Deboli, svantaggiati  -  Redazione P&D  -  30/04/2024

Il TSO nella legge 180/78 - P.C.

Non è un caso che Franco Basaglia amasse poco, nella 180, la parte relativa al trattamento sanitario obbligatorio.

  Il percorso della coattività tradisce in quel contesto, effettivamente, linee ben distanti dallo spirito della AdS (26 anni di distanza): rivela un’impostazione troppo rigida, burocratica, un’ottica pensata per tempi in cui esisteva, nel codice civile, soltanto l’interdizione.

  Un’ispirazione, in altri termini, lontana dalla grammatica personalizzata, ariosa   e non segregativa dell’AdS: istituto che va invece visto e prospettato, oggigiorno, come modello di riferimento, trasparente e incruento, per la gestione di tutta quanta l’area della fragilità.

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- In sintesi allora: manca in modo esplicito per il sofferente, dietro il TSO del 1978, quale presupposto necessario, un ‘’progetto esistenziale’’ ad ampio raggio; che è quello su cui già poggia l’AdS e su cui, ancor più intensamente, occorre puntare oggigiorno.

  -  Il tempo della cura è troppo breve lì, i 7 giorni indicati sono insufficienti in tantissimi casi; il fatto che sia possibile   allungarli (investendo comunque delle energie burocratiche), non toglie a quel dato un risvolto impaurito, emergenziale.

 -  Non va bene il Sindaco come figura istituzionale di riferimento, si tratta di una soluzione paludata, vuota di contenuto nel 99% dei casi; che nella prassi poco funziona, è come se non ci fosse.

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-  Il ruolo del Giudice tutelare è in quel testo troppo debole, marginale, dovrebbe diventare invece il centro dell’intero tragitto, fin dall’inizio.

 - La scelta della duplicità per i medici è eccessiva, nella prassi tutto in realtà si automatizza, si sclerotizza (“Cane non mangia cane”); ne basterà uno solo di sanitario, purché responsabile, sanzionabile se sbaglia: penserà il GT a pretendere semmai, se glielo si chiede, ma anche d’ufficio, una conferma da altri medici.

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- Il motivo della ricerca del consenso del paziente ha, in questo testo, un sapore di casualità residua, di astrattezza; di fatto diventa un quid evanescente, comunque la negoziazione non si nutre di quella linfa di pervasività antropologica/metropolitana, articolata in una sequenza di voci sostanziali, di tasselli quotidiani, funzionali.

  - Manca nella 180 la previsione di un controllo pugnace, capillare, come quello che dovrebbe/potrebbe assicurare l’amministratore di sostegno, o un curatore-guardiano apposito, anche attraverso gli assistenti sociali.

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- C’è in sede di TSO 180 una sostanziale   indifferenza per gli aspetti civili (che non siano puramente economici, che non siano urgenti) della vita del paziente sequestrato in ospedale; manca cioè ogni riferimento alla famiglia, alla liquidità notturna, alla quotidianità lavorativa, all’affettività, alla socialità, alla cultura: proprio cioè le cose più importanti.

 - Non si comminano esplicitamente sanzioni rispetto all’eventualità di abusi, per eccesso o per difetto, da parte degli operatori.

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   Oltre tutto un testo che - salvo che in certe zone d’Italia, dove esiste a monte un ‘’territorio preparato’’, in grado di svolgere funzioni di contorno - non vale a sventare la possibilità di sparizioni, di sadismi, che spesso in effetti si verificano: con risultati di ‘’semi-macelleria’’, al buio e nella solitudine, per gli sventurati utenti.

 




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