-  Mazzola Marcello Adriano  -  13/03/2012

AVVOCATURA E LIBERALIZZAZIONE INGANNEVOLE - Marcello Adriano MAZZOLA

1. L"ingannevole liberalizzazione. - "In principio era il Verbo" (Gv 1,1). L'inizio del vangelo di Giovanni, in realtà traduce il latino "in principio erat Verbum". Con queste parole Giovanni comincia il suo Vangelofacendoci risalire al di là dell'inizio del nostro tempo, fino all'eternità divina. Giovanni punta lo sguardo sul mistero della sua preesistenza divina. "In principio" significa l'inizio assoluto, l"inizio senza inizio, l'eternità. L'espressione fa eco a quella della creazione: "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Gn 1,1). Ma nella creazione si trattava dell'inizio del tempo, mentre qui il Verbo si riferisce all'eternità.

Al pari, per l"avvocatura si vuol far credere, da Bersani a Catricalà, che "in principio erano le liberalizzazioni, pretese dall"Europa". Il Vangelo secondo gli apostoli Bersani e Catricalà. Il Vangelo dettato in realtà da Confindustria che da anni pretende il raggiungimento di almeno 3 obiettivi: a) assicurarsi una buona fetta del mercato dell"avvocatura; b) abbattere i costi "legali" per sé; c) allentare le forme di tutela dei consumatori verso i poteri forti (banche, assicurazioni, energia etc.).

Occorre intanto intendersi sul significato di "liberalizzazione". Secondo l"autorevole Istituto Bruno Leoni "liberalizzare significa rimuovere la tutela statale da un settore per accompagnarlo verso un sistema retto dalle regole del mercato. Il che significa che non c"è bisogno di liberalizzare laddove già esiste un ordine concorrenziale. Quanti vogliano operare nella prospettiva di un allargamento degli spazi di mercato devono quindi preoccuparsi di favorire la transizione verso una situazione in cui i diritti di proprietà siano garantiti, la libertà contrattuale sia rispettata, non esistano barriere legali all"entrata dei nuovi competitori. Schematizzando, possono esistere due situazioni di partenza in un processo di liberalizzazione, che possiamo osservare nei settori che vengono esaminati nella ricerca. La prima è quella in cui il mercato è ostaggio di un monopolista, generalmente pubblico. In questo caso ci si aspetta che, grazie alla liberalizzazione, nuovi soggetti entrino sul mercato, ampliando l"offerta e riducendo la quota di mercato dell"incumbent. La seconda è quella in cui le barriere all"ingresso e la regolamentazione in vigore danno vita a una molteplicità di piccoli attori. In tal caso dalla liberalizzazione ci si può anche attendere un processo di concentrazione del mercato, o almeno una crescita dimensionale significativa di alcuni attori. Ma in entrambe le situazioni chi voglia liberalizzare deve prendere atto che l"economia soffre perché la sua evoluzione naturale, quale che ne sia la direzione, è impedita." (IBL, Indice delle liberalizzazioni, 2007, 2 ss., http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/Papers/Indice-Liberalizzazioni.pdf).

In esso si osserva che "Il grado di libertà economica di cui gode un paese rappresenta l"ordine di grandezza della sua libertà tout court. Quanto più un"economia è libera, tanto migliori possono essere le sue prospettive future di crescita e occupazione di buona qualità e duratura. (…) Negli ultimi tempi di "liberalizzazioni" si è parlato molto, ma non sempre in maniera consapevole." (IBL, Indice delle liberalizzazioni, 2007, 1).

Se valutiamo tale definizione, ci accorgiamo che la professione forense in Italia è già libera in quanto non sconta alcun monopolio né alcun sbarramento, tranne l"esame di Stato giustificato dalla delicatezza della professione (anche se poi l"IBL conclude asserendo, in generale, che "Il sistema delle professioni intellettuali italiane è liberalizzato al 46 per cento" rispetto a quello inglese, tuttavia comparando modelli culturalmente ben differenti e con criteri anche discutibili; infine apoditticamente asserendo che "Il sistema ordinistico impedisce la concorrenza: si può affermare che gli ordini esistono proprio per impedire che le leggi del mercato si diffondano nel mondo delle professioni. In questo senso si possono leggere i divieti – piuttosto diffusi nei vari codici deontologici di categoria – di "illecita concorrenza" o di "accaparramento della clientela", nonché le norme draconiane in materia di pubblicità.", pagg. 129-131). La prova inconfutabile che la professione forense in Italia sia già liberalizzata è data dall"abnorme numero di avvocati iscritti agli albi.

