-  Mazzon Riccardo  -  11/01/2017

Condominio e sopraelevazione: responsabilità, normativa antisismica e tutela dell'aspetto architettonico - Riccardo Mazzon

A seguito della sopraelevazione, i proprietari dei nuovo piani (o delle porzioni del nuovo piano) entrano a far parte del condominio, ipso facto e ipso iure e, conseguentemente, ai sensi dell'art. 1117 c.c. acquistano senz'altro un diritto di comunione su tutte le parti di edificio ivi menzionate, ancorché comprese nei piani preesistenti.

Detto questo, è però opportuno ricordare come la facoltà di sopraelevare spetti "ex lege" al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio (od al proprietario esclusivo del lastrico solare), nel senso che la mancata previsione, nel regolamento condominiale, di alcun espresso divieto o limitazione al diritto di sopraelevazione legalmente riconosciuto ai proprietari esclusivi del (o di porzioni di) lastrico solare, consente di ritenere pienamente legittima l"esecuzione dei relativi lavori, anche

"in assenza di autorizzazione assembleare" (Trib. Bologna, sez. II, 28 aprile 2004, www.dejure.it, 2006).

L'esercizio di tale diritto, pertanto (cfr., amplius, il capitolo dodicesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013), non necessita di alcun riconoscimento (o autorizzazione

"il condomino può esercitare la facoltà di sopraelevazione senza autorizzazione degli altri condomini i quali possono, però, opporsi nei casi di cui all"art. 1127 comma 2 e comma 3 c.c.)" (App. Roma, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 3586, www.dejure.it, 2010)

da parte degli altri condomini, potendo soltanto essere vietato in forza di un'espressa pattuizione, costitutiva di una servitù,

"assimilabile a quella dello "ius non aedificandi" (Trib. Bari 8 agosto 2008, n. 34, Giurisprudenzabarese.it, 2008),

salve, ovviamente, le limitazioni di cui al secondo e terzo comma dell'articolo 1127 del codice civile: è stato osservato, a tal proposito, che la norma dell'art. 1127 c.c. sottopone il diritto del proprietario dell'ultimo piano a tre limiti, dei quali

- il primo (condizioni statiche) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare se con il consenso unanime dei condomini il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione,

- mentre gli altri due limiti (turbamento delle linee architettoniche, diminuzione di aria e luce) presuppongono

"l'opposizione facoltativa dei singoli condomini controinteressati"

(Cass., sez. II, 26 maggio 1986, n. 3532, GCM, 1986, 5).

Quanto al divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, esso va interpretato - non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso ma - nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.

Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione,

"ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico"

(Cass., sez. II, 11 febbraio 2008, n. 3196, GCM, 2008, 2, 201, in una fattispecie relativa ad una sopraelevazione sul lastrico solare eseguita a Napoli, senza il rispetto delle cautele imposte dalla legge n. 64 del 1974).

In effetti, l'inosservanza delle norme antisismiche comporta il diritto alla riduzione in pristino - non solo quando sia accertata una concreta lesione dell'integrità materiale del bene immobile ma anche - se vi sia una situazione di pericolo attuale, da valutarsi - non in relazione allo stato asismico ma - in considerazione della possibilità, sempre incombente, a causa della conformazione del suolo, di un movimento tellurico, trattandosi di una normativa avente ad oggetto prescrizioni tecniche volte a

"prevenire, in una situazione d'immanenza del pericolo, le conseguenze dannose di un eventuale sisma" (Cass., sez. II, 20 novembre 2007, n. 24141, GCM, 2007, 11).

A tal proposito, il proprietario dell'ultimo piano di edificio condominiale, in mancanza del consenso degli altri partecipanti, non può sottrarsi al divieto di sopraelevazioni non consentite dalle condizioni statiche del fabbricato (art. 1127 comma 2 c.c.), provvedendo direttamente all'esecuzione di opere di rafforzamento e consolidamento,

"specie se queste implichino un'invasione della sfera di godimento degli altri condomini" (Cass., sez. II, 11 giugno 1983, n. 4009, GCM, 1983, 6).

Si osservi, inoltre, come, anche se l'art. 1127 c.c. - che vieta al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato medesimo, e, quindi, consente all'altro condomino di agire per la demolizione delle opere realizzate in violazione di detti divieto - trova applicazione pure nel caso di sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, comunque, anche in tale ipotesi, le relativa domanda, investendo un rapporto privatistico cui è estranea la pubblica amministrazione,

"rientra nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario" (Cass., Sez. U., 12 febbraio 1987, n. 1541, GCM, 1987, 2).

E' stato inoltre osservato che la sopraelevazione di un edificio condominiale, effettuata dal proprietario dell'ultimo piano, deve ritenersi illegittima quando pregiudichi l'aspetto architettonico del fabbricato non solo modificandone la linea stilistica [si confronti, ad esempio, la seguente pronuncia, quando precisa che il diritto di eseguire una costruzione sopra l'ultimo piano di un edificio condominiale è previsto, a favore del proprietario di detto piano, dall'art. 1127 c.c. e non è subordinato alla possibilità che la sopraelevazione mantenga o ripeta le preesistenti linee architettoniche dell'edificio, ma soltanto alla regola - la cui eventuale violazione va accertata con indagine di fatto in relazione ai singoli casi - di non pregiudicare

"il decoro dell'edificio medesimo o di non peggiorarne l'aspetto esterno secondo il comune senso estetico" (Cass., sez. II, 9 aprile 1980, n. 2267, GCM, 1980, 4)]

ma diminuendone altresì, in concreto, il valore economico, in relazione alle sue linee essenziali: così, è stato deciso, ad esempio, che la sopraelevazione di un edificio condominiale, effettuata dal proprietario dell'ultimo piano, mediante l'installazione di una veranda a vetri, si deve ritenere illegittima quando pregiudichi l'aspetto architettonico del fabbricato non solo modificandone la linea stilistica, ma diminuendone in concreto il valore economico in relazione alle sue linee essenziali.

L'indagine relativa, ricompresa nei poteri istituzionali del giudice di merito, va condotta in stretta correlazione con la normale visibilità della nuova opera, tenuto conto che nessun pregiudizio, nel senso indicato, può essere riscontrato in manufatti che siano invisibili ai terzi, ovvero

"siano visibili in posizioni tanto distanti e particolari da non lasciar spazio a un'eventuale compromissione estetica" (Cass., sez. II, 24 ottobre 1978, n. 4804, GC, 1979, I, 1956). 




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