Non spezzar le ali
alla mia santità, nuda
nelle tenere sembianze dell’alba.
Vestivo la mia sacralità laica
di passioni ed orpelli,
sull’impennata del mio eremo
oltre le scalate dei tuoi seni
ondivaghi e agitati.
Cosa? Cosa coltiva
la mia santità se non il bacio
con la tua verità?
Verità è nudità. E l’esser
santi è l’esser liberi.
Continua pure, vera,
a svestir le carni libere
per santificarle di morsi in carezze.
Sulla squadra del destino
la misura dell’universo tace,
e il mio canto ululante
rompe il tuo cerchio di vana pace.
Sii iniziata; né rea né ingenua; alla tua èra.
Al di qua, dell’eterno oblio
sui trisolini giacigli ecclesiali
dell’io.
Spiegazione dell’autore: Questa poesia l’ho scritta venerdì 23 ottobre 2020: è una poesia contro i pregiudizi unilateralmente e/o bilateralmente sessisti, in società. Sia la donna né rea né ingenua, bensì semplicemente libera, al di là degli stanchi modelli novecentescamente contrapposti. Questa poi è una poesia che entrando nella dimensione egosociospirituale giunge a riconsiderare copernicanamente la santità umana. La santità è teofania della propria specifica – unica ed irripetibile – libertà, attimo per attimo, nell’eco dell’eternità per ogni respiro. L’oblio è d’ostacolo alla conoscenza intuizionista nelle linee imperscrutate dell’universo vivente. Ma la santità liberale dell’ascolto nonché dello sfogo dei sensi allevia le fallacie dei propri finiti metodi di ricerca della verità infinita. Luigi Trisolino