Cultura, società  -  Redazione P&D  -  03/09/2021

Panteismo europeo? Restiamo umani: Pan-Europa - Luigi Trisolino

Quando si parla di Europa, suvvia (!), qualche certezza ce l’abbiamo. Ma anche diversi dubbi: questi ultimi saranno sacrosanti ed edificanti se li canalizzeremo sulle evolutive prospettive del riformismo: iniziando da quello necessario, per poi giungere a quello auspicabile. Panteismo europeo? Non occorre, restiamo umani: parliamo di prospettive paneuropee, curando gli interessi dell’Italia. 

La costruzione di un concetto di “Unione” per una Europa di pace e di solidità economica, doganale e culturale, all’insegna delle diversità e delle libertà, deve una parte pulsante delle proprie fondamenta all’attivismo scientifico e politico dell’aristocratico Richard Nikolaus von Coudenhove-Kalergi.

Kalergi, scrittore amante della filosofia e attivista politico di ispirazione cosmopolita, nacque a Tokyo il 17 novembre 1894 da padre austro-ungarico e da madre giapponese, e visse fino al 1972. Al Kalergi dobbiamo riconoscere l’impegno nel far circolare in Europa e non solo il concetto culturale nonché il programma politico-economico di “Unione” paneuropea.

un corretto utilizzo della metodologia storiografica, in generale, ci consente di confutare ogni faziosa dietrologia che vorrebbe diffamare la memoria della buona fede politica del Kalergi, inventando smisurati complotti sul c.d. “piano Kalergi” di sostituzione etnica delle popolazioni europee. 

Richard Nikolaus von Coudenhove-Kalergi alla fine del c.d. primo conflitto mondiale iniziò a pubblicare vari articoli in cui evidenziava la necessità di un nuovo ordine europeo. Nel 1922 egli pubblicò un progetto di Paneuropa, a cui l’anno successivo fece seguire la sua opera-manifesto, “Pan-Europa”. Come attivista ed editore nel 1924 diede vita ed ispirazione pulsante al movimento paneuropeo. La sua vocazione panfederalista era il frutto di esigenze concrete diffusamente avvertite tra i cittadini dei vari Paesi eurasiatici, ossia le esigenze di pace e benessere economico nonché spirituale degli individui e dei diversi popoli. Nella sua opera si facevano quindi sempre più chiari gli intenti di riequilibrio negli ordini geopolitici globali. Certamente ogni autore, seppur grande, con il senno del poi sconta alcune mancanze, come per esempio in questo caso potrebbe dirsi la mancanza di lotta per l’affermazione dei diritti sociali per le classi popolari meno abbienti, non soltanto “per” essere bensì “in mezzo” ad esse, accanto: insieme. Quest’ultimo aspetto vediamo di non farlo mancare mai, in ogni èra. 

 Le sfumature cosmopolite del Kalergi, a tratti a vocazione eurasiatica ed eurafricana, corrispondendo ad un pensiero di armonie basato sul reciproco e pacifico riconoscimento delle diversità culturali, non devono trarre in inganno. Una eurounionalità a vocazione filantropica ed economica sul versante transatlantico non deve essere stata esclusa dal Kalergi, giacché occorre ricordare la gratitudine che egli sicuramente nutriva verso il polo accademico newyorkese che lo accolse quando fu costretto a riparare negli USA, durante l’infuriare della c.d. seconda guerra mondiale. Il suo crogiuolo di esperienze transnazionali è dipeso dalle sue origini e dalle contingenze che si creavano davanti alle sue visioni e scelte scomode in una dura e chiusa società. Nel 1919 adottò la nazionalità ceca, nel 1939 venne naturalizzato francese e al termine del secondo conflitto mondiale si trasferì in Svizzera. Durante il periodo cecoslovacco lo studioso e attivista politico paneuropeista propose un progetto di Unione europea, strutturalmente modellato sull’assetto uscente dal trattato a quei tempi stipulato fra la Cecoslovacchia, la Romania e la Jugoslavia. 

A capo del movimento per l’Unione paneuropea, in un’ottica più economica di investimenti sovrastrutturali il Kalergi aveva da sempre suggerito di fondere l’industria carbonifera tedesca con quella mineraria francese in una industria siderurgica di respiro paneuropeo.