La professione intellettuale partecipa (producendo ricchezza) ad una rilevante fetta del nostro Pil. Professione intellettuale, quella forense, unica nel suo genere poiché dedita alla primaria tutela dei diritti. Uno dei due pilastri della giustizia, dunque un pilastro della democrazia.

Un bel progetto quello di Confindustria, non c"è che dire. Una lobby potentissima, trasversalissima (da sinistra a destra, passando per il centro), radicatissima nei gangli del potere. Una lobby che però persegue un disegno molto pericoloso per la collettività, poiché transita attraverso due obiettivi: 1) il primo è la destrutturazione dell"avvocatura e dei suoi principi fondamentali (libertà, autonomia, indipendenza, preparazione tecnica e controllo deontologico); 2) il secondo è l"indifferenza verso l"inefficienza della giustizia.

In particolare il verbo sperticato da Bersani prima e Catricalà poi è "Liberalizziamo l"avvocatura perché ce lo chiede l"Europa". Da ultimo, "liberalizziamo" perché è necessario per rilanciare l"economia e ridurre il debito pubblico.  Niente di più falso, così come si dimostrerà. L"Europa non ha chiesto nulla di tutto ciò che è stato fatto in questi anni dal potere esecutivo. Anzi, al contrario l"Europa ha indicato ben altre strade. Quale sia poi il link tra avvocatura "liberalizzata", economia e debito pubblico, nessuno l"ha spiegato. Perché non è in grado di spiegarlo.

La furia occulta di Confindustria, che ha interamente guidato la mano degli esecutivi, è poi fondata su una premessa altrettanto mistificatrice: l"esigenza di liberalizzare (eliminando restrizioni e regole) un settore nel quale v"è già ampia libertà. Basta appunto esaminare i numeri. L"avvocatura italiana è passata in 25 anni da poco meno di 50.000 avvocati a ben oltre 200.000, quadruplicandosi, ed ha assistito allo stabilimento nel nostro paese di numerosi studi stranieri. Se non è una professione ampiamente libera questa, ci si domanda quale lo sia.

Abbiamo il più alto rapporto europeo in proporzione tra cittadini ed avvocati. L"avvocatura italiana si è negli anni "proletarizzata" intendendo con ciò l"accesso, senza distinzioni di "censo", ad una nobile e delicata professione aperta a tutti i soggetti meritevoli (laurea + pratica + esame di Stato). Processo equo, poiché il 50% ha meno di 45 anni e quasi il 50% è oramai composto da donne. Negli ultimi anni il reddito medio è stato fortemente eroso e la giovane avvocatura paga il prezzo maggiore, dovendo scontare l"avviamento e la riduzione della fetta di mercato.

Una delicata professione che certo ha necessità di modernizzarsi (con tariffe chiare, apertura al preventivo, con Ordini rigorosi e non corporativi, con l"apertura alla pubblicità, specializzazioni) ma salvaguardando i principi fondamentali posti anche e soprattutto a tutela della collettività. Modernizzarsi, adattandosi alle esigenze del mercato e della clientela, ma senza demolire i principi fondamentali che sorreggono la delicatezza delle sue funzioni. La tutela dei diritti è cosa seria e non può essere affidata a chiunque. Perché di mancata o carente tutela di diritti si può anche morire o pagare per una vita intera.

Invero, gli esecutivi, ben spalleggiati dai mass media, hanno invece creato una enorme e grave mistificazione: a) si interviene perché ce lo chiede l"Europa (falso); b) dobbiamo liberalizzare la professione forense (falso); c) l"avvocatura è una casta (falso); d) interveniamo per ridurre il debito pubblico e rilanciare l"economia (falso). Non ultimo: e) dobbiamo deflazionare il contenzioso (falso) invece di rendere efficiente la giustizia.

