-  Mottola Maria Rita  -  04/07/2014

COMPETENZA G.O. PER IL RIFIUTO ALLA CITTADINANZA DI INTERDETTO:TAR Lazio 6990/14 – Maria Rita MOTTOLA

Il tutore di un ragazzo straniero che si trova nelle condizioni per ottenere la cittadinanza italiana, promuove la procedura amministrativa. Avverso il diniego dell"amministrazione competente, agisce in giudizio, promuovendo ricorso al Tribunale amministrativo competente per territorio.

L"amministrazione oppone la questione pregiudiziale della competenza del giudice adito o meglio della carenza della giurisdizione amministrativa.

Nella specie, secondo il Tribunale non è richiamabile il precedente dello stesso ufficio, riportato dalla sentenza n. 4312 del 2013. In tale processo si discuteva del caso di un amministratore di sostegno che agiva per ottenere la cittadinanza per il suo beneficiato. La richiesta di ottenere la cittadinanza italiana è un diritto personalissimo che concerne lo stato della persona e richiama una situazione giuridica che investe la persona nella sua posizione all"interno della società. In quanto tale è un diritto che non può essere azionato senza preventivo accertamento della volontà del soggetto, volontà che deve poter essere espressa e poi concretamente manifestata.

Secondo il collegio o la dichiarazione di elezione della cittadinanza italiana è un atto personalissimo oppure non lo è. Secondo la giurisprudenza della Cassazione con l'interdizione viene meno la capacità d'agire e l'interdetto è in tutto rappresentato dal tutore, con esclusione dei diritti personalissimi. Se così è la legittimazione del tutore può sussistere solo se esiste una norma specifica che lo autorizzi alla richiesta. Esiste al proposito un precedente riscontrabile nell"ipotesi dei cittadini italiani che avevano chiesto la cittadinanza tedesca e al termine della seconda guerra mondiale furono autorizzati ex lege a revocare la richiesta. La revoca poteva essere espressa anche dal rappresentante legale dell"interdetto. Tale precedente potrebbe essere dirimente.

Infine, il Tar richiama il caso Englaro per escludere che possa costituire un precedente in ipotesi differente al rifiuto delle cure. Ma il richiamo è riconducibile alla necessità di accertare l"esistenza di una volontà, in tal senso, dell"interdetto (similmente a quanto si ritiene necessario nel caso in cui l"amministratore di sostegno proceda per il divorzio del beneficiario).

Ciò che viene chiesto al collegio è l"accertamento del diritto dell"interdetto e, quindi, della libertà di chiedere la concessione di una cittadinanza diversa da quella di origine, ma anche di verificare se detto diritto sia esercitabile dal tutore e se e quale autorizzazione deve essere ottenuta.

Tale verifica giudiziale, a giudizio del tribunale, non costituisce una questione pregiudiziale o incidentale relativa a diritti conoscibile dal giudice amministrativo senza efficacia di giudicato, ma costituisce "l"oggetto principale del giudizio che, per essere definito, richiede, principaliter, la definizione di una questione concernente la capacità di un soggetto privato (ved. art.8 della legge n.1034 del 1971, e, oggi, l"art.8 c. 2 del C.p.a.): e cioè richiede la definizione di una questione, ex lege, riservata all"Autorità giudiziaria ordinaria".




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