Regola di base, quanto alle figure che interessano: vedere le cose come sono effettivamente, hic et nunc, non come si vorrebbe che fossero.
Rispetto ai precetti scomodi allora, alle soluzioni meno condivise: tutto ciò non potrà venir trascurato, in sede pratica, soltanto perché contrastante con qualche nobile principio, da cui l’infanzia del nostro giurista sia stata alimentata, accompagnata.
Né i criteri dominanti potranno restare i medesimi secondo che, riguardo al fragile, si versi in zona (a) di piena collaboratività, rispetto agli operatori, oppure (b) di discordia motivata e ragionevole, ovvero (c) di oppositività irriducibile, espressa al limite minacciosamente.
Quando ci si inoltri poi nel territorio del serio autolesionismo, cieco e distruttivo, il buon vicario dovrà drizzare ancor più le orecchie; e se in gioco finisca per entrare addirittura la vita di qualcuno, di un altro magari, l’allerta non potrà che farsi massima.
Nei confronti delle dipendenze, mai dimenticare soprattutto che andranno protetti adeguatamente i familiari, specie quelli inermi (‘’Accanto a un fragile ufficiale c’è quasi sempre, al mondo, qualcuno ancor più fragile di lui’’); e serviranno poi assetti prescrittivi che - dinanzi a certe tipologie estreme, quando la coscienza dell’interessato venga meno del tutto - proteggano risolutamente i terzi, in veste di passanti, di condomini, di sanitari, di automobilisti e così via.
E quanto più il quadro mostri il complicarsi, in concreto, tanto più la scelta circa lo statuto attivabile - si tratti di disabilità o di fragilità civilistica – dovrà avvenire dal basso, usando buone lenti di ingrandimento: indagando e soppesando tutti i risvolti del caso, con un massimo di attenzione ai particolari.