Gli esecutivi Bersani, Berlusconi e Monti, cesellando il Vaso di Pandora, in questi anni hanno: abrogato le tariffe minime, e poi le tariffe in generale; introdotto la mediazione obbligatoria poi affiancata dall"inasprimento delle sanzioni per la mancata partecipazione al procedimento (d.l. 98/11 e d.l. 212/11); introdotto il socio di capitale negli studi; imposto una riforma radicale degli Ordini (ignorando anche l"attività suppletiva degli Ordini forensi ai Tribunali, a causa dell"inefficienza della pubblica Amministrazione) con l"art. 33 d.l. 201/2011, prescrivendo agli ordini entro il 12 agosto 2012 di uniformare i propri ordinamenti a quanto prescritto nel d.l. 138/11; ridotto a diciotto mesi la durata massima del tirocinio professionale (art. 33 d.l. 201/11), prevedendo che il primo anno possa essere svolto presso gli uffici giudiziari (art. 37, comma 4 d.l. n. 98/11), nonché prevedendo che il tirocinio professionale possa essere svolto durante l"ultimo biennio degli studi universitari e non presso gli studi professionali; preteso in un batter di ciglia dalle Casse di previdenza private e autonome una sostenibilità a 50 anni senza indicare i criteri; eroso fortemente la riserva dell"attività di consulenza legale degli avvocati; reso impervio l"accesso alla giustizia (con l"aumento esponenziale del costo dei giudizi, reso complicato l"esercizio del diritto di difesa con conciliazione obbligatoria, prescrizioni, decadenze, istanze di prelievo); predisposto la riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie, con la soppressione di tutti i tribunali di prossimità (giustizia domestica); cambiato costantemente il codice di procedura civile senza realmente riformarlo; introdotto i tribunali delle imprese; ampliato le ipotesi di esonero dalla difesa tecnica di fronte al giudice di pace (art. 82 c.p.c.) con la modifica all"art. 91 del c.p.c. in relazione alla condanna alla spese, prevedendo che quest"ultima non possa superare il valore della lite.

Tale incredibile situazione sussultoria ha condotto tutta l"avvocatura a redigere recentemente il "Manifesto dell"Avvocatura unita" il 14 gennaio 2012, su impulso del Consiglio Nazionale Forense, con cui è stata denunciata l"aporia di norme varate a tambur battente senza ricorso alla consultazione o concertazione con l"avvocatura, in assenza di pareri e dati scientifici. Si è pure denunciata l"aporia dell"agire "in via autoritativa: le categorie professionali, tacciate di corporativismo, si sono viste piombare addosso provvedimenti di ogni tipo per l"avvocatura (…) provvedimenti concernenti la formazione, l"accesso, il tirocinio, la pubblicità, le tariffe, i procedimenti disciplinari, le modalità di organizzazione interna". L"avvocatura ha evidenziato un profilo fondamentale, quale l"imposizione della "considerazione dei valori economici e una pericolosa indifferenza per i valori giuridici". L"economia anteposta ai diritti. Tema che interessa tutti, non solo l"avvocatura.

A ciò si è aggiunta la denuncia del falso "uso ideologico del diritto comunitario" da parte dell"esecutivo. Non ultimo col Manifesto si è denunciato l"uso della tecnica della "delegificazione in materia di professioni, sottraendo non solo al dibattito parlamentare, ma affidando alla normazione di secondo grado, regolamentare, materie che coinvolgono diritti fondamentali e interessi primari. Ciò quando alcune professioni, come quella forense, trovano riconoscimento nella Costituzione, e tutte le professioni sono rette da principi espressi in leggi ordinarie".

La situazione è grottesca se si pensa che in questi anni l"avvocatura ha di suo proposto un cambiamento, anche sotto il profilo della concorrenza, presentando anni fa un progetto unitario di riforma dell"ordinamento forense, teso a garantire l"introduzione delle specializzazioni, il rafforzamento delle Scuole forensi, un più rigoroso controllo con l"aggiornamento del codice deontologico. Ed inoltre ha formulato varie proposte tecniche per il miglioramento dell"efficienza della giustizia.

