiesto dal capitolato, con la conseguenza che l’offerta meritava un’immediata esclusione. Nello specifico, la ricorrente ha censurato l’impiego di personale volontario nell’espletamento del servizio oggetto della gara, in quanto – a suo giudizio – il termine “operatore” previsto nel bando doveva considerarsi come sinonimo di “personale dipendente”. Sempre a detta della ricorrente, “l’impiego di personale dipendente, che svolge l’attività di assistenza con caratteristiche di abitualità e professionalità, garantirebbe uno standard di servizio più elevato, stante anche la delicatezza del servizio e la necessità di personale dotato di specifica professionalità, senza la quale le prestazioni del contratto nemmeno potrebbero essere eseguite.” E ancora: “Il volontario, privo di qualsiasi legame strutturato con l’operatore economico si potrebbe facilmente sottrarre al proprio onere di presenza in sede di effettuazione del servizio senza che per tale inadempimento sia previsto una conseguenza in qualche modo deterrente. Di talché non sarebbe possibile per il RTI[…]assicurare la continuità del servizio, posto che l’eventuale assenza del volontario non potrebbe essere sopperita con la presenza dell’operatore professionale in turno nel medesimo orario né da altro operatore dipendente, poiché non previsto in offerta.”

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma di Bolzano, con sentenza 10 maggio 2022, n. 137, ha rigettato il ricorso, evidenziando che:

  1. dal testo della lex specialis è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, poiché è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale;
  2. il sostantivo maschile “operatore” indica “chi opera, chi compie determinate azioni o operazioni, per lo più abitualmente” (cfr. Enciclopedia Treccani), ma nulla dice sul rapporto di lavoro, in base al quale l’operatore agisce;
  3. “operatore”, dunque, non implica che esso debba essere lavoratore autonomo/subordinato o volontario;
  4. ne discende che la disposizione normativa citata dalla ricorrente a propria difesa non corrobora in alcun modo l’affermazione che il servizio dovesse essere garantito con la compresenza di due operatori dipendenti;
  5. se la stazione appaltante avesse effettivamente voluto escludere l’impiego di personale volontario dall’espletamento del servizio in gara, lo avrebbe dovuto dire espressamente, perché il termine operatore non è sinonimo di lavoratore dipendente;
  6. la scelta dell’ente locale territoriale di invitare alla gara associazioni di volontariato implica, quale logico corollario, la possibilità di impiegare nel servizio anche personale volontario. (cfr. Cons. di Stato, III, 17 novembre 2015, n. 5249, occasione in cui i giudici di Palazzo Spada hanno statuito che “occorre premettere che risulta ormai recepito l’orientamento che ha riconosciuto l’ascrivibilità anche delle associazioni di volontariato, quali soggetti autorizzati dall’ordinamento a prestare servizi e a svolgere, quindi, attività economiche, ancorchè senza scopi di lucro, al novero dei soggetti ai quali possono essere affidati i contratti pubblici);
  7. non è condivisibile l’affermazione di parte ricorrente per cui un rapporto di lavoro stabile garantirebbe uno standard di servizio più elevato di quello raggiungibile con l’utilizzo di soggetti che espletano il servizio in forma volontaria;
  8. non è condivisibile l’ulteriore censura che il volontario, in quanto privo di qualsiasi legame strutturato con l’operatore economico, possa facilmente sottrarsi al proprio onere di presenza in sede di effettuazione del servizio senza dover temere conseguenze.

 

 

La sentenza de qua conferma, da un lato, la “centralità” del ruolo dei volontari nell’espletamento di attività e di servizi di interesse generale, come è quello dell’accoglienza dei migranti, in specie in situazioni di emergenza e, dall’altro, riconosce la legittimità da parte degli enti pubblici di indire gare cui invitare anche le organizzazioni di volontariato. Sebbene trattasi di una circostanza che trova anche nel diritto eurounitario una sua propria legittimazione giuridica, non può sottacersi la delicatezza di una simile partecipazione. Da un lato, le organizzazioni di volontariato – anche in forza di alcune recenti pronunce dei giudici amministrativi – sono diverse dalle imprese, che di regola partecipano agli appalti e, dall’altro, il Codice del Terzo settore ha inteso riservare alle stesse organizzazioni percorsi e procedure specifiche e, nella ratio legis, alternative alle procedure ad evidenza pubblica di natura competitiva.

A ciò si aggiunga che l’oggetto delle gare può invero contemplare un’azione (forte) del volontariato, unitamente alla necessità che le attività, gli interventi e i servizi da realizzare richiedono l’azione di soggetti organizzati e imprenditorialmente robusti.

In ultima analisi, la sentenza in argomento dimostra che le organizzazioni di volontariato si trovano a proprio agio anche nella partecipazione a gare d’appalto e che gli enti pubblici territoriali possono individuare procedure che valorizzino adeguatamente l’apporto del volontariato.

Rimane aperta la riflessione sul “dialogo” tra Codice degli appalti e Codice del Terzo settore, nonostante la sentenza n. 131/2020 della Corte costituzionale, il dm 72/2021 e talune sentenze dei giudici amministrativi.




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