Nel 1947 una Unione parlamentare europea  fu fondata da Coudenhove-Kalergi seguendo la sua ispirazione circa l’elaborazione di una Costituzione per l’Europa. Il suo successo – seppur, per qualcuno, di nicchia – non lo fece andare esente da critiche, non solo da parte dei nazionalsovranisti, ma anche da parte dei più radicali eurofederalisti incapaci di visioni metodologiche graduali. Nel 1948 in una riunione tra varie anime europeiste dell’epoca il Kalergi evidenziò l’idea di una assemblea eleggibile dai Parlamenti nazionali. Nel 1948 i parlamentari britannici, scandinavi ed olandesi si opposero e fecero fallire un progetto di Costituzione europea che era stato votato durante il secondo congresso dell’Unione parlamentare europea. Il senso storico e il contenuto politico dell’espressione “Costituzione europea”, di cui si è appena detto, devono essere distinti dal paradigma e dal contenuto presenti nel progetto di Costituzione europea dei primi anni del XXI secolo, poi fallito in seguito ad alcune mancate ratifiche del trattato che la prevedeva, per gli esiti dei referendum francese ed olandese del 2005 prima, e poi per le sospensioni dei referendum sulla ratifica da parte dei polacchi, danesi e britannici. 

Malgrado le omonimie e le tendenziali connotazioni assiologiche in comune, le coordinate strutturali e sovrastrutturali storiche dei diversi modelli di Unione, nel paneuropeismo da un lato e nell’ordinamento eurounitario attuale dall’altro lato, risultano essersi sviluppate su assetti geopolitici differenti. Tuttavia il lavoro del movimento paneuropeo e le geniali fatiche scientifiche nonché politiche del Kalergi, inevitabilmente, vivono – spesso inascoltate – nel DNA del percorso di affermazione eurounionale in divenire. 

I nodi critici vengono al pettine ogniqualvolta emergenze umanitarie internazionali, flussi migratori e bisogni sanitari globali richiedono piani di pronto intervento strutturale ed organizzativo di sempre più ampio e robusto respiro. La serietà di ogni prospettiva monistica e federale di eurounità può essere misurata sulle capacità macro-ordinamentali di istituire un euro-esercito, una politica migratoria di euro-distribuzione razionale nel ragionevole contemperamento tra il rispetto dei diritti umani e la garanzia di ordine pubblico. Sul piano socioeconomico, poi, la serietà di ogni prospettiva federale non può non passare da un riformismo che sappia strutturare un’agenda di politiche sociali lavoristiche in senso liberale, come pure di garanzie d’inalienabilità per i diritti civili ed economici per tutti, all’insegna di una socialità che sappia cibarsi di libertà individuali in paritaria concorrenza.

Le occasioni per riflettere sulle radici kalergiane della attuale unionalità europea, così, sono le stesse occasioni paradigmatiche in cui si può riflettere sulle prospettive kalergiane tradite. Il concetto di “Unione” europea dell’oggi risulta essere al contempo prodotto e anti-prodotto della più datata e ancora militante “Unione” paneuropea del genio di Kalergi e dei post-kalergiani.

Durante i primi vagiti del governo Draghi, sui giornali ho voluto speranzosamente salutare quest’ultimo come programmaticamente riformista, e politicamente divergente rispetto alle logiche istituzionali a cui ci stavamo quasi abituando in Italia, per quel che concerne l’economia di transizione verso il post-pandemia da Covid-19. Intervistando l’attuale presidente dell’Unione Paneuropea Internazionale, il giurista e politico francese Alain Terrenoire, per un articolo pubblicato su L’Opinione il 26 febbraio 2021, le domande “Quanto è paneuropeo Mario Draghi? Si può essere patrioti della propria nazione e nello stesso tempo paneuropei?” mi sono sorte in modo del tutto spontaneo e naturale. 

Se il lettore si fida della mia fedele traduzione dal francese all’italiano, la risposta di Alain è stata la seguente: “Un paneuropeo è un patriota nel e per il suo paese”. In questa estate 2021, però, occorre chiedersi quanto vogliamo – e non solo quanto sappiamo – essere patrioti ad ampio respiro, soprattutto quando ci frammentiamo nella solidarietà verso i profughi afghani. O quando titubiamo sulla necessaria, internazionale, transcontinentale   moral   suasion  democratico-progressista da sostenere. 

Il piatto fragile dei diritti umani universali s’è rotto con la fine di una speranza, per le libertà fondamentali delle donne afghane. Kalergi forse oggi urlerebbe: a quale Europa apparteniamo? 




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