Tale mistificazione è stata denunciata il 7 marzo scorso a Bruxelles dal presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, il quale ha evidenziato come "I principi comunitari in materia di professione forense sono stati sistematicamente disattesi dal legislatore italiano. I Governi ed i Parlamenti che si sono succeduti dal 2006 ad oggi hanno fatto prevalere le regole della concorrenza su ogni altro valore, accreditando una concezione economicistica del diritto comunitario, e – peggio - facendo credere che gli interventi normativi via via effettuati fossero richiesti o imposti dal diritto comunitario" (convegno "Professional Orders, Reform and Liberalisation of Professions in the EU Single Market", http://www.consiglionazionaleforense.it/site/home/area-stampa/comunicati-stampa/articolo7303.html).

2. Cosa chiede l"Europa. – Tale processo di destrutturazione dell"avvocatura ha un solo nome: mistificazione. L"Europa non ha chiesto ciò che si sta facendo. Basta infatti leggere attentamente le Risoluzioni di Strasburgo e le sentenze della Corte Ue, con cui è stata ribadita la necessità che l"avvocatura si riconosca in uno statuto di valori essenziali a tutela dell"interesse pubblico dei cittadini, per attuare la garanzia del diritto di difesa e l"accesso alla giustizia.

La Carta dei diritti fondamentali dell"Unione europea, oggi parte integrante del Trattato costituzionale (cd. Trattato di Lisbona), protegge e tutela la libertà professionale insieme con il diritto al lavoro, quali espressioni della personalità dell"uomo.

La libertà di impresa non è messa in discussione nel caso della professione forense italiana. Siamo i più numerosi e aperti. Il diritto dell"Unione distingue comunque in modo inequivocabile la professione intellettuale dall"impresa e non v"è alcuna equiparazione della professione all"impresa operata dal diritto comunitario.

Il Parlamento europeo si è espresso tre volte, nel 2001, nel 2004 e nel 2006, per chiarire che la professione legale deve operare in regime di assoluta indipendenza, di assenza di conflitto di interessi e di tutela del segreto professionale, quali valori fondamentali di pubblico interesse che vanno al di là della disciplina della concorrenzialità. Il Parlamento ha riconosciuto la funzione cruciale delle professioni legali in una società democratica al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto, e la sicurezza nell"applicazione della legge, sottolineando l"esigenza di proteggere la qualificazione delle professioni legali, nonché l"indipendenza, la competenza, l"integrità e la responsabilità dei professionisti.

La Corte di Giustizia con tre note sentenze ("Wouters", "Arduino" e "Cipolla"), riferite anche alle tariffe predisposte dal Consiglio Nazionale Forense e sottoposte al Ministro della Giustizia, ha convalidato sia i principi di specialità delle professioni intellettuali rispetto alle imprese di servizi, sia i principi di specialità delle professioni legali rispetto alle altre professioni intellettuali.

Se nonché i poteri esecutivi Bersani, Berlusconi, Monti hanno disatteso tutto ciò, lasciando invece intendere che l"Europa ce lo chiedesse, varando norme che hanno compromesso la serietà ed il rigore del tirocinio, introdotto l"aggregazione societaria anche con soci di mero capitale, mettono in grave pericolo il futuro della professione forense. Quanto alla possibilità di costituire società di capitali per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico (art. 10 della c.d. "legge di stabilità", art. l. 183/2011), occorre notare come tale forma societaria finisca con il sacrificare i principi fondanti della professione forense quali l"indipendenza, l"autonomia, il segreto professionale, poiché l"avvocato verrebbe ad assumere la veste di dipendente del socio di capitale di mero investimento, quale potrebbe essere una banca, una società di assicurazione, una società di servizi. Il socio di capitale potrebbe richiedere di accedere per tali verifiche ai singoli fascicoli, con buona pace del segreto professionale e del rapporto fiduciario con l"assistito. Sicchè "E", pertanto, evidente come dietro il tipo societario proposto vi sia l"obiettivo di ridurre l"avvocato ed esecutore dei voleri dei detentori di grandi capitali." (Manifesto avvocatura).

Ebbe tutto inizio con il c.d. ''pacchetto Bersani'' sulle liberalizzazioni approvato con il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 e definitivamente convertito dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248, con cui venne abolita la tariffa minima per i professionisti, con possibilità del cliente di negoziare la parcella, potendo pubblicizzare l"attività. L"art. 2 in particolare sancì l"abrogazione del divieto di deroga alle tariffe professionali fisse o minime, nonché quello di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti.

L"Antitrust ha poi auspicato per anni un intervento del legislatore volto a modificare il decreto Bersani, prevedendo l"abolizione delle tariffe minime o fisse,  l"abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini, l"istituzione di lauree abilitanti, lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio, la presenza di soggetti "terzi" negli organi di governo degli ordini. Con le c.d. liberalizzazioni Monti del 20 gennaio 2012 si ha così l"abbattimento delle tariffe e si vuole lasciare alla trattativa tra le parti la negoziazione del costo della prestazione intellettuale del libero professionista.

Lasciamo ora parlare le fonti ufficiali, per chiarire cosa ci chiede l"Europa.

A partire dai principi base delineati dalle Nazioni Unite il 7 settembre 1990, il Parlamento europeo con la risoluzione del 5 aprile 2001 si occupa delle tabelle, degli onorari e delle tariffe obbligatorie per talune professioni e giustifica la scelta politica, economica e sociale di riconoscere agli avvocati un giusto compenso per le prestazioni svolte a favore dei loro assistiti, considerato il particolare ruolo delle libere professioni nell"età moderna.

Con la successiva risoluzione del 16 dicembre 2003, il Parlamento europeo torna sull"argomento esaminandolo nell"ottica della disciplina della concorrenza, statuendo che le professioni libere debbono essere protette per il ruolo sociale che esse ricoprono e i principi della concorrenza debbono essere contemperati con le esigenze sociali connesse all"esercizio di queste professioni.

Infine con la risoluzione del 23 marzo 2006, intervenuta a seguito della direttiva n. 249 del 1977 sul libero esercizio della prestazione da parte degli avvocati, della direttiva n. 5 del 1998 sul libero stabilimento nell"esercizio permanente della professione degli avvocati in ciascuno degli Stati Membri, della direttiva n. 8 del 2003 sul gratuito patrocinio, e della direttiva n. 36 del 2005 sulle qualifiche professionali, il Parlamento europeo traccia i confini tra la disciplina dei servizi, ispirata alle regole di concorrenza, e la disciplina delle professioni legali. Il Parlamento sottolinea che la professione legale deve operare in regime di indipendenza, di assenza di conflitto di interessi e di tutela del segreto professionale, quali valori fondamentali di pubblico interesse che vanno al di là della disciplina della concorrenzialità:

 

Risoluzione del Parlamento europeo sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici

(…)

A.   considerando che la Corte di giustizia delle Comunità europee ha riconosciuto :

 

-

l'indipendenza, l'assenza di conflitti di interesse e il segreto/confidenzialità professionale quali valori fondamentali nella professione legale che rappresentano considerazioni di pubblico interesse,

 

-

la necessità di regolamenti a protezione di questi valori fondamentali per l'esercizio corretto della professione legale, nonostante gli inerenti effetti restrittivi sulla concorrenza che ne potrebbero risultare,

 

-

che lo scopo del principio della libera prestazione di servizi applicato alle professioni giuridiche è quello di promuovere l'apertura dei mercati nazionali mediante la possibilità offerta ai prestatari di servizi e ai loro clienti di beneficiare pienamente del mercato interno della Comunità,

B.   considerando che qualsiasi riforma delle professioni legali ha conseguenze importanti che vanno al di là delle norme della concorrenza incidendo nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia e in modo più ampio, sulla protezione dello stato di diritto nell'Unione europea,

C.   considerando che i principi di base delle Nazioni Unite sul ruolo degli avvocati del 7 settembre 1990 stabiliscono che:

 

-

gli avvocati hanno diritto a costituire e ad essere membri di associazioni professionali in rappresentanza dei loro interessi, a promuovere l'educazione continua e la formazione professionale e a proteggere la loro integrità professionale. L'organismo esecutivo delle organizzazioni professionali è eletto dai suoi membri e esercita le sue funzioni senza interferenze esterne;

 

-

le associazioni professionali di avvocati hanno un ruolo vitale nel promuovere il rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i suoi membri da procedimenti, interferenze e limitazioni ingiuste, fornendo servizi legali a tutti coloro che lo necessitano e cooperando con istituzioni governative e di altro tipo ai fini della giustizia e dell'interesse pubblico;

 

-

processi disciplinari contro gli avvocati sono celebrati di fronte a commissioni disciplinari imparziali create dalla professione legale, di fronte ad autorità statutaria indipendente o un tribunale e sono soggetti a revisione giurisdizionale indipendente;

D.   considerando che la protezione adeguata dei diritti umani e delle libertà fondamentali cui ha diritto ogni persona, nel campo economico, sociale, culturale, civile e politico, richiede che ogni persona abbia effettivo accesso ai servizi legali forniti da una professione legale indipendente,

E.   considerando che gli obblighi dei professionisti legali di mantenere l'indipendenza, evitare conflitti di interesse e rispettare la riservatezza del cliente sono messi particolarmente in pericolo qualora siano autorizzati ad esercitare la professione in organizzazioni che consentono a persone che non sono professionisti legali di esercitare o condividere il controllo dell'andamento dell'organizzazione mediante investimenti di capitale o altro, oppure nel caso di partenariati multidisciplinari con professionisti che non sono vincolati da obblighi professionali equivalenti,

F.   considerando che la concorrenza dei prezzi non regolamentata tra i professionisti legali, che conduce a una riduzione della qualità del servizio prestato, va a detrimento dei consumatori,

G.   considerando che il mercato dei servizi legali è caratterizzato dall'asimmetria dell'informazione tra avvocati e consumatori, tra cui le piccole e medie imprese, in quanto questi ultimi non dispongono dei criteri necessari per valutare la qualità dei servizi prestati,

H.   considerando che l'importanza di una condotta etica, del mantenimento della confidenzialità con i clienti e di un alto livello di conoscenza specialistica necessita l'organizzazione di sistemi di autoregolamentazione, quali quelli oggi governati da organismi e ordini della professione legale,

(…)

1.   riconosce pienamente la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica, al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge, sia quando gli avvocati rappresentano e difendono i clienti in tribunale che quando danno parere legale ai loro clienti;

2.   ribadisce le dichiarazioni fatte nelle proprie risoluzioni del 18 gennaio 1994 e del 5 aprile 2001 e la sua posizione del 16 dicembre 2003;

3.   evidenzia le alte qualificazioni richieste per accedere alla professione legale, il bisogno di proteggere tali qualificazioni che caratterizza le professioni legali, nell'interesse dei cittadini europei e il bisogno di creare una relazione specifica basata sulla fiducia tra i membri delle professioni legali e i loro clienti;

4.   ribadisce l'importanza delle norme necessarie ad assicurare l'indipendenza, la competenza, l'integrità e la responsabilità dei membri delle professioni legali, con lo scopo di garantire la qualità dei loro servizi, a beneficio dei loro clienti e della società in generale, e per salvaguardare l'interesse pubblico;

5.   accoglie con favore il fatto che la Commissione riconosca che le riforme sono eseguite in maniera più efficace a livello nazionale e che le autorità degli Stati membri, specialmente gli organismi legislativi, sono nella posizione migliore per definire le norme che si applicano alle professioni legali;

6.   fa notare che la Corte di giustizia ha concesso ai legislatori nazionali e alle associazioni ed organismi professionali un margine di discrezionalità nella decisione delle misure appropriate e necessarie a protezione dell'esercizio congruo delle professioni legali negli Stati membri;

7.   nota che qualunque tipo di attività di un organismo professionale deve essere considerata separatamente, in maniera che le norme sulla concorrenza si applichino all'associazione soltanto quando agisce esclusivamente nell'interesse dei suoi membri e non quando agisce nell'interesse generale;

8.   ricorda alla Commissione che le finalità della regolamentazione dei servizi legali sono la protezione dell'interesse pubblico, la garanzia del diritto di difesa e l'accesso alla giustizia, e la sicurezza nell'applicazione della legge e che per queste ragioni non può essere conforme ai desideri del cliente;

9.   incoraggia gli organismi professionali, le organizzazioni e le associazioni delle professioni legali a istituire un codice di condotta a livello europeo, con norme relative all'organizzazione, alle qualificazioni, alle etiche professionali, al controllo, alla trasparenza e alla comunicazione, per garantire che il consumatore finale dei servizi legali disponga delle garanzie necessarie in relazione all'integrità e all'esperienza e per garantire la sana amministrazione della giustizia;

10.   invita la Commissione a tenere conto del ruolo specifico delle professioni legali in una società governata dallo Stato di diritto e ad effettuare un'analisi esaustiva del modo in cui operano i mercati di servizi legali nel momento in cui la Commissione propone il principio "minore regolamentazione, regolamentazione migliore";

11.   invita la Commissione ad applicare le norme sulla concorrenza - ove opportuno, nel rispetto della giurisprudenza della Corte di giustizia;

12.   considera che gli interessi pubblici che prevalgono sui principi della concorrenza dell'Unione europea si trovano nel sistema legale dello Stato membro in cui le norme sono adottate o producono i loro effetti, mentre non esiste un criterio d'interesse pubblico della UE, comunque lo si voglia definire;

13.   invita la Commissione a non applicare le norme sulla concorrenza dell'Unione europea in materie che, nel quadro costituzionale dell'UE, sono lasciate alla competenza degli Stati membri, quali l'accesso alla giustizia, che include questioni quali le tabelle degli onorari che i tribunali applicano per pagare gli onorari agli avvocati;

14.   sottolinea che i preesistenti ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di fornire servizi per le professioni legali sono stati in teoria efficacemente rimossi dalle direttive 1977/249/CEE, 98/5/CE e 2005/36/CE; rileva comunque che la verifica sarà realizzata fra due anni e attende con interesse questa approfondita valutazione;

15.   ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato, purché la loro adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico e gli Stati membri controllino attivamente l'intervento di operatori privati nel processo decisionale;

16.   considera che l'articolo 49 del trattato e le direttive 2005/36/CE e 77/249/CEE regolano il principio del paese di destinazione da applicarsi alle tabelle degli onorari e alle tabelle obbligatorie per gli avvocati e altri operatori delle professioni legali;

17.   considera che l'articolo 45 del trattato deve essere applicato pienamente alla professione di notaio di diritto civile in quanto tale;

18.   invita la Commissione a considerare con attenzione i principi e le preoccupazioni espresse in questa risoluzione nell'analisi delle norme che regolano l'esercizio delle professioni legali negli Stati membri;

19.   incoraggia le organizzazioni professionali a continuare a sviluppare le proprie attività nel settore del patrocinio giuridico, al fine di garantire che ognuno abbia il diritto ad ottenere consulenza e assistenza legali;

20.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione.

 

Il Parlamento ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato CE, purché l"adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico. 

Questi principi sono stati invece disattesi dal legislatore italiano, poiché i Governi ed i Parlamenti succedutisi dal 2006 ad oggi hanno fatto prevalere le regole della concorrenza su ogni altro valore, facendo credere che gli interventi normativi fossero richiesti o imposti dal diritto comunitario.

La Commissione europea avrebbe dovuto adeguarsi a questi fondamentali principi. Nella comunicazione n. 405 del 2005, la Commissione europea tiene conto delle peculiarità di talune professioni che non possono essere equiparate tout court a qualsiasi attività d"impresa erogatrice di servizi, anche se nella categoria concettuale e normativa dei servizi si inseriscono le prestazioni intellettuali professionalmente eseguite.

La Corte di Giustizia con varie decisioni ("Wouters", "Arduino" e "Cipolla") convalida sia i principi di specialità delle professioni intellettuali rispetto alle imprese di servizi, sia i principi di specialità delle professioni legali rispetto alle altre professioni intellettuali.





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