Fragilita, storie, diritti  -  Sassano Francesca  -  13/02/2016

LEI NON C'È PIÙ! – Francesca SASSANO

- Lei non c'è più ! -.

Sono giorni che butto muta in angolo di gola questa frase stretta. L'effetto è un rigurgito negli occhi che punge come fosse un nugolo di aghi.

Non serve proprio il solito stanco ritornello che nulla negli affetti manca veramente, anche in assenza.

S'impone forte la tua sparizione dai miei occhi, sebbene fossi ormai e da qualche tempo una presenza silente, quasi immobile, un delicato gomitolo di spigoli sensibili.

Non so dire l'ultima volta che io abbia parlato con te al telefono.

Mi manca il suono della tua voce, anzi il suo ricordo.
È' stata la prima cosa che si è persa, per me irrimediabilmente. Non so per te cosa abbia significato non parlare molto, spero meno che per me, sebbene io viva il silenzio come morbida coperta, carezza dolce e conforto ad ogni irragionevole dolore.

Però, il ricordo della tua voce è una cosa che mi manca assai!

Pongo volutamente una distanza d'occhio che non c'è mai stata tra me e te, perché eri sempre, quasi ogni giorno, sotto il mio sguardo e ancora di più tra le mie mani.

La voce e' uno strumento contro il tempo, l'illusione di un arresto anche di fronte ad un inevitabile precipizio.

Ogni giorno, ti accarezzavo il viso e ti baciavo le mani scarne, ripetutamente e approfittando dei tuoi momenti persi, diversamente non mi avresti consentito nulla ti tutto questo: il bene per te era anche misura di attenzione!

Ed io, diversamente da te, figlia ribelle, poco elegante e senza ricercata femminilità, pensavo di mio anche per te cose diverse, più del mio tempo, fatte di baci e di vicinanza di pelle. E quindi, ben sapendo che non ti saresti ritratta nei miei abbracci, ti sussurravo ogni giorno:- Mamma, ti voglio bene! -

Ed era tutto per me, questo rituale, mi dava gioia e nello stesso istante poneva un punto a mio favore contro quel tempo che assottigliava la tua pelle ma rendeva sempre più bello il cielo dei tuoi occhi.

Scorrevo le tue mani, con le punta delle mie dita, con attenzione come si fa carezzando la seta, vi leggevo la storia del mio corpo, nella totale differenza tra me e te, mi riappropriavo della mia identità.

Rifiutavo l'idea di una separazione, che negli ultimi giorni leggevo imminente dai segni del tuo viso, dalla fatica del tuo respiro. Non nel tuo sguardo, quello era sempre identico a se stesso, mi faceva tornare indietro, ancora figlia!

E mi chiedevo tante cose, per alcune non trovavo pace nè d'età e nè di malattia.

Sei andata via, scivolandomi tra le mani, mentre ti tenevo con me, esattamente come mi ero ostinata a fare con tutti quelli che , come te erano prima di me ed io avevo amato disperatamente nelle battaglie perse delle varie malattie.

Pensavo di aver amato più mio padre e per questo all'inizio del tuo ultimo male, che pure vi aveva accomunato, non ritrovavo in me la stessa intensità di strazio e non mi davo pace per la colpa.

Invece, oggi, questo dolore netto, esattamente uguale all'altro, inarrestabile e maturo, mi dice tutto. E vi tiene entrambi dentro di me, finalmente come una sola cosa. Perchè voi, fortunati, lo siete stato veramente!

Non credo sia un caso: il 6 febbraio tu hai conosciuto lui, orami in anni che non conto più. E nello stesso giorno lui, ha lasciato te, mentre tu lo accompagnavi con un bacio , di quelli leggeri e misurati, in sottofondo un lieve soffio di voce, parole per te e per lui , solamente.

Nello stesso giorno, di anni successivi, tu hai raggiunto lui, non so esattamente dove e come, neanche in questo sono stata brava, non ti ho seguito nell'esempio di preghiera.

Oggi ho fatto una cosa: ho preso le vostre fedi, la tua sottile e consumata, la sua quasi nuova , le ho messe insieme nel loro astuccio prezioso ed ho deciso di non piangere più. 




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