-  Redazione P&D  -  08/05/2011

150 ANNI E VILIPENDIO ALLA BANDIERA - Lorenza MORELLO

Premessa: il presente articolo è scritto da un'iconoclasta.

Bandiere ai balconi, bandiere nelle vetrine, bandiere nei ninnoli per signore, sulle carrozzerie delle auto, sulle penne dei convegni, sugli adesivi, sui buoni pasto, bandiere legate a mantello sulle spalle dei manifestanti di ogni credo. Insomma: bandiere. Anzi, bandiera. Una, e una soltanto: la nostra. Quella nei cui tre colori (il rosso del sangue sparso dai nostri caduti, il bianco delle vette innevate, il verde della speranza di vedere un'Italia unita e prospera) ogni italiano dovrebbe sentirsi rappresentato. 

La bandiera italiana è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni, così definita dall'articolo 12 della Costituzione della Repubblica Italiana del 27 dicembre 1947, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana nº 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947.

Il 7 gennaio di ogni anno la bandiera italiana è protagonista della giornata nazionale della bandiera, istituita dalla legge nº 671 del 31 dicembre 1996.

L'articolo 292 «Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato» del codice penale tutela la bandiera.

Bandiera, un simbolo tanto protetto dalla nostra legislazione e dalla giurisprudenza che sono fiorite negli anni le sentenze di condanna per vilipendio alla stessa, ravvisato persino in chi l'avesse tenuta -quando non usata- nello sgabuzzino. Mi chiedo, allora e, ripeto, parlo da iconoclasta (-ma un'iconoclastia sui generis, moderna forse, morelliana certamente- di coloro che rifiutano di venerare un simbolo se poi l'identità è misconosciuta, dissacrata, o semplicemente ignorata nei fatti, ma anche di coloro che di fronte alla materia sanno che il vero significato non può essere in questa imprigionato, e pertanto lottano affinchè anche l'occhio vada oltre la vista, la mano oltre il tatto) se in tutto questo sventolar d'amor patrio non si possa ravvisare una sorta di abuso del simbolo patrio, con conseguente svilimento e impoverimento dello stesso (mi è capitato, camminando tra le strade riminesi all'uscita da un convegno, di imbattermi in una vetrina dove venivano venduti fantascientifici stivaloni da amazzone da discoteca con -indovinate?- la bandiera riprodotta sul tacco 12!) e, conseguentemente, una nuova ipotesi delle fattispecie vietate dall'articolo 292 del codice penale (non è ancora estate, ma immagino sarà un fiorire di tricolore nei costumi da bagno per uomo e donna). 

Mi chiedo, da ultimo, quanto questo tricolorismo sia dettato da vero sentimento patriottico piuttosto che da pura "moda" ("2011, la moda della bandiera" potrebbe anche intitolarsi questo breve scritto), e quanto e cosa resterà, una volta finiti i festeggiamenti, e non finirà invece dinuovo in uno sgabuzzino...lì sì, a rischio di sanzione o, addiritura, condanna penale